La proliferazione delle sedi periferiche degli atenei Stampa

Negli ultimi venti anni, il sistema universitario italiano è stato caratterizzato da una significativa proliferazione delle sedi universitarie. Da 63 sedi all'inizio degli anni ’90 se ne contano 89 nell’anno accademico 2009/2010. Insieme alle sedi universitarie è esploso anche il numero dei corsi di laurea, naturalmente. È vero che attivare un nuovo corso di laurea in una sede esistente non costa niente, ma assorbe comunque risorse: i corsi di laurea hanno presidenti che li gestiscono, docenti che vi insegnano, eccetera. Solo negli ultimi dieci anni si è passati da 3463 a 5769 corsi con iscritti al primo anno. La sezione statistica del Miur riporta questi e altri dati di interesse.

Le differenze tra Nord e Sud dell’Italia nei livelli d'istruzione continuano a essere consistenti: nel 2008, il 45% per cento dei giovani di età compresa tra 19-25 anni e residente al Nord è iscritto in università del Nord, mentre la corrispondente cifra per il Sud è il 35%. Per quanto riguarda i laureati: il 21% dei giovani venticinquenni residenti al Nord ha una laurea. La stessa statistica per il sud è 14% (fonte: Rapporto Annuale Istat, tavola 931 nell'appendice statistica). Nell'interpretare questa differenza è necessaria la stessa cautela di cui sopra: dal Sud si può andare a studiare al Nord cambiando o non cambiando residenza. Tuttavia si può argomentare che l'apertura delle nuove sedi periferiche ha un effetto prevalentemente locale: se una famiglia residente al sud vuole mandare la figlia a studiare al Centro o al Nord, la manda nella sede principale (Torino o Siena, per dire) non nelle nuove sedi periferiche di queste università (Vercelli o Grosseto, per dire), per quanto l'offerta possa essere un po' differenziata. È presumibile quindi che la persistenza delle differenze territoriali rifletta l'inefficacia della politica di espansione delle sedi universitarie.
(G. Zanella e V. Oppedisano, Lavoce.info 06-12-2010)