Ricerca. Colmare il gap tra produttore e consumatore |
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Ora che tutti invocano ricerca e innovazione si scopre che c'è scollamento tra offerta e domanda di capacità di fare ricerca. Molti corsi di dottorato andranno seriamente ripensati. Non mancano tuttavia iniziative che vanno nella direzione giusta. Telecom Italia ha annunciato il finanziamento di 95 borse di studio di dottorato già da quest'anno, il programma Fixo (azione 8) di Italia Lavoro ha individuato nel dottorato uno dei settori critici per l'avvicinamento al mondo del lavoro. La Regione Emilia Romagna ha siglato a luglio con le parti sociali e le università della regione una convenzione per l'utilizzo dello strumento dell'alto apprendistato per collegare dottorati e imprese, analoga iniziativa ha preso la regione Toscana, il programma Spinner ha finanziato borse di studio per progetti dottorali congiunti interateneo con prospettive di ricadute d’innovazione. C'è quindi una generale maggiore attenzione all'idea del ricercatore-innovatore e quindi alla necessità di colmare il gap tra produttore e consumatore di ricerca. (Fonte: D. Braga, Il Sole 24 Ore 05-09-2011) |
Ricerca. Il rapporto del CERIS-CNR |
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Stando all’ultimo rapporto del Ceris-Cnr 'Scienza & Tecnologia in cifre', commenta S. Rolfo, direttore del Ceris-Cnr, “l’affanno dell’Italia si manifesta anche nel settore brevetti, tradizionale indicatore della scienza applicata. L’Italia al 2009 ne vanta solo 3.376 rilasciati dall’Uspto (United States patent and trademark office), contro i 241.347 degli USA e i 78.794 del Giappone, mentre in Europa siamo lontani da Germania (23.608), Regno Unito (9.164) e Francia (8.046). Anche il numero dei ricercatori è critico. In Italia ne abbiamo 3,8 ogni mille occupati e siamo ben sotto alla media europea che si colloca sul 6,1”. “Se consideriamo la scarsità degli investimenti e le difficoltà del personale di ricerca”, conclude Reale, “l’Italia produce però ottimi risultati in campo scientifico, con un trend di produttività in costante crescita anche se recentemente si è registrata un’inversione di tendenza. Criteri e indicatori di valutazione che valorizzino l’internazionalizzazione potrebbero sicuramente rendere più efficacemente merito al lavoro dei nostri ricercatori oltre che aiutare ad attrarre nuovi investimenti”. (Fonte: Ceris-Cnr 05-09-2011) |
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Valutazione. Necessaria una norma generale |
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Due semplici concetti: chi aspira a una data posizione accademica deve avere requisiti almeno pari a quelli della metà superiore di coloro che già la occupano, garantendo così nel tempo il miglioramento della qualità media; chi si propone come «commissario» deve essere non inferiore a coloro che dovrà valutare. Per stabilire il possesso dei requisiti, si fa riferimento alle due procedure utilizzate nelle università di tutto il mondo, e cioè gli indicatori bibliometrici (numero delle pubblicazioni, numero di volte in cui sono state citate, continuità della produzione scientifica…) e il giudizio dei pari, che pur prendendo in considerazione le stesse variabili (su cos’altro dovrebbe fondarsi un giudizio di merito?), qualifica i riferimenti quantitativi, considerati non del tutto affidabili, soprattutto nei settori delle scienze umane e sociali. Si sono quasi immediatamente costituiti gli schieramenti contrapposti dei «quantitativi» e dei «qualitativi». Questi ultimi, in un clima da «pietà l’è morta», denunciano la scomparsa di criteri come la passione per la ricerca, la sopravvalutazione degli aspetti internazionali, e ancora, la meccanicità di criteri e indicatori che, nati in ambito tecnico-scientifico, sono di difficile applicazione in ambito umanistico e sociale. Verissimo: nessuno auspica che siano applicati degli automatismi riduttivi. Ma una norma generale che vogliamo serva a migliorare il sistema universitario non può essere disegnata sui casi eccezionali. È possibile che l’utilizzo degli indicatori lasci fuori un ottimo studioso «di nicchia», ma per contro riduce l’accesso di molti non meritevoli. È probabile che le più diffuse banche dati di indicatori bibliografici presentino dei limiti, ma la soluzione è che gli accademici italiani si diano da fare per costruirne di più affidabili, cosa che in verità molte società scientifiche stanno già facendo. Non si può sostenere la (in)validità di uno solo dei due sistemi senza tenere presenti anche i limiti dell’altro, ed esiste una corposa letteratura scientifica in merito. Intendiamoci: le commissioni sono e restano sovrane. Se riterranno di assegnare l’abilitazione scientifica a un docente che non ha i requisiti richiesti potranno farlo, ma dovranno motivare la loro scelta. (Fonte: S. Fantoni, Corsera 21-09-2011) |
Valutazione. Parla il presidente dell’ANVUR |
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L'insediamento dell'ANVUR (Agenzia di Valutazione dell'Università e della Ricerca) è stato accompagnato da numerosi interventi, alcuni costruttivi, altri aspramente critici. Tra quelli critici si segnalano gli interventi di Tullio Gregory sul Corriere della Sera del 10 settembre 2011 e sul Manifesto del 21 settembre 2011, di Andrea Cammelli sul Sole 24 Ore del 19 settembre 2011 e di Giorgio Israel su Tempi il 28 settembre 2011. Sulla natura e i compiti dell'ANVUR si legga l'intervista rilasciata dal prof. Fantoni nel n. 120 di "Universitas" e ripresa parzialmente in questo sito http://www.rivistauniversitas.it/Articoli.aspx?IDC=2262 . (Fonte: rivistauniversitas.it 28-09-2011) |
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