Sull’eventuale abolizione del valore legale della laurea. Un’indagine del Senato |
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La VII Commissione parlamentare del Senato (Istruzione pubblica, Beni culturali, Ricerca scientifica, Spettacolo, Sport) ha avviato da un paio di mesi un'indagine conoscitiva sugli effetti connessi all'eventuale abolizione del valore legale del diploma di laurea. È un tema che suscita sempre un dibattito accesso fra i fautori dell'abolizione e quelli del mantenimento del valore legale del titolo di studio. L'indagine del Senato, che ha avuto inizio il 4 maggio, ha visto l'audizione di una serie d'istituzioni protagoniste nel settore dell'istruzione superiore e di rappresentanti degli Ordini delle professioni. L'indagine ha la finalità di dare un contributo in termini di riflessione per una possibile futura legge sull'abolizione del valore legale del titolo di studi, obiettivo contenuto nelle Linee Guida per l'università (p. 11) stilate dal governo Berlusconi sin dal suo insediamento nell'aprile 2008.
Sono stati ascoltati: Marco Mancini, presidente della CRUI; Giovanni Bosi, consigliere del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (CNI), che si è dimostrato preoccupato da un’eventuale abolizione del valore legale se non accompagnata da misure che possano offrire garanzie di contenuto dei rispettivi titoli; Guido Alpa, presidente del Consiglio Nazionale Forense (CNF), secondo cui il valore legale del titolo di studio rappresenta ad oggi l'unica certificazione in grado di rafforzare i controlli sull'accesso all'università, sull'esame di laurea e sull'esame di Stato; Claudio Gentili, direttore per l'education di Confindustria, secondo cui sarebbe più corretto parlare di sostituzione del valore legale con rigorosi strumenti di certificazione e accreditamento, piuttosto che di mera abolizione; i rappresentanti di FLC CGIL, CISL Università, UIL P.A. - UR, CISAL Università, SNALS CONFSAL, UGL, ANDU, CNU, ADU, APU, CNRU, ADI, RDB-CUB, SUN, Rete29aprile e CONPASS che hanno presentato un comunicato unitario nel quale si schierano a favore del mantenimento del valore legale del titolo; i rappresentanti del CIPUR, dell'USPUR e del SAUR i quali, pur considerando che il valore legale del titolo ha subito una progressiva erosione e che la laurea non è lo strumento più efficace per selezionare i soggetti più preparati, ritengono che l'abolizione dello stesso debba essere sostituito da un programma accurato di accreditamento di corsi e facoltà; Andrea Lenzi, presidente del CUN, il quale ha posto in luce il fatto che il valore legale del titolo non sia sancito per legge, ma rilevi solo in via indiretta per l'accesso al pubblico impiego e alle professioni regolamentate, concludendo che l'eventuale abolizione venga accompagnata dall'introduzione di meccanismi di accreditamento, preferibilmente a carattere europeo; il ministro Gelmini (MIUR) che, ribadendo le linee programmatiche del Governo e basandosi sull'entrata in vigore della legge n. 240/2010 di riforma dell'università italiana, ha riferito che il dibattito tra abolizione o mantenimento del valore legale è un problema complesso che la riforma universitaria ha voluto affrontare con pragmatismo e concretezza, con una chiara strada da percorrere: sostituire al valore legale il valore sostanziale, cioè l'accertamento del merito, l'accreditamento.
Si veda il dossier del Servizio studi del Senato preparato appositamente per l'indagine onoscitiva della VII Commissione nell’url.
http://www.senato.it/documenti/repository/dossier/studi/2011/Dossier_280.pdf
(Fonte: D: Gentilozzi, rivistauniversitas luglio 2011) |
Nuove considerazioni in merito all’abolizione del valore legale della laurea |
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È un problema che a intervalli regolari ritorna prepotentemente a far parlare di sé. Il valore legale della laurea è una questione che divide gli esperti del settore e anche oggi, nel mezzo delle contestazioni alla riforma Gelmini per l'università, rimane di estrema attualità. Nel ddl recentemente approvato alla Commissione Istruzione del Senato e ormai pronto per l'esame dell'Aula, non dovrebbero esserci colpi di scena al riguardo: l'attuale maggioranza sta spingendo per l'approvazione di una serie di accorgimenti normativi che, seppur indirettamente, porterebbero ad una deregolamentazione dei titoli di studio.
In Italia, il valore legale comporta che la laurea sia un certificato pubblico, rilasciato in nome della legge dal ministero competente o da un'autorità accademica. Il motivo di tanta ostilità nei confronti del valore legale sta nel controllo statale sui curriculum universitari e sui corsi di studio, una mano pesante che ingesserebbe sia il mondo universitario che quello del lavoro. In altri paesi, come ad esempio il Regno Unito, non esiste il valore legale del titolo di studio, ma la verifica sul valore reale dei corsi di studio in grado di garantire l'idoneità professionale dei giovani è affidata ad un'agenzia indipendente, la Quality Assurance Agency. Intervistato da Affari&Finanza di Repubblica, Carlo Finocchietti, direttore del CIMEA - Centro Informazioni sulla Mobilità e le Equivalenze Accademiche, ha espresso il suo parere in merito al dibattito in merito allo sgretolamento del muro del valore legale anche in Italia. "Il valore legale della laurea si basa su due pilastri: uno è l'ordinamento didattico nazionale, che fissa le caratteristiche generali dei corsi di studio e dei titoli rilasciati; l'altro è l'esame di Stato, che accerta, nell'interesse pubblico generale, il possesso di determinate conoscenze e competenze. È in atto un progressivo depotenziamento del titolo di studio attraverso le varie riforme universitarie che diminuiscono il controllo statale sui corsi universitari, definiti ad oggi per il 40% dagli atenei. Aumentando in questo modo la diversità e la competizione tra università si sta creando un terreno fertile per una futura abolizione. Tuttavia il percorso non è semplice. Se si vuole abolire il valore legale del titolo di studio, si dovrebbe eliminare anche l'esame di Stato, passaggio obbligato previsto nella nostra Costituzione per esercitare una professione per le categorie protette come medici, ingegneri, avvocati ecc. È una strada molto delicata. Ritengo che siano davvero pochi coloro che vogliono liberalizzare totalmente, affidando ad enti esterni certificatori l'idoneità professionale. Credo, infine, che si procederà a piccoli passi, cercando di ottenere analoghi risultati senza stravolgere l'attuale assetto normativo". (Fonte: D.G., rivistauniversitas luglio 2011) |
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In questi giorni si discute in Parlamento la proposta dell’abolizione del valore legale del diploma di laurea, in seguito all’indagine conoscitiva del Senato dal titolo: “Effetti connessi all’eventuale abolizione del valore legale del diploma di laurea”. Se il parlamento dovesse procedere in questa direzione le lauree conseguite in Italia avrebbero un valore diverso a seconda della sede universitaria nella quale il titolo è stato acquisito. Per far sì che questo accada c’è però bisogno di mettere in piedi da zero un’agenzia indipendente che si occupi del monitoraggio, dell’accreditamento e di dare un punteggio ai vari corsi di laurea, in modo tale da avere una di classifica dei vari atenei. Questa classifica indicherebbe il “valore reale” della laurea e il suo peso nei concorsi pubblici. Per l’accesso agli ordini sarebbe differente a seconda dell’università in cui è stata conseguita. La misura è stata subito contrastata dai sindacati e dalle associazioni studentesche che fanno sapere che, l’abolizione del valore legale del titolo, potrà “incrementare le disuguaglianze sociali ed economiche”. Gli ordini professionali sono anche contrari. Confindustria e il presidente dei giovani industriali si sono detti invece favorevoli all’abolizione. Tutti i discorsi affrontati prescindono però dal contesto europeo. Se venisse percorsa la strada che Confindustria predilige si andrebbe incontro a situazioni quasi paradossali per cui una laurea presa a Palermo non avrebbe lo stesso valore di una laurea presa a Milano, ma in un concorso europeo avrebbe lo stesso valore di una laurea acquisita alla Sorbona. (Fonte: http://www.iljournal.it/2011/il-valore-della-laurea/247450 09-07-2011) |
A favore dell'abolizione del valore legale del diploma di laurea |
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Dell'abolizione del valore legale del diploma di laurea si parla in questi giorni in Parlamento, nell'ambito dell'indagine conoscitiva avviata dal Senato sul tema "Effetti connessi all'eventuale abolizione del valore legale del diploma di laurea". Il mondo economico considera il valore legale del titolo di studio ormai superato e spinge perché l'inutile orpello venga abolito quanto prima. Il mondo accademico, e non solo, è invece contrario e mette in guardia dalle ripercussioni di una simile scelta. Intanto, in Parlamento sono diverse le proposte di legge sull'argomento, tutte del centrodestra. Ma cosa vuol dire abolire il valore legale di un titolo di studio, laurea o diploma che sia? Perché un titolo di studio deve avere un valore legale? A spiegarlo in modo chiaro è lo stesso direttore Education di Confindustria, Claudio Gentili, ascoltato dalla commissione Cultura del Senato lo scorso 25 maggio. "Nelle intenzioni del legislatore, il valore legale del titolo di studio doveva essere un 'marchio di qualità' concesso dallo Stato alle università", che avrebbero dovuto "garantire ai cittadini la qualità della formazione universitaria". "I cittadini - continua Gentili - che si servono di professionisti, le imprese e il settore pubblico che assumono laureati sarebbero stati così garantiti sulla qualità delle competenze di quelle persone in base a curricula certificati". Ma, sempre secondo Confindustria, "il vero limite del valore legale sta nel suo uso formalistico che spesso ha ottenuto risultati opposti a quelli desiderati". Il neoeletto presidente dei giovani industriali, Jacopo Morelli, rilancia dalle pagine di un quotidiano: "La prima cosa che chiederemo è l'abolizione del valore legale del titolo di studio". Raccogliendo il consenso del sindaco di Firenze, Matteo Renzi, secondo il quale "bisogna togliere pezzi di casta e pezzi di carta". Ma come si fa a capire quanto vale, in effetti, una laurea sprovvista di valore legale? Occorre "un sistema di accreditamento - spiega Gentili - dei corsi di studio, svolto da agenzie indipendenti, che assicuri la verifica del 'valore reale' dei corsi di studio universitari". Una specie di rating degli atenei. (Fonte: La Repubblica Scuola 08-07-2011) |
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