VALUTAZIONE DELLA SAGGISTICA Stampa

Se le classifiche delle riviste possono aiutare nella valutazione dei singoli articoli, rimane il problema delle monografie: è sufficiente affidarsi alla peer review o è possibile integrare il giudizio facendosi aiutare dalla casa editrice che pubblica il libro? Qui subentra il patto proposto dai valutatori ai marchi editoriali: siete disposti a darci una mano rendendo trasparenti le vostre "procedure"? Se sì, potremo fare affidamento su di voi. Se no, siete escluse dalla collaborazione. Ma cosa s'intende per "procedure"? Sostanzialmente si chiede di rendere pubblici i criteri adottati dai singoli marchi nella pubblicazione dei saggi storici, e anche i consulenti regolarmente utilizzati e il ricorso a contributi economici. Finanziamenti che arrivano dai fondi di ricerca, dai singoli dipartimenti e anche dalle aziende private. Pratica universalmente diffusa, ma non sempre dichiarata.
La proposta ha diviso gli editori. Il timore è che una rigida classificazione degli editori comporti un sistema di vincoli e norme prescrittive che finirebbero per danneggiare un settore già fortemente indebolito dalla crisi. Per Andrea Angelini «il rischio è quello di burocratizzare il lavoro editoriale. Un editore non è uno stampatore. Esprime una propria visione del mondo e non intende rinunciarvi». Come rispondono i valutatori? Andrea Graziosi, responsabile del Gev 11 ossia dell'area della valutazione che copre le discipline storiche, filosofiche e pedagogiche, ha escluso l'ipotesi di istituire una lista degli editori e un elenco di norme prescrittive. «Quel che chiediamo agli editori non è di aderire a liste, ma di rendere pubbliche procedure che spesso rimangono avvolte nell'oscurità, inducendo molti a pensare che si riesca a pubblicare solo grazie a giuste conoscenze. E anche il ricorso al sostegno finanziario, necessario per l'edizione di alcune opere, è cosa legittima. L'importante è che l'editore lo dichiari». Andrea Romano, oggi editor di Marsilio: «La struttura del mercato editoriale ha ridotto gli spazi a disposizione della saggistica di ricerca storica. Ne consegue che, quando si tratta di accogliere un titolo storico nelle proprie collane, le esigenze commerciali si fanno sentire. Esiste una pratica diffusa nel mondo editoriale, che consiste nel pubblicare titoli con il sostegno finanziario di dipartimenti, facoltà e aziende private».
A Romano, in controtendenza rispetto al parterre di editori, piace l'idea di un albo nel quale accreditarsi esibendo le procedure utilizzate. «Non vogliamo interferire in alcun modo nelle vostre scelte», ha detto Benedetto, «Però sentiamo il dovere di sollecitare criteri di rigore, imparzialità e trasparenza per condividere comuni obiettivi».
(Fonte: S. Fiori, La Repubblica 03-05-2012)