Riformare risparmiando Stampa
Non c’è un automatismo così netto tra mancanza di soldi e impossibilità di fare le riforme. Il motivo è facilmente intuibile: le vere riforme dovrebbero far risparmiare e non, invece, far spendere. O meglio: ci sono delle riforme che vanno fatte risparmiando e per risparmiare, e ci sono delle riforme che richiedono d’investire. Ci sono anche delle riforme che possono essere fatte in parte risparmiando e in parte investendo quello che si è risparmiato: è il caso dell’università. Almeno le prime, quelle che non richiedono investimenti, possono essere fatte. La riforma federalista, se non serve a risparmiare, è meglio non farla. Una riforma della sanità che non permettesse di risparmiare, non sarebbe da percorrere. La famosa riforma della pubblica amministrazione di Brunetta avrebbe dovuto far risparmiare. Perché è stata bloccata per mancanza di fondi? Il governo, quindi, non dovrebbe limitarsi a constatare che i soldi non ci sono, ma dovrebbe intanto aprire la strada alle riforme che non costano o che addirittura fanno spendere meno. Chi scrive ne ha indicate alcune nel recente passato: la privatizzazione delle società partecipate dagli enti locali e la parità scolastica sono riforme che non solo non costano niente, ma che addirittura produrrebbero grandi risparmi di denaro pubblico. In Italia ci sono più bidelli che carabinieri, e i bidelli non fanno neanche le pulizie, che sono appaltate a ditte esterne. Niente contro i bidelli: solo che, se lavorassero presso scuole non statali paritarie, non graverebbero sul bilancio pubblico. Alcuni quotidiani, in questi giorni, hanno anche proposto la vendita dell’ingente patrimonio immobiliare pubblico, spesso inutilizzato o sottoutilizzato, nonché costoso per la manutenzione. Metterebbe in circolo una valanga di risorse, tanto Bot e Cct non sono garantiti da quello. (S. Fontana,  http://www.lavoce.it/articoli/20101022641.asp)