ASN E RECLUTAMENTO. TUTTO COME PRIMA? Stampa

Il ministro Profumo mesi fa era intenzionato a sospendere l’applicazione delle nuove procedure previste dalla legge n. 240/2010 (legge Gelmini) per l’istituzione dell’abilitazione scientifica nazionale (ASN), che la stessa legge aveva introdotto come “requisito necessario” per l’accesso alla prima e seconda fascia dei professori universitari. Il Ministro, già Rettore di una fra le più prestigiose università italiane e non poteva certo essere accusato di non capire bene di cosa parlava, fu letteralmente crocifisso e decise infine di far partire la procedura. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la confusione è totale, l’intero meccanismo rischia di essere travolto da ricorsi e risse interpretative sui decantati parametri oggettivi di valutazione, gli studiosi che da tanti anni sono in attesa di un segnale di speranza cominciano a capire che saranno ancora una volta illusi e abbandonati. Di chi è la colpa? Troppo facile scaricarla sul Ministro e sull’ANVUR. Vale forse la pena di provare a considerare risolti il conflitto sulle mediane e tutti gli altri problemi “tecnici” intorno ai quali si accapigliano gli addetti ai lavori e immaginare il seguito della storia. La legge prevede una lista aperta per le abilitazioni. Questa scelta è anche una garanzia di “pace sociale”: nessun candidato meritevole sarà escluso, anche se è facile immaginare che, essendoci posto per tutti, non saranno soltanto i più meritevoli a essere abilitati. Sarà meglio tenersi “larghi” anche per non rischiare di sbagliare: le commissioni avranno cinque mesi di tempo a disposizione (se non addirittura poche settimane, a seconda dell’interpretazione che sarà data dell’art. 8, comma 6 del DPR 14 settembre 2011, n. 222) per completare il loro lavoro. In molti settori ogni commissario potrebbe dover leggere e giudicare in quest’arco di tempo alcune centinaia di volumi e alcune migliaia di articoli e non ci sarebbe ovviamente bisogno di ulteriori considerazioni per valutare non i candidati, ma la serietà dell’intera procedura.
Conclusione: le liste saranno compilate seguendo altri criteri e, in quasi tutti i settori, saranno lunghe, molto lunghe. La legge prevede poi che siano le singole università, con propri regolamenti, a “disciplinare” la chiamata dei professori. Si capisce a questo punto la ragione della durissima e purtroppo vincente opposizione a ogni tentativo di introdurre un “tetto” al numero delle abilitazioni, che avrebbe imposto la responsabilità di un “filtro” a livello nazionale che fosse reale e non si riducesse ad una concessione retorica tanto inutile quanto costosa. Le università continueranno a chiamare i “loro” abilitati e, in attesa che il principio della competizione darwiniana fra gli atenei produca gli effetti promessi dai suoi zelatori, non c’è nessuna garanzia che ad avere il posto saranno in questo modo i migliori.
(Fonte: S. Semplici, roars 03-11-2012)