UN RAPPORTO SU RICERCA, RICERCATORI, DOCENTI E FINANZIAMENTI A R&S Stampa

Mario Draghi nel suo primo discorso da premier ha insistito cinque volte sull'obbligo assoluto di investire molto di più nella ricerca. È vero che i ricercatori italiani si fanno onore nel mondo, ma sui finanziamenti alla ricerca siamo in posizioni arretrate. Lo conferma Observa - annuario scienza tecnologia e società 2021, edito dal Mulino. Nella classifica dei Paesi che mettono più soldi in Ricerca & Sviluppo rispetto al Pil non stiamo solo dietro Israele, Corea, Taiwan o Germania ma anche dietro Slovenia, Repubblica Ceca, Ungheria... La quota che destiniamo al settore è solo dell'1,4% del nostro prodotto interno lordo. Inferiore alla media europea (2,0%) e a quella Ocse (2,4%). Bassissima rispetto alla Danimarca, alla Germania e all'Austria che investono il doppio. Per non dire di Israele che, già in vetta nove anni fa, è salito con gli stanziamenti al 4,9% del Pil.
Per numero di ricercatori impiegati in R&S ogni mille occupati è in testa la Danimarca con 15,7, seguita ancora da Corea, Svezia, Finlandia... E noi siamo ancora a un terzo: 6 su mille. Davanti a Romania, Sudafrica o Messico. Ma dietro la media Ue, quella Ocse e la Slovacchia. Il settore privato (che nella media Ocse assorbe quasi due terzi di quanti lavorano alla ricerca e allo sviluppo, con punte del 72,8% in Svezia, 74,4 in Giappone, 82,0 in Corea) da noi è al 43,6%.
Stando al rapporto Education at a Glance 2020 la quota di studenti stranieri, che vede in testa gli atenei australiani (26,5%), neozelandesi e britannici, scende in Italia al 5,6%.
I docenti stranieri, secondo l'ultimo rapporto Anvur, sono 473 su 53.801, meno dell'1%. I docenti under 40 sono scesi in Italia dal 16,3 al 13%, contro il 24% della Spagna, il 31,5 del Regno Unito, il 46,1 dei Paesi Bassi, il 54,4 della Germania. Infine, l'età media dei ricercatori è salita a 45 anni e addirittura a 49 per quelli pubblici. (F: G. A. Stella, CorSera 21.02.21)