ABILITAZIONI SCIENTIFICHE NAZIONALI. LO STATO DELL’ARTE Stampa

Nel nuovo meccanismo di reclutamento e progressione nell’università, meccanismo di cui le abilitazioni nazionali a professore (associato o ordinario) sono un passaggio critico, l’avanzamento regolamentare sta diventando una versione legislativa del paradosso di Achille e la Tartaruga. È di qualche giorno fa su ROARS un’ottima sintesi dello “stato dell’arte” in termini di decreti attuativi e norme correlati all’art. 16 della L. 240/10. Stato dell’arte avvilente, come dice il fatto che siamo già al secondo intervento su FFO (2011 e 2012) per i previsti fondi straordinari per l’immissione di associati da destinarsi appunto alla chiamata degli abilitati ai sensi della 240; ma gli abilitati non ci sono e complessivamente circa 90 milioni di euro stanno trovando vie alterative tra cui il “sostegno” alle procedure di trasferimento. Ciò detto, ci si potrebbe chiedere che “segnali” ci siano in merito all’avanzamento dei lavori. Per farsene un’idea è opportuno segnalare i problemi posti dall’ultimo Decreto, quello su criteri e parametri che tanto hanno tenuto il palco del dibattito con elaborazioni del CUN, della stessa ANVUR e altri … e che dovrà seguire il decreto regolamentare recentemente entrato in vigore, da cui è generato, con l’ennesimo rimando a un decreto successivo – art. 4. Ecco, le tre forche caudine: giurisprudenziale, economica, statistica:
1) Il varco giurisprudenziale: la mediana, questo giudice che stabilisce i buoni e i cattivi – non entriamo nel merito specifico del valore di un simile strumento anche solo per l’avvio di una valutazione grossolana – ma scontriamoci con i rilievi del Consiglio di Stato già dal febbraio 2011 e successivamente di autorevoli giuristi sui dubbi di costituzionalità circa l’applicazione di simili strategie “taglia copia e incolla” nelle valutazioni per comporre le commissioni e per conferire le abilitazioni.
2) La stretta economica: dove attingere per nutrire la macchina dei numeri e delle mediane? A quali dati fare riferimento? Al momento le uniche fonti sono di natura privata, banche dati come Scopus o Isi, che sono di certo disponibili a fornire il materiale loro richiesto (lavorano per questo), ma a un costo non trascurabile, se si considerano i costi medi per l’accesso annuale per motivi di ricerca da parte degli atenei, e la conseguente iniziativa della CRUI per la definizione di un contratto nazionale.
3) Il massiccio statistico: l’anagrafe della ricerca, questo miraggio (se ne parla dagli anni 80) di conoscenza di chi e cosa fa nel mondo della ricerca pubblica italiana, non è solo uno strumento indispensabile sulla cui base consolidare l’inattaccabilità giuridica degli esiti delle valutazioni, ma anche letteralmente una catena montuosa di dati la cui raccolta e verifica costa tempo e denaro. Il primo (il tempo) in qualche modo c’e sempre, basta affossare reclutamento e progressioni, il denaro a questo punto diventa marginale.
Per “dare vita” all’art. 16 della 240 si dovrà quindi risolvere una problematica giuridica di non poco rilievo e con la dovuta solidità vista la necessità di evitare una relazione biunivoca tra domande di abilitazione respinte e ricorsi. E a seguire, trovare risorse economiche e statistiche per un lavoro che potrebbe riguardare tra i 20.000 e i 40.000 nominativi già dal primo anno di partenza dei lavori delle commissioni.
Qualche mese potrà bastare? Proviamo una risposta indiretta, allargando l’orizzonte di osservazione delle dinamiche universitarie come accennavamo sopra e cerchiamo quindi questa risposta in segnali collaterali, cosi come una risposta dei mercati fornisce un’indicazione dell’accoglienza riservata a una finanziaria.
Eccone tre di diversa origine:
1) Ministero: destinazione dei fondi previsti per il piano straordinario alla chiamata degli idonei 2008.
2) Sedi: moltiplicazione delle richieste di chiamata diretta su posizioni di associato e ordinario.
3) Governo: decreto semplificazioni che non solo “semplifica” i compiti dei ricercatori sulle attività integrative (art. 49, c. 1, l. b: elimina i loro compiti di tutorato e di didattica integrativa), con ricaduta su quelle didattiche frontali – si legga produzione a costo zero di professori dai ricercatori - , ma destina i fondi previsti per il piano straordinario anche alle chiamate dirette (art. 49, c. 1, l. n) di cui al punto 2.
Le criticità di tutto questo emergono in svariati contesti; basti citare il CUN che nelle ultime sedute ha dovuto esaminare quasi 90 richieste di chiamata diretta – ovvia conseguenza della pressione concernente gli avanzamenti – trovandosi infine nella necessità di esprimere grave preoccupazione per il sistema universitario nelle due mozioni chiamate dirette e piano straordinario (vedi oltre in queste Informazioni).
Già solo per questi profili l’esame indiretto rende un verdetto chiaro: sebbene la decretazione con decreti che rimandano sempre ad un successivo (il prossimo sarà quello che separa le aree “bibliometrizzabili” da quelle che non lo sono?!) proceda spedita, le abilitazioni non si raggiungono proprio come nel famoso paradosso…
(Fonte: A. Pezzella, www.roars.it/online 10-02-2012; si veda anche http://wpage.unina.it/apezzell/SitoCUN/abilitazioni.html)