NEL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA LA RICERCA È ALL’INTERNO DELLA “QUARTA MISSIONE”, INSIEME ALL’ISTRUZIONE, SOTTO IL TITOLO “DALLA RICERCA ALL’IMPRESA”. IL PIANO ITALIANO È DA DUE A CINQUE VOLTE QUELLO DEGLI ALTRI GRANDI PAESI EUROPEI Stampa

Come ricorda Irene Tinagli in una nota su "ItalianiEuropei", il dibattito pubblico sull'adeguatezza della governance economica europea la accompagna dal suo avvio, che risale al Trattato di Maastricht del 1992 e al Patto di stabilità e crescita del 1997. Next Generation EU, del luglio 2020, rappresenta perciò una novità: di strumento, di contenuti, di procedure e di modalità di finanziamento, affidata a regole, valutazioni e controlli. Una novità complessa e articolata, difficilmente assimilabile con poche frasi ad effetto. Tanto più se la banalizzazione che ne viene fatta, relativamente al suo strumento più rilevante, il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), è quella di un "serbatoio di risorse da spendere". Nel Piano la ricerca trova posto all'interno della "quarta missione", insieme all'Istruzione, sotto il titolo "Dalla ricerca all'impresa" che già indica l'obiettivo e prefigura i percorsi. Complessivamente oltre 11 miliardi di solo PNRR sui cinque anni, integrati da circa 1.5 di ReactEU e Fondo complementare. Quasi 13 miliardi, quindi, su una capienza complessiva di oltre 235.
In termini di risorse, e includendo i fondi ReactEU, il piano tedesco è pari a circa 28 miliardi, quello francese 41, collocandoli però come parte del piano di investimenti per complessivi 100 miliardi, approvato a settembre 2020, sotto il titolo "France Relance", mentre quello spagnolo (l'altro grande paese beneficiario dei maggiori finanziamenti europei) è relativo ai soli circa 70 miliardi di sovvenzioni, avendo per il momento rinunciato a richiedere i prestiti. Al netto del Fondo complementare (basato su risorse nazionali) il piano italiano è relativo a circa 140 miliardi, ovvero da due a cinque volte quello degli altri grandi paesi europei. (F: Flc Cgil 23.06.21)