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1 Novembre
Unibo. A Medicina Veterinaria si aggiorna il modo di fare didattica PDF Stampa E-mail

Professori universitari di nuovo fra i banchi. Per imparare a insegnare meglio. Succede a Medicina Veterinaria. E fa scalpore, perché la facoltà ha avuto il coraggio di toccare un nervo scoperto nell'accademia italiana: mettere in discussione i docenti sulla loro capacità di fare lezioni ed esami. Fra i tanti bravi e capaci, ci sono anche gli insegnanti che raccolgono appena il 40 % di gradimento degli studenti, quelli che fino a qualche anno fa facevano esami a porte chiuse. E c'è pure chi reagisce: «Ma come? Io faccio lezione come la faceva il mio maestro». Appunto. In quarant'anni, frattanto, il mondo è cambiato: diversi saperi, diversi modi di apprendere dei ventenni.
E non è un problema di una singola facoltà. Così a Veterinaria sono partiti i corsi, su base volontaria. Lezioni, tenute da esterni, per aggiornare il modo di insegnare. Simulazioni, condotte dall'esperto di comunicazione Massimo Franceschetti, per far capire cosa in realtà un professore giudica durante un esame: quanto lo studente sa o solo come presenta ciò che ha studiato?
Ai corsi hanno aderito la metà dei professori di Veterinaria, una cinquantina, e non solo i più giovani per età e carriera. E all'esperimento, guardato con interesse dai vertici dell'Ateneo, hanno partecipato anche gli studenti, in un faccia a faccia con i loro "prof' proprio su come ci si comporta a un esame.«La didattica sembra territorio intoccabile, non deve essere così. E' un patto conio studente che richiede trasparenza: ti dico prima cosa insegno, m quante ore, con quali obiettivi - spiega il preside Santino Prosperi -. Non siamo i primi della classe, ci siamo solo messi in gioco».
(Fonte: I. Venturi, La Repubblica Bologna 26-10-2011)

 
Unibo. Rapporto sugli studenti bolognesi PDF Stampa E-mail
Più di 2000 i bolognesi che hanno preso la laurea nel 2010, il 92% lo ha fatto all'Alma Mater. Sono per più della metà donne, sono più regolari negli studi degli altri italiani, vanno più spesso all'estero e uno su due fa tirocini o stage per arricchire la propria esperienza. Si dicono soddisfatti del corso scelto e sul diploma frutto di tante fatiche, che riescono ad appendere al muro tra i 26 e i 28 anni di età, hanno come voto medio 103 su 110, questa volta in linea con la media nazionale. Ecco la fotografia dei 2000 bolognesi che si sono laureati nel 2010, secondo una ricerca Almalaurea presentata ieri in Comune. Un'istantanea inedita, perché non si basa sui laureati sfornati dall'Università di Bologna ma considera le persone residenti in città che nel corso del 2010 hanno raggiunto una laurea triennale, specialistica, a ciclo unico o col vecchio ordinamento. Uno sguardo da vicino quindi sui giovani che rappresentano il futuro di Bologna. E com'è naturale il 92 per cento di loro ha studiato e si è laureato nelle aule dell'Alma Mater, anche se rimane una quota importante, quasi uno su dieci, che ha deciso di frequentare un altro ateneo fuori città. Tra i 2.007 freschi laureati bolognesi quindi ben 1.124. sono donne, il 56%, e rispetto al resto d'Italia si contano famiglie più avvantaggiate culturalmente. Uno su due ha, infatti, almeno un genitore laureato contro una media nazionale del 26,5%, quota che cresce fino al 71% tra i «nostri» laureati specialistici, mentre in Italia ci si ferma a 46 su cento. Segno di una città ad alta scolarizzazione con molti laureati ma anche, sottolinea il direttore di Almalaurea Andrea Cammelli, «che c'è ancora una selezione sociale ai livelli più alti dei percorsi di studi». I laureati da famiglie operaie, tanto per dire, sono appena il 14%. L'età media è in linea con quella nazionale: poco più di 26 anni per le triennali, quasi 28 per le specialistiche e 26 anni e mezzo per i cicli unici. «Ma questo avviene nonostante una maggiore capacità dell'Alma Mater di attrarre una popolazione più adulta che torna a studiare, una capacità su cui bisognerebbe puntare di più», continua Cammelli. Un quarto dei laureati bolognesi si è infatti iscritto con due o più anni di ritardo. Senza contarli, l'età di laurea si abbassa notevolmente: quasi 24 anni per le triennali, poco più di 25 per le specialistiche. E non stupisce, perché i bolognesi sono più regolari negli studi dei loro colleghi italiani. Si laurea in corso il 46% contro una media nazionale del 36%, la metà esatta dei triennali (contro il 36%) e 54,5 laureati specialistici su cento (contro 38). E la regolarità sale fino al 61% se si considerano i triennali che non lavorano durante gli studi. Ma i bolognesi sono anche internazionali. Fa esperienze di studio oltre confine uno su cinque (il 18% contro una media del 12%) e sceglie l'Erasmus quasi uno su dieci. Così come nel resto d'Italia è poi consolidata la voglia di continuare gli studi, sia tra i triennali (continuerà il 76%) che tra gli specialistici (il 38%). Anche perché 85 ex studenti su cento sono soddisfatti degli studi e ben 69 si iscriverebbero di nuovo al corso appena terminato.
(Fonte: M. Bettazzi, La Repubblica Bologna 28-10-2011)
 
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