RIFORMA GELMINI. GLI EFFETTI DELL’AUTONOMIA IPER-REGOLATA DAL CENTRO Stampa
La lettura degli statuti e le voci che vengono da dentro gli atenei inducono a ritenere che la riforma degli assetti di governo interni non produrrà gli effetti sperati (e che anzi potrebbero prodursi degenerazioni simili a certi presidenzialismi alla sudamericana, visto lo strapotere del rettore, la sua irresponsabilità e l'assenza di meccanismi che garantiscano che chi è eletto a questa carica abbia le competenze tecnico-politiche necessarie). Inoltre, la riorganizzazione delle strutture interne sta producendo caos, perdite di identità, conflitti, e rischia di indebolire ulteriormente la capacità degli atenei di organizzare e gestire le attività didattiche. La logica quasi ossimorica dell'autonomia iper-regolata dal centro rischia di riprodurre effetti già visti (controllo occhiuto sulle procedure da parte del centro, sostanziale libertà delle università di fare quello che vogliono, dal punto di vista qualitativo, nella didattica e nella selezione e promozione del personale docente). A tutto ciò si potrebbero aggiungere altri elementi significativi della gestione della politica universitaria attuale (dall'arzigogolato sistema concorsuale all'ansia bibliometrica che ha preso l'Anvur nella valutazione della ricerca scientifica), e la sostanza non cambierebbe. Certo, nel lungo periodo alcuni effetti potrebbero essere positivi, perché il cambiamento di tante regole genera effetti non previsti e consente margini per nuove opportunità che possono essere colti da alcuni attori a livello istituzionale. Ma si tratta di effetti casuali e comunque circoscritti. La legge Gelmini, insomma, è partita con tanti buoni propositi, ha cambiato molte regole ma in modo spesso incoerente, non avendo un modello chiaro da proporre di funzionamento istituzionale delle università. Come tutte le ambiziose riforme strutturali di politica pubblica in Italia, anche quella universitaria della Gelmini soffre dell'ansia iper-regolatrice, della difficoltà a scegliere visioni nette e chiare e di un’evidente difficoltà a indirizzare l'implementazione nei tempi e nei modi necessari.
(Fonte: G. Capano, il Mulino 2/2012)