L'innovazione nei dipartimenti Stampa
La riforma promette un aumento di produttività scientifica e didattica. In particolare è positivo che il potere di chiamata passi ai dipartimenti, soprattutto se si svilupperà il sistema di valutazione di ateneo e nazionale, con connessa erogazione di premi e penalità. Tutto è discutibile, ma la valutazione dei dipartimenti può essere molto più attendibile di quello delle facoltà, dove è difficile accertare la qualità del prodotto, ossia del laureato, e si rischia, premiando le facoltà con minori tassi di abbandono e minori ritardi di laurea, di stimolare la permissività e punire il rigore. Nel nuovo contesto c’è un interesse collettivo a ricevere più risorse grazie a una buona valutazione: quest’anno, la quota del Ffo erogata su base premiale, introdotta da Tommaso Padoa-Schioppa nella Finanziaria 2008 e cresciuta fino al 10 per cento dell’anno scorso, si annuncia del 13,5 per cento. Che i dipartimenti siano davvero ampi e omogenei, tranne rari casi di dipartimenti tematici dove la complementarietà prevale sull’affinità. Il fenomeno dei gruppi di studiosi dello stesso settore ferocemente nemici o che comunque non stanno bene insieme è limitato, ma non eccezionale, qualche volta ha pure stimolato una proficua competizione, in ogni caso non si trova solo in Italia. Nel dipartimento ampio ognuno s’interfaccia con chi vuole e si colloca dove vuole, sicché scompare la conflittuale convivenza forzata dei piccoli gruppi in spazi ristretti; dall’altro lato, la valutazione sistematica di ateneo e nazionale riduce la necessità di affermarsi attraverso continui scontri interni. Non consentire quindi che si formino piccoli dipartimenti affini o che gruppi di studiosi afferiscano a dipartimenti diversi da quello di logica pertinenza, oltretutto inquinando l’omogeneità dei dipartimenti che li accolgono. Si suggerisce di privilegiare la creazione di strutture interdipartimentali per la didattica, magari conferendo voto ponderato ai diversi dipartimenti quando il loro ruolo nel percorso formativo sia differenziato. Il sistema gestionale degli atenei sul fronte della formazione dovrebbe quindi configurare un sistema a matrice, con i dipartimenti che formano e conferiscono gli input alle “strutture” che li assemblano per costruire e vendere l’output: schema pienamente applicabile senza eccessivi sforzi, soprattutto se si tiene alto il potere di autorizzazione, controllo e intervento degli organi centrali di ateneo.
(Fonte: G. Muraro, lavoce.info 11-08-2011)