Università denigrata Stampa

In questi ultimi due anni stiamo assistendo a una campagna denigratoria, sempre più intensa e aggressiva, nei riguardi dell’Università italiana e di tutti coloro che onestamente vi operano. E’ una campagna che rischia di demotivare profondamente tutti noi e soprattutto quei giovani che vi sono entrati da poco o che desiderano entrarvi. E’ una campagna che può indurre legittimi dubbi in Voi e nelle Vostre famiglie.

Spesso le persone che incontro mi chiedono se è reale il quadro che viene rappresentato dai molti interventi riportati dai media, oppure se stiamo assistendo, forse senza rendercene conto, a un attacco teso a sfiduciare le università statali. Appare legittimo il dubbio che vi sia il desiderio di sostituire l’università pubblica con un sistema privato, devastando le aspettative di più di un milione e mezzo di famiglie italiane. Noi, che siamo allo stesso tempo insegnanti e ricercatori, ci sentiamo profondamente offesi perché ci si vuole delegittimare proprio di fronte alla comunità che abbiamo scelto di servire col nostro lavoro e con i nostri sacrifici. Questi tentativi di delegittimazione fanno male a tutti noi che crediamo nell’università, che vi lavoriamo per formare e per traghettare Voi giovani dalla scuola secondaria al mondo del lavoro, per fare ricerca e servire il nostro Paese in cui ancora crediamo. Ci fanno perdere l’entusiasmo, ci spingono a fare il minimo richiesto, ci allontanano dalla voglia di operare in un servizio che abbiamo scelto e in cui ancora crediamo. Vogliamo reagire soltanto perché, altrimenti, faremmo il gioco di chi ci vuole distruggere privandoci di quella libertà che, sola, permette di fare ricerca e insegnare a Voi giovani. In questi giorni si parla di agitazioni dei ricercatori, di richiesta di sospensione delle lezioni, di volontà a non tenere insegnamenti, di rivendicazioni da parte di persone che possono sembrare fortunate perché hanno ancora un lavoro, ma alle quali si sta togliendo quella speranza che li aveva spinti a rinunciare ad attività più remunerative per iniziare quel lavoro che a noi, più vecchi, è sempre parso il più bel lavoro del mondo: fare ricerca e contemporaneamente insegnare ai più giovani. (Lettera agli allievi del prof. G. Ballio, Rettore del Politecnico di Milano 14-10-2010)