PIÙ SOSTEGNO ECONOMICO E REGOLE PIÙ SEMPLICI PER L’UNIVERSITÀ Stampa

«Dobbiamo dimostrare quello che di buono fa l’università per il nostro Paese - spiega Gaetano Manfredi, presidente della Crui -. E dobbiamo far capire al governo e alla società quanto potrebbe fare di più: se solo ci fossero più sostegno e regole più semplici». Qualche numero: l’Italia investe 109 euro per abitante in università, quando in Francia se ne spendono 303 e in Germania 304. Il fondo ordinario per le università è calato del 9,9% negli ultimi 7 anni, mentre negli altri Paesi Ue cresceva. Tra i 34 Paesi Ocse, il nostro è al 26° posto per la quota di reddito nazionale destinato a ricerca e sviluppo. E il diritto allo studio viene garantito solo a una piccola quota di studenti, complici le nuove soglie Isee: quest’anno sono idonei poco meno di 107 mila studenti (a fronte dei 135 mila dell’anno scorso), e non è detto che tutti avranno un contributo. Eppure, ogni euro investito per gli studenti aumenta la produttività del Paese: «I nostri dati confermano che i laureati trovano lavoro più facilmente dei diplomati e guadagnano di più», dice il presidente di AlmaLaurea, Ivano Dionigi. Allora, è la solita questione di soldi? «È il momento di chiarire che non si può prescindere dal capitale umano - chiarisce Manfredi -. L’università ha sempre attirato pochi investimenti e con la crisi, a torto, non è stata considerata un’emergenza: dobbiamo aumentare le iscrizioni, creare nuove lauree professionalizzanti, migliorare la valutazione. Altrimenti rischiamo di restare indietro». (Fonte: V. Santarpia, CorSera 21-03-16)