Home 2011 7 Ottobre
7 Ottobre
Riforma. Rafforzamento della governance PDF Stampa E-mail

La "riforma" dell'Università (legge 240/2010) voluta dal governo Berlusconi intendeva conseguire, con la modifica degli statuti degli atenei, due risultati principali:
1. Unire ricerca e insegnamento dentro una sola struttura organizzativa. Il dipartimento, di fatto sopprimendo le vecchie facoltà;
2. dare maggior peso al Consiglio di amministrazione dell'università diminuendo il peso degli organismi periferici (facoltà).
L'idea in sé non era sbagliata. In effetti, nell'università uscita dalla riforma del 1980, la ricerca era affidata ai dipartimenti e l'insegnamento e il reclutamento alle facoltà. Questo sdoppiamento comportava problemi di varia natura e indeboliva l'organizzazione della ricerca. In secondo luogo, ogni università era, di fatto, una "repubblica delle facoltà" e il governo dell'ateneo troppo condizionato da queste. Per questa ragione incapace di imprimere una linea strategica d'ateneo in un quadro di competizione internazionale. In tutta Europa, si tende, in questa fase storica, a rafforzare il governo delle università.
(Fonte: globalist.it 10-09-2011)

 
Riforma. Dipartimenti disciplinari omogenei PDF Stampa E-mail

Il Rettore dell'Università di Firenze, Alberto Tesi, tra i presenti al convegno, spiega: "l'elemento più importante della riforma è il passaggio dalle Facoltà ai Dipartimenti, con questi ultimi che oltre alle attività di ricerca si occuperanno anche della didattica che fino ad oggi è stato tema proprio del governo delle Facoltà. Di fatto il potere accademico passa così dalle Facoltà ai Dipartimenti visto che questi diventeranno il luogo centrale per la gestione delle carriere del corpo docente e in questo tenderanno a ricordare le attuali Facoltà, e per questo non credo che l'interdisciplinarietà vi sarà all'interno di queste strutture".
"A Firenze all'interno del nuovo Statuto - prosegue - abbiamo cercato così di costituire così dei Dipartimenti disciplinari omogenei, affinché tutti i docenti di uno stesso settore stiano nello stesso Dipartimento per evitare frammentazioni e un indebolimento di quel settore. Ciò però crea dei problemi dal punto di vista della didattica che cercheremo di superare attraverso le Scuole. Ma anche dal punto di vista della ricerca vista la settorializzazione dei Dipartimenti abbiamo pensato di costituire dei centri di ricerca su tematiche che riteniamo importanti e sulla base di progetti che potranno ricevere dei finanziamenti".
Il Rettore di Firenze insiste su questa linea: "Ogni scelta presenta dei vantaggi e degli svantaggi, noi abbiamo creato un sistema che gestisce al meglio le carriere e pone le basi perché un certo settore scientifico-disciplinare si mantenga e dia garanzie per esprimere la miglior didattica e ricerca".
(Fonte: C. Auletta, pisanotizie.it 10-09-2011)

 
Riforma: La norma specializzandi PDF Stampa E-mail
Salta la norma che prevedeva una delle principali voci di riforma universitaria per gli studenti di medicina e cioè la loro assunzione a tempo determinato a partire dal terzo anno di specializzazione all'interno del Servizio sanitario nazionale. L'emendamento al disegno di legge sulle Sperimentazioni cliniche in discussione alla Camera che conteneva la novità, infatti, "non ha ottenuto il parere preventivo della commissione Bilancio", spiega all'Adnkronos Salute Giuseppe Palumbo, presidente della commissione Affari sociali di Montecitorio."L'idea - prosegue - è ora quella di inserirlo in un altro provvedimento, ad esempio quello sul governo clinico, su cui le Regioni dovrebbero pronunciarsi questa settimana".
(Fonte: Adnkronos Salute 20-09-2011)
 
Riforma. Piano quinquennale di rientro per gli atenei in dissesto rimediabile PDF Stampa E-mail
Il decreto legislativo «Disciplina del dissesto finanziario delle università e del commissariamento degli atenei», che approderà domani al Consiglio dei Ministri dopo aver ricevuto il via libera da Camera e Senato, sarà più tollerante con quegli atenei che seppure abbiano bilanci dissestati fanno registrare segnali di ripresa nella gestione economica e che comunque hanno ottenuto buoni risultati nella ricerca e nella didattica. In questo caso, infatti, l'ateneo in difficoltà dovrà presentare un piano quinquennale di rientro approvato dal ministero dell'istruzione e da quello dell'economia e nel quale dovranno essere indicate in maniera dettagliata le «attività da intraprendere anno per anno e gli obiettivi annuali da raggiungere, parametrati a degli indicatori economico-finanziari». Ogni anno, poi, ci saranno verifiche intermedie dei progressi compiuti in modo da monitorare costantemente l'efficacia degli interventi di risanamento.
(Fonte: B. Pacelli, ItaliaOggi 21-09-2011)
 
Ricerca. Percentuali del PIL per R&S PDF Stampa E-mail
La ricerca piace soprattutto se fatta all'estero. A dare nota di questa realtà non proprio rosea per i nostri concittadini ricercatori è l'Unione Europea che boccia il bel paese. Nel 2011 l'Italia dedicherà l'1,1 per cento del suo Prodotto interno lordo alle spese destinate, appunto, alla ricerca e allo sviluppo. Il dato è sconcertante se confrontato con gli altri paesi: la Germania, o la Danimarca, dedicheranno più del doppio (rispettivamente: 2,3% e 2,4%); la Svezia, più del triplo (3,3%); la Finlandia, quasi il triplo (3,1%) e Israele, addirittura il quadruplo (4,2%). Per non parlare dei colossi extraeuropei: Giappone (3,3%), Corea del Sud (3%), Usa (2,7%).
(Fonte: Adnkronos 02-09-2011)
 
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