Il MOOT, la competizione di diritto dell’arbitrato internazionale che laurea la migliore università di legge |
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E’ terminato, dopo una settimana di confronti tra quattro studenti per ciascuna delle 260 università di legge provenienti da 65 paesi, il MOOT, la competizione di diritto dell’arbitrato internazionale che laurea come migliore università di legge per l’anno 2011, l’Università di Ottawa (Canada). Il MOOT (an Old English language, Anglo-Saxon, term for meeting) è nato per iniziativa dell’ONU e si occupa attraverso l’UNCITRAL di diffondere nel mondo della Convenzione di Vienna per la soluzione in sede arbitrale delle controversie commerciali. Quest’anno vi hanno partecipato tra le altre: 52 università USA, 21 Tedesche, 17 Inglesi, 13 francesi, 8 Svizzere, 8 Australiane, 6 Russe, 5 Spagnole e 2 Italiane: la Bocconi di Milano e il Politecnico di Torino. Hanno fatto meglio di noi India (14) Brasile (12) Korea (8) Polonia Olanda e Ucraina (5 a testa), Mexico Finlandia Giappone e Turchia (3 a testa). Il MOOT si svolge ogni anno a Vienna e riunisce i migliori studenti e neolaureati in legge delle università e delle Scuole di formazione per avvocati del Mondo: Yale, Harward, London school of Enonomics, University of Munich, University of Berlin, Paris bar School, University Parsi 1 Pantheon Sorbonne. La competizione prevede l’accesso a Vienna solo dopo una prima scrematura internazionale all’esito del confronto su un caso giuridico (quest’anno la compravendita di una partita di gamberetti con pregiudiziale di incompatibilità per un arbitro per collegamento con una delle parti). A Vienna arriva l’eccellenza dell’eccellenza studentesca delle scuole giuridiche, le quali si confrontano una volta assumendo il ruolo di parte attrice e la successiva quella di convenuto. Al termine di una prima fase a gironi passano le 64 università che hanno ricevuto il miglior punteggio. Poi gli scontri diretti fino alla finale: quest’anno tra Università di Ottawa e l’Università di Montevideo (che aveva eliminato la Bocconi di Milano agli ottavi finale). (Fonte: L’occidentale 29-04-2011) |
La barriera per le ”Top Universitiy” degli Stati Uniti non è la razza, ma la classe |
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Solo pochi giorni fa in Gran Bretagna il primo ministro David Cameron lamentava la scarsa presenza di studenti di colore nel prestigioso ateneo di Oxford. Oggi però sull’altra sponda dell’Atlantico appare chiaro che non è solo una questione di colore della pelle, né di opportunità o borse di studio: è la classe di reddito la vera barriera all’accesso alle “top universities” americane, anche attraverso una sorta di “autocensura”. Con un costo annuo che si aggira sui 52mila dollari, ad esempio, la Washington University fatica non poco nella caccia agli studenti di talento provenienti da famiglie economicamente svantaggiate. Il superselettivo ateneo privato dispensa ogni anno quasi 70 milioni di dollari in borse di studio, di cui beneficiano il 60 per cento dei suoi studenti. Ma, nonostante l’attività di orientamento dell’ateneo tenti di raggiungere anche gli ambienti sociali più poveri, solo il 6 per cento dei suoi 8.500 studenti beneficia del cosiddetto Pell Grant, un finanziamento che spetta agli studenti meritevoli la cui famiglia guadagni meno di 40.000 dollari l’anno. Una percentuale che negli ultimi anni invece che aumentare, è andata diminuendo. “Il problema è sempre quello: si iscriveranno?”, dice il prorettore che si occupa delle ammissioni. Questa barriera “invisibile” non è un problema che riguarda sono l’Università di Washington, tutte le università pubbliche e private di un certo livello si trovano a farci i conti. Gli esperti sono concordi nel suggerire che, quando si tratta di scegliere l’università, è la classe, non la razza, a fare da spartiacque e in generale, pare che gli sforzi di incoraggiare l’accesso alla formazione universitaria per gli studenti meno abbienti abbia maggior successo quando si tratta di università e college locali e meno selettivi. (01-05-2011 Fonte) |
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L’utilizzazione dell’E-Learning in Europa |
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L'Agenda digitale europea, una delle iniziative faro della Commissione europea per la Strategia Europa 2020, considera l'e-learning una componente importante della società informatica in relazione alle molteplici opportunità offerte dagli strumenti online, molte delle quali si rivolgono in modo diretto anche nel campo dell'istruzione e formazione personale. Una recente informativa del CEDEFOP che riassume i dati dell'indagine EUROSTAT sull'utilizzo del web nei 27 Paesi membri (Eurostat Community Survey on ICT usage in households and by individuals), ha evidenziato come la partecipazione ai corsi online non sia troppo diffusa (5% della popolazione UE nel suo complesso) e soprattutto come, nonostante gli incoraggiamenti, progredisca ancora lentamente (+ 2% rispetto al 2007). Più consolidato appare l'utilizzo di internet per attuare forme di autoapprendimento (32% della popolazione UE), con una crescita di quasi 10 punti percentuali rispetto alla precedente rilevazione del 2007. Altrettanto rilevante è risultata la consistenza (23%) di coloro che hanno fatto costantemente ricorso alle nuove tecnologie per cercare informazioni sulle possibilità o sulle modalità formative esistenti.
La Finlandia ospita la quantità più elevata di utilizzatori (14 % della popolazione totale), seguita dalla Spagna e dalla Lituania (8%) e dalla Svezia e Regno Unito (7%). Maglia nera dell'ideale graduatoria la Repubblica Cecoslovacca (1%), di poco preceduta da Bulgaria, Grecia, Austria, Polonia e Portogallo (2%).
La fotografia europea conferma pienamente la situazione italiana, evidenziata dall'ultima indagine dell'ISTAT dal titolo Cittadini e nuove tecnologie. Analizzando le motivazioni di chi ha utilizzato internet nel 2010 rispetto all'anno precedente, l'Istat ha rilevato come - nel periodo - sia aumentata di mezzo punto percentuale la quota di coloro che vi hanno fatto ricorso "per cercare informazioni su attività d'istruzione ovvero su corsi di qualunque tipo" (36% in totale, con un picco del 51% nella fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni e con una prevalenza femminile pari al 39,3% rispetto a quella maschile del 34,1%), mentre l'utilizzo "per apprendere" è stata in larghissima misura (72%) prerogativa dei giovani in età 15/24 anni, per i quali ha rappresentato la funzione più diffusa dopo quella della comunicazione via posta elettronica. (27-04-2011 Fonte) |
In crescita negli stati del Golfo la E-University |
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Negli stati del Golfo persico sta aumentando il fenomeno delle e-university, grazie a nuovi progetti finalizzati a migliorare il trasferimento tecnologico facilitando l'accesso alla conoscenza. Tali atenei si fondano sul concetto dell'apprendimento web based che, nonostante i seri problemi infrastrutturali, pare rivelarsi molto efficace, secondo il report 2010 della settima Conferenza internazionale sull'e-Learning per una società basata sulla conoscenza. La conferenza ha promosso di recente lo sviluppo di quattro università virtuali: la prima e-University asiatica del Bahrain; la Hamdan Bin Mohamed e-University, con base negli Emirati arabi uniti; la Arab Open University, in Kuwait; la Arab Gulf Virtual University. Promossa dall'Unesco, l'Arab Open University è ad oggi la principale open university di lingua araba. Possiede campus regolarmente autorizzati a rilasciare diplomi negli Stati del Golfo arabo, Egitto, Giordania e Libano. Infine l'Arab Gulf Virtual University si propone di agire quale centro di eccellenza regionale per l'istruzione, la formazione e l'apprendimento, al fine di consentire alle università nella regione del Golfo di condividere le risorse, la conoscenza e l'expertise. (15-04-2011 Fonte: University World News n. 165) |
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