Deciso l’importo minimo per gli assegni di ricerca post-Gelmini |
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Il ministero dell’Università ha firmato e inviato alla Corte dei conti il decreto sugli importi minimi degli assegni di ricerca per 16mila ricercatori. La somma minima sarà di 19.367 euro con validità per gli assegni banditi dal ministro Gelmini. Per questa ragione il provvedimento non comporta automaticamente il riallineamento al nuovo importo dei vecchi assegni banditi con normativa precedente, per i quali continuano a valere gli importi precedentemente pattuiti. Nel frattempo il Miur ha inviato ai rettori una nota per chiarire come interpretare la nuova legge per questi assegni banditi nel periodo “pre-Gelmini”. La nota specifica che gli assegni possono essere rinnovati se il rinnovo era previsto dal contratto originario. (30-04-2011Fonte) |
Riforma Gelmini: stato dei decreti attuativi |
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Qual è la situazione negli atenei italiani ad alcuni mesi dall’approvazione della normativa di riforma? Maria Stella Gelmini ha risposto durante il question time tenutosi alla camera il 13 aprile scorso: “Da parte del governo c’è la massima disponibilità ad adempiere tutti i provvedimenti previsti per favorire e completare l’attuazione della riforma entro sei mesi dall’entrata in vigore, e quindi dal 29 gennaio 2011”. Il ministro, inoltre, ha informato che fino a questo momento sono già stati approvati sei decreti attuativi. Si tratterebbe, nel dettaglio, delle norme: “sull’importo minimo degli assegni di ricerca, per la definizione dei criteri di attivazione delle convenzioni per l’attività di didattica e di ricerca dei professori e dei ricercatori, sui criteri per la mobilità interregionale di professori di corsi e sedi soppresse, per la definizione dei settori concorsuali, per la definizione della corrispondenza per la chiamata di studiosi impegnati all’estero e per il trattamento economico del Direttore generale”. Guardando oltre al già fatto, il ministro ha prefigurato quel che dovrebbe accadere nel prossimo futuro, assicurando che tutti gli altri provvedimenti necessari sono in fase di lavorazione – di cui cinque addirittura allo stadio finale – e che solo per quattro provvedimenti ci si trova in uno stato di empasse dovuto all’attesa del parere dell’Anvur, agenzia che ha visto riunirsi il proprio vertice appena nominato solo il 20 aprile. (28-04-2011 Fonte) |
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Stando ai nuovi criteri stabiliti per la ripartizione dei fondi tra le università, la percentuale di studenti fuori corso è un fattore che incide negativamente: più alta è la quota di studenti non in regola con gli esami, meno fondi riceverà l’ateneo. Ma fatta la legge, trovato l’inganno. Il provvedimento, intenzionato a migliorare l’efficienza delle università, in alcuni casi è andato a detrimento degli studenti: certe università hanno emanato provvedimenti “retroattivi” di decadenza dagli studi. Era lo scorso giugno quando l’università di Cagliari sancì per i fuoricorso del vecchissimo ordinamento (ante 1999) la decadenza dagli studi al raggiungimento del doppio della durata legale del corso di studi (agli iscritti agli altri ordinamenti tocca la stessa sorte dal 2012). Sull’altra isola, all’università di Palermo hanno approvato un provvedimento analogo il 18 gennaio scorso, stabilendo nel “doppio della durata legale più uno” il limite massimo di anni entro cui arrivare al termine degli studi per sperare nell’agognato “pezzo di carta”. (28-04-2011 Fonte) |
Dibattito sul numero chiuso a Medicina in Lombardia |
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Il numero chiuso nelle facoltà di medicina e chirurgia ha spaccato in due il mondo dei camici bianchi: da un lato quelli d'accordo con la Regione Lombardia che vuole eliminarlo e dall'altra i conservatori, che invece chiedono di mantenerlo. Poi c'è la fazione di chi, più realisticamente, suggerisce di ampliarlo in base alle esigenze dei prossimi anni. Alla base del dibattito c'è la necessità di rimpolpare le fila dei medici in corsia. Infatti, in base alle previsioni del Pirellone, nel 2015 negli ospedali mancheranno 7.600 medici, due su cinque di quelli in servizio nel 2010. E bisogna trovare il modo di garantire un ricambio generazionale adeguato, arruolando un numero di matricole proporzionato rispetto al numero di medici che andranno in pensione nei prossimi anni. Il presidente Roberto Formigoni ha chiesto alle università di eliminare il numero chiuso. E l'assessore alla Sanità Luciano Bresciani ha lanciato una proposta: permettere agli ospedali privati o alle aziende farmaceutiche di pagare gli studi ai ragazzi. In questo modo, oltre alle matricole che superano il tradizionale test d'ingresso, ci sarebbero altri medici che non graverebbero sui costi dello Stato con nuove rette ma che sarebbero finanziati dai loro futuri datori di lavoro. In queste settimane gli atenei lombardi stanno calcolando quanti studenti in più potrebbero accogliere, quante aule in più potrebbero realizzare e quanto costerebbe ampliare il numero di studenti. Entro l'estate consegneranno tutte le informazioni all'assessorato regionale alla Sanità e da lì si comincerà un ragionamento per studiare un piano anti numero chiuso. (Fonte: Il Giornale Milano 04-05-2011) |
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