IL MODELLO UNIVERSITARIO AMERICANO Stampa

L’idea di creare un modello universitario simile a quello americano in realtà sta creando qualcosa di piuttosto distante. L’idea può essere articolata ancora meglio prendendo in considerazione il fatto che un “sistema” universitario statunitense non esiste, quantomeno come entità organica. Esiste un complesso di sedi pubbliche e private, organizzate da diversi soggetti con diverse finalità nel corso del tempo, che hanno finito, levigate dalle scelte degli studenti e delle loro famiglie e dal successo o fallimento di certi tentativi di ritagliarsi una posizione, per svolgere funzioni tra loro diversissime. Chi vuole costruire una rete di centri di formazione e ricerca al livello della Ivy League (obiettivo sostanzialmente dichiarato della “corsa” all’eccellenza bibliometrica e di una gestione dei finanziamenti che si vuole improntata senza fallo alla promozione degli istituti migliori) non tiene conto in primo luogo che quel pugno di università coesiste con migliaia di atenei, privati ma anche più spesso pubblici, di grandi dimensioni e pensati al servizio delle communities locali e statali, il cui esempio forse più noto è Madison nel Wisconsin, che rappresentano la spina dorsale di una distribuzione dell’istruzione superiore di massa, e che avendo maturato altri obiettivi non possono certo compiere le loro scelte di investimento con criteri identici a quelli di Harvard e Yale.
Si dimentica poi che, al di là del sistema di rette e spese degli studenti, le università private più note hanno consolidato, nel corso di diversi decenni, patrimoni enormi che permettono di salvaguardare nel contempo qualità e autonomia a tutto campo, e che nessun governo potrebbe investire in tempi brevi su una sola istituzione. L’omologazione in senso quantitativo del “prodotto” universitario sembra acquisire un valore strategico per la sua “vendita”; dall’altro, che questa impostazione, prima di consolidarsi agli inizi del XXI secolo proprio con i primi esiti del Bologna process, ha iniziato a manifestarsi in questi termini e con questa intensità nel vario mondo dell’istruzione superiore statunitense soprattutto con gli anni Ottanta-Novanta, senza esserne per forza un tratto costitutivo. A differenza di quanto si crede la “commercializzazione” dell'accademia e del suo ruolo sociale non è stato uno dei propulsori dell’efficienza americana, ma è un elemento relativamente recente e assai discusso.
(Fonte: A. Mariuzzo linkiesta 17-05-2012. D. Greenwood)