OGNI ANNO CIRCA 3000 RICERCATORI ITALIANI CON TITOLO ACCADEMICO DI DOTTORE DI RICERCA SE NE VANNO ALL’ESTERO Stampa

La cosiddetta fuga dei cervelli è una realtà concreta in Italia. Secondo il Country report Ue, ogni anno circa 3mila ricercatori italiani che hanno conseguito il titolo accademico di dottore di ricerca se ne vanno all’estero, mentre il Paese non è in grado di importare a sua volta ricercatori da fuori. Questo comporta un saldo negativo: -13,2%. In altre parole, se il 16,2% dei ricercatori italiani se ne va, solo il 3% di studiosi stranieri arriva in Italia. Non accade così nel resto d’Europa, che vede percentuali in pareggio o addirittura positive. Questa situazione significa per l’Italia perdita di capitale umano e impoverimento economico. Si stima che in un decennio, dal 2010 al 2020, il nostro paese perderà 30mila ricercatori e 5 miliardi di euro, che invece contribuiranno alla crescita di altri Stati. Negli anni scorsi c’è stato chi ha messo in dubbio il fenomeno della fuga dei cervelli, perché pare non esista una banca dati con i riferimenti degli italiani che svolgono ricerche all’estero. Ma per Carolina Brandi, ricercatrice dell’Irpps-Cnr, l’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali, il problema c’è e si deve al fatto che l’Italia produce più dottori di ricerca di quelli che può accogliere (in inglese si chiama overeducation). Di conseguenza, o si trova il modo di orientare il mercato del lavoro all’innovazione per assorbire i numeri in eccesso, oppure si cerca di ridurre i posti per i dottorati.
I ricercatori italiani all’estero non pensano di ritornare in patria. In Italia, infatti, le condizioni di lavoro sono meno favorevoli: guadagni più bassi, pochissime possibilità di carriera, tante ingiustizie e scarse soddisfazioni. Insomma, lo status della ricerca in Italia è quanto mai preoccupante e addolora sia chi è costretto ad andarsene, magari dopo aver studiato e fatto grandi sacrifici, sia chi sceglie di rimanere in un paese sempre più povero di eccellenza e merito. Il rapporto controverso che gli italiani hanno con il paese che ha dato loro l’istruzione, a confronto con quello che si respira altrove, è stigmatizzato dalle parole di Carolina Brandi: «Mentre i non molti ricercatori stranieri che vengono a lavorare in Italia tornano quasi sempre in patria dopo qualche tempo, gli scienziati italiani che vanno all’estero in grande maggioranza non tornano più». (Fonte: www.venetoeconomia.it 28-03-16)