Allocazione stravagante dei pochi finanziamenti alla ricerca biomedica Stampa

I dati sulla distribuzione dei finanziamenti pubblici alla ricerca delle facoltà mediche italiane lasciano sconcertati: chi meno produce, scientificamente parlando, ha più finanziamenti, e viceversa; il contrario di quanto ci si aspetterebbe e di quello che avviene in tutti i Paesi del mondo. Succede così che la Facoltà di Medicina dell'Università Statale di Milano che, secondo una valutazione super partes del 2009 è al primo posto in Italia per produttività scientifica, riceva finanziamenti infinitamente inferiori all'Università Federico II di Napoli, che nella stessa classifica è all'undicesimo posto. O che la facoltà di Medicina dell'Università di Torino, al secondo posto nella valutazione Censis, riceva meno soldi della Sapienza di Roma; peccato che la Sapienza sia al tredicesimo posto italiano per produzione scientifica. E gli esempi potrebbero continuare. Leggendo i dati, appare incredibile che i soldi sembrino essere distribuiti con un criterio preciso e meritocratico, ma inversamente proporzionale: tanto più a chi meno fa. Le facoltà mediche del Centro - Sud sono quasi sempre privilegiate: nei primi cinque posti per i finanziamenti dei così detti fondi Prin (fondi destinati alle università per il finanziamento dei Programmi di ricerca di interesse nazionale, gestiti dal ministero della Pubblica istruzione) si collocano, infatti, le facoltà di Roma la Sapienza, Napoli Federico II, Roma Tor Vergata, Siena e Firenze, i cui risultati nella classifica Censis di attività scientifica non sono altrettanto lusinghieri. Ma, si sa, anche la scienza ha le sue lobby, i suoi partiti e i suoi equilibri. "L'indagine del Censis rivela come i finanziamenti ai programmi di ricerca di interesse nazionale (Prin) presentati dalle Facoltà di Medicina sono inversamente proporzionali alla qualità della produzione scientifica". Lo ha dichiarato il senatore del gruppo Pdl, Giuseppe Valditara. "Si ha la prova - ha spiegato - della sostanziale inaffidabilità delle valutazioni Prin e più in generale delle valutazioni lasciate alla discrezionalità di singoli valutatori. I sistemi cui dovrà ispirarsi l'Agenzia nazionale per la valutazione dell'Università e della Ricerca, così come quelli presupposti dal disegno di legge di riforma universitaria, dovranno necessariamente essere di carattere oggettivo, fondandosi ad esempio sulla presenza di pubblicazioni in riviste internazionali, sugli impact factor, sul numero dei brevetti, sulle citazioni internazionali. E' anche ora di ripensare alla radice i finanziamenti ai cosiddetti Prin".(Fonti: Corsera 06-04-2010; http://www.pdlsenato.it/ 07-04-2010)