LA RIFORMA DELLE CLASSI DI LAUREA E LA “FLESSIBILIZZAZIONE” DEI PERCORSI FORMATIVI Stampa

Le risorse europee che finanziano il PNRR italiano sono cospicue, complessivamente circa 235,12 miliardi di euro, ordinate intorno a 6 "missioni"; la quarta è espressamente dedicata all'Istruzione e ricerca. Tra gli interventi previsti vi è l'investimento 3.4 (Didattica e competenze universitarie avanzate), nell'ambito del quale il Ministero dell'Università, insieme ad altre, ha previsto una specifica "Riforma 1.5: Riforma delle classi di laurea", così presentata: «Le nuove richieste provenienti dal mondo del lavoro e la complessità crescente che caratterizza le nuove sfide poste dalla contemporaneità richiedono, oltre alla specializzazione, conoscenze sempre più ampie e una maggiore multidisciplinarietà. Sono numerosi e complessi i problemi sollevati dalla flessibilizzazione" dei corsi di studio, promossa in un'ottica di integrazione e internazionalizzazione. Occorre riflettere chiaramente sulle caratteristiche della nostra architettura dei saperi e sulla struttura della didattica universitaria in un'ottica di revisione funzionale al cambiamento.
La presenza di programmi di studi vincolati da un sistema di debiti formativi basato su settori disciplinari stretti non permette questa ampiezza, rendendo necessario allargare i settori disciplinari e congiuntamente consentire la flessibilità nella programmazione dei singoli corsi di laurea. La riforma, pertanto, promuove proprio la creazione di percorsi di laurea interdisciplinari, riducendo i vincoli relativi ai crediti formativi da assegnare ai vari ambiti disciplinari, e amplia le classi di laurea professionalizzanti, facilitando l'accesso all'istruzione universitaria per gli studenti provenienti dai percorsi ITS».
La "flessibilizzazione" dei percorsi formativi è promossa anche in base a uno sforzo di integrazione e internazionalizzazione dei corsi di studio che ha le sue radici nel cosiddetto Processo di Bologna, e che oggi è al cuore della costruzione della European Higher Education Area (EHEA). Proprio l'Italia, in veste di segretariato dell'EHEA, ha organizzato il 19 novembre 2020 la Conferenza Interministeriale dei Paesi aderenti nella cui dichiarazione finale (Roma Communiqué 2020) si afferma che: «I percorsi di apprendimento flessibili e aperti, parte dell'ispirazione originale del Processo di Bologna, sono aspetti importanti dell'apprendimento incentrato sullo studente e sono sempre più richiesti nelle nostre società. Oltre ai programmi di laurea completi, molti istituti di istruzione superiore offrono o prevedono di offrire unità di apprendimento più piccole, che consentono agli studenti di sviluppare o aggiornare le loro abilità e competenze culturali, professionali e trasversali in varie fasi della loro vita». Tra le altre cose, in questo documento si propongono: la costruzione di percorsi di studio modulari centrati su conoscenze specifiche o competenze trasversali (i cosiddetti minor); la sperimentazione di pacchetti formativi che rilasciano "micro-credenziali"; un'analisi delle caratteristiche di possibili futuri European Degrees. Quest'ultimo aspetto è peraltro cruciale nell'ambito della European Universities Initiative del programma Erasmus+; una iniziativa che vuole favorire lo sviluppo di veri e propri campus interuniversitari transnazionali europei. Più in generale, il consolidamento di spazio europeo dell'istruzione superiore (EHEA) richiede, in sostanza, di affrontare il problema posto dall'incrocio dei vincoli derivanti dalle diverse normative nazionali che regolano la costituzione dei corsi di studio e l'accreditamento dei percorsi formativi congiunti tra istituzioni formative di Paesi diversi.
(F: A. Arienzo, Articolo33, n. 3 giugno/settembre 2022)