|
VALUTAZIONE DELLA RICERCA. LIMITI DELLA VQR SECONDO LA FLC CGIL |
|
|
|
Secondo il sindacato Flc Cgil il processo di valutazione appena avviato (VQR) presenta limiti da correggere e, soprattutto, scopi poco chiari. Nel documento inviato dalla Flc Cgil al ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, e ai presidenti degli enti pubblici di ricerca, si legge che la modalità in cui si sta svolgendo l’attuale Vqr penalizza gli enti di ricerca per tre motivi. In primis, tra i gruppi di esperti non compaiono quasi mai ricercatori appartenenti proprio agli enti pubblici di ricerca italiani; secondariamente, il bando sembra essere costituito prevalentemente sul modello organizzativo delle università e, in terzo luogo, i criteri adottati appaiono, per la Flc Cgil, punitivi e incapaci di rappresentare la complessità delle tipologie di lavoro svolto. Secondo il sindacato guidato da Domenico Pantaleo non sono stati recepiti i numerosi tentativi fatti per avviare un’interlocuzione con l’Anvur, il Miur e le amministrazioni degli enti di ricerca. Sempre nel documento-appello si legge che diversi punti del bando non sono chiari: dall’incertezza sulla valutazione dell’output degli enti, che non può essere fotografato unicamente con criteri bibliometrici, al complesso rapporto che si instaura così tra Vqr e il sistema di valutazione della performance previsto dalla legge 105/09, fino alle difficoltà che comunque esistono relativamente alla produzione di un’analisi valida per tutti i soggetti valutati, enti o atenei. (Fonte: università.it 21-04-2012) |
|
VALUTAZIONE E INTERDISCIPLINARITÀ |
|
|
|
L’interdisciplinarità sopravvive nel lungo periodo solo se non si ritira nel suo orticello inventandosi micro-discipline e criteri di valutazione ad hoc. Sopravvive solo se riesce a parlare alle discipline madri, accettandone gli standard e cercando di soddisfarli, ovvero facendo ricerca di alto livello sia dal punto di vista storico (o, nel mio caso, filosofico) che economico. I nostri esempi devono essere gli Amartya Sen e i Daniel Kahneman, per fare esempi concreti, non i post-keynesiani di Cambridge. Le regole dell’Anvur lo permettono: oggi possiamo presentare lavori diversi a GEV diversi – possiamo chiedere di essere valutati dagli storici della scienza per un articolo su Isis, e dagli economisti per un articolo sul Journal of Economic Literature. Utilizziamo queste possibilità, invece di trincerarci. Mi rendo conto che questa strategia rende l’interdisciplinarità una cosa molto difficile — ma anche viva, utile e, soprattutto, vincente. (Fonte: F. Guala, roars 27-04-2012) |
LAUREATI IN MATERIE SCIENTIFICHE. L'82% TROVA LAVORO IN UN ANNO |
|
|
|
Buone opportunità per chi si laurea in una materia scientifica. Lo segnalano con chiarezza i dati dell'Università degli studi di Milano: l'82% dei suoi laureati magistrali ha, infatti, un'occupazione a un anno dal conseguimento del titolo. Si va dal 100% di chi ha studiato matematica al 97% degli informatici, il 90% dei fisici, 1'88% dei chimici e il 75% dei biologi. "Sono richiesti dalle aziende multinazionali ma anche da quelle medie e piccole dei settori informatico, chimico, cosmetico, farmaceutico ma anche del bancario e dell’assicurativo -commenta Barbara Rosina del placement dell'università- ed è ampia la gamma funzioni d’inserimento: dalla tecnica alla ricerca, dal marketing alla produzione, dal commerciale all’information technology". (Fonte: Corsera 13-04-2012) |
|
CORSI DI LAUREA SOLO IN INGLESE DAL 2014 AL POLITECNICO DI MILANO |
|
|
|
Dal 2014 al Politecnico di Milano i corsi per gli studenti dell'ultimo biennio della laurea specialistica e dei dottorati saranno tenuti esclusivamente in inglese. Niente più «doppio binario», corsi in italiano (finora i due terzi) e in inglese (la parte restante). Ma solo nella «lingua tecnica base». La strada era già tracciata da tempo. I corsi in inglese sono stati introdotti al Politecnico milanese negli anni, portando la percentuale degli studenti stranieri sul totale degli iscritti dall'1,9% del 2004 al 17,8 del 2011. Per sostenere la rivoluzione l'Ateneo investirà 3,2 milioni di euro, destinati soprattutto ad attirare docenti stranieri. La via che porta all'internazionalizzazione è stata imboccata prima dalle università private: dalla Bocconi alla Luiss. Poi da quelle pubbliche: da Torino (dove sono state tolte le tasse a chi segue corsi in inglese) a Roma (dove in inglese sono tenuti corsi anche a Medicina). Ma il Politecnico di Milano è il primo a bandire l'italiano in favore dell'inglese. La competenza linguistica rappresenta oggi uno dei più alti volani di libertà per la mobilità globale e per la mobilità sociale. Solo ciò varrebbe a sposare l'idea. Ritenere che svolgere i due anni finali di un corso di laurea in inglese mini le basi della lingua italiana mi pare, con buona pace delle critiche dei linguisti, darne una lettura avulsa dal contesto e sopravvalutarne le potenzialità. Non per nulla nessuna critica di queste scelte è mai venuta dalle famiglie, probabilmente le uniche ad avere chiaro che ogni possibilità aggiuntiva data ai figli è un valore. I corsi in lingua inglese da decenni rappresentano in tutto il mondo uno dei modi in cui le grandi o medie città si sono sprovincializzate, sono entrate nei percorsi di mobilità virtuosa di giovani in cerca di formazione e ricerca di qualità. (Fonte: Corsera 13-04-2012) |
LAUREATI. REQUISITI PER ENTRARE IN UNA GRANDE MULTINAZIONALE |
|
|
|
Laurea quinquennale, nell'82% dei casi, in economia (91,3%) o ingegneria (69,6%) ma anche in scienze della comunicazione (26,1%), esperienza maturata magari anche solo attraverso stage, buona conoscenza dell'inglese, dell'informatica e dei nuovi media digitali. Ecco le principali richieste fatte, al giorno d'oggi, a un giovane candidato che vuole entrare in una grande multinazionale. Lo rileva la prima «Indagine sulla formazione dei neolaureati ed esigenze delle imprese» promossa dall'Università IULM di Milano in collaborazione con Centro-marca e Fondazione Crui. Quali sono invece le mancanze del futuro professionista? In primo luogo, la scarsa padronanza della lingua inglese, ma ci sono però buone nozioni informatiche e relative ai new media. I maggiori «deficit» si rilevano comunque in relazione alle capacità, vale a dire le cosiddette «soft skill»: lavorare in gruppo, comunicazione, problem solving e gestione del tempo. I giovani italiani sembrano invece non essere troppo distanti per quanto riguarda l'orientamento al risultato e la flessibilità. Lo scarso orientamento pratico degli insegnamenti universitari (79,2%) è stato la principale motivazione per cui i candidati non rispondono sempre alle aspettative. (Fonte: Corsera 13-04-2012) |
|
|
|
|
Pagina 9 di 20 |