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28 Marzo
La valutazione della ricerca nelle Scienze Sociali PDF Stampa E-mail
La valutazione della ricerca nelle scienze sociali, a cura di Alberto Baldissera, Bonanno editore, Acireale-Roma 2009. E’ questo un buon libro proprio perché oltre alla valutazione della ricerca aiuta a capire altre questioni valutative di grande interesse per tutti. Semplificando molto: la prima più ampia parte del volume dedicata ai “tipi di valutazione” della ricerca scientifica discute, in interventi di autori diversi, due principali approcci alla valutazione della ricerca: la peer review e il conteggio delle citazioni (ci sono anche altri spunti, naturalmente, ma sul piano del metodo questi due approcci sono trattati in misura maggiore). Tutti conosciamo superficialmente questi approcci, ma la ricca discussione a più voci ne mette chiaramente in evidenza limiti intrinseci e problemi operativi con una completezza e con argomentazioni decisamente interessanti. Prego i miei lettori di notare che ciò che noi – non specialisti di valutazione della ricerca scientifica – impariamo qui è decisamente importante, se solo trasferiamo alcune delle considerazioni relative alla peer review al ridondante mondo delle tecniche basate sui gruppi, e il conteggio delle citazioni (e altre analoghe procedure) alle tecniche di lettura e analisi dei documenti (un settore metodologicamente assai minoritario ma non per questo non interessante). La seconda parte del volume propone poi esperienze specifiche e settoriali che completano il volume. (Fonte: Valutazione.it febbraio 2011)
 
Scopus - What is it? PDF Stampa E-mail

Scopus è una banca dati citazionale, curata dall’olandese Elsevier, che indicizza oltre 18mila riviste ’’peer reviewed’’ pubblicate da oltre 5mila editori, 350 collezioni di libri, circa 3,6 milioni di conference papers. Creata in collaborazione con centinaia di utenti e bibliotecari di tutto il mondo, contiene oltre 38 milioni di record di cui circa la metà hanno copertura retrospettiva fino al 1996. Tra le sue principali funzionalità Scopus consente di:

-       ottenere l’H-Index (proposto nel 2005 da Jorge E. Hirsch della University of California di San Diego), un indicatore bibliometrico che misura l’impatto degli autori all’interno
        della comunità scientifica di riferimento, in base al numero delle pubblicazioni e al numero di citazioni ricevute;

-       effettuare l’analisi citazionale degli autori e delle relative pubblicazioni (attraverso il Citation Tracker);

-       effettuare la ricerca e l’analisi del profilo degli autori e affiliazioni di appartenenza.

Per tipologia e finalità Scopus è un database paragonabile quindi a Web of Science e risponde ugualmente sia alle esigenze di ricerca bibliografica, sia a quelle di valutazione della ricerca scientifica. Grazie all’accordo tra Elsevier e la CRUI, l’accesso alla banca dati è permesso a tutti i ricercatori delle università pubbliche italiane.
(Fonte: http://www.unica.it/pub/7/show.jsp?id=14657&iso=96&is=7 26-03-2011)
 
Sintesi del XIII rapporto AlmaLaurea presentato alla conferenza internazionale "Capitale umano e occupazione nell'area europea e mediterranea" PDF Stampa E-mail

Organizzata dall'Università di Bologna e dal Consorzio AlmaLaurea (10-11 marzo). L’obiettivo della Conferenza è stato promuovere lo scambio di conoscenze interdisciplinari, informazioni ed esperienze tra laureati, ricercatori, imprese, università e governi.

Il nuovo Rapporto AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei laureati italiani ha coinvolto 400mila laureati, con una partecipazione elevatissima degli intervistati: 90% fra i laureati a un anno. Si tratta di laureati del 2009 (oltre 113mila di primo livello; 48.500 biennali specialistici; oltre 13mila a ciclo unico, ovvero i laureati in medicina e chirurgia, architettura, medicina veterinaria, giurisprudenza) intervistati nel 2010, a un anno dal conseguimento del titolo; laureati del 2007, intervistati dopo tre anni – per la prima volta sono indagati 30.355 laureati biennali specialistici a distanza di tre anni dal titolo; laureati del 2005, intervistati dopo cinque anni (pre-riforma). L’intera documentazione, disaggregata per Ateneo, Facoltà fino all’articolazione per corso di laurea, al fine di consentire una sua più diffusa utilizzazione per la verifica dell’efficacia esterna dell’università, è a disposizione in www.almalaurea.it.
(Fonte: A. Cammelli, Sintesi del Rapporto 28-03-2011)
 
Laureati e lavoro nella crisi economico-finanziaria PDF Stampa E-mail

La crisi economico-finanziaria ancora in atto, che continua a ripercuotersi in modo particolare sui giovani, ha avuto un forte impatto sul mondo del lavoro, riducendo da un lato le possibilità di occupazione, dall'altro i guadagni. L'Italia è ancora lontana dall'obiettivo del 40% di laureati entro il 2020 individuato dalla Commissione Europea e il calo di iscritti nelle nostre università corrisponde anche al calo demografico registrato negli ultimi anni. Come emerso dal XIII Rapporto AlmaLaurea, in Italia i diplomati hanno maggiori difficoltà a trovare un'occupazione rispetto ai laureati (il rapporto è di 66 a 75 su 100). A un anno dal conseguimento del titolo diminuiscono i contratti di inserimento e il lavoro atipico, ma aumenta il lavoro nero. Dopo 3-5 anni i guadagni si contraggono (ma i laureati guadagnano più dei diplomati, nella proporzione di 155 a 100), anche se i tassi di occupazione sono relativamente buoni; dal 2000, in assoluto, i tassi di occupazione dei laureati a cinque anni dal titolo sono costantemente calati e anche il guadagno è in calo del 9,1%. In linea generale, l'85% dei laureati si orienta verso il settore privato, mentre il 15% trova impiego nel settore pubblico. Il master e lo stage costituiscono un valore aggiunto che non ha perso convenienza ai fini dell'occupazione e della retribuzione.

Differenze sensibili emergono anche tra le varie aree: il tasso più alto di occupazione spetta ai laureati del gruppo medico (che sfiorano il 100% già a un anno dal titolo), seguiti dai gruppi architettura, economico-statistico e ingegneria (che raggiungono l'85% circa di occupati a tre anni dalla laurea). La quota di occupati dei gruppi geo-biologico, chimico-farmaceutico e giuridico resta invece inferiore alla media.
(Fonte: I. Ceccarini, universitas 03-2011)
 
In calo matricole e laureati PDF Stampa E-mail
Tutte le facoltà perdono iscrizioni (-5% nell’ultimo anno, -9,2% negli ultimi 4) - anche se le scientifiche tengono meglio - e il Sud e il Centro Italia soffrono di più rispetto al Nord. A fotografare il poco confortante scenario dell’istruzione superiore in Italia (in controtendenza gli atenei privati che registrano un aumento delle immatricolazioni del 2% assorbendo il 6,6% degli immatricolati totali) sono due rapporti, uno realizzato dal CUN (Consiglio universitario nazionale), l’altro elaborato dal consorzio AlmaLaurea, entrambi presentati oggi nella sede della CRUI. Sul banco degli imputati certamente c’è la crisi economica - per molte famiglie mantenere un figlio all’università è diventato un costo insostenibile - ma non solo. «Manca un’efficace politica di orientamento nelle scuole superiori che sventi il rischio di avere una massa di giovani di serie B rispetto agli altri Paesi» ha spiegato il presidente del CUN Andrea Lenzi puntando l’indice anche contro una campagna mediatica che non ha giovato al settore (si continua a dire troppi laureati, non trovano lavoro ecc...). E sicuramente gli investimenti in istruzione non fanno onore al nostro Paese: fra i 28 paesi dell’Oecd, infatti - ha sottolineato il presidente di AlmaLaurea, Andrea Cammelli - il finanziamento italiano, pubblico e privato, in istruzione universitaria è più elevato solo di quello della Repubblica Slovacca e dell’Ungheria (l’Italia vi destina lo 0,88% del Pil, contro l’1,07 della Germania, l’1,27 del Regno Unito, l’1,39 della Francia e il 3,11 degli Stati Uniti). Insomma, per dirla con le parole del rettore della Sapienza, Luigi Frati, presente stamani in CRUI, si brucia il futuro dei giovani e del Paese se si continua a investire in comunità montane inutili piuttosto che in istruzione e ricerca. Quali che siano le cause, l’università ha perso appeal. Lo dimostra il fatto che pur essendo aumentati i diplomati delle scuole superiori - +0,9% nel 2010 - si sono iscritti in meno all’università: il 62%, contro il 66% del 2009, il 65% nel 2008 e il 68% nel 2007. Eppure la laurea continua a «pagare»: i laureati presentano un tasso di occupazione di oltre 11 punti percentuali maggiore rispetto ai diplomati (77 contro 66%) e anche la retribuzione premia i titoli di studio superiori: è più elevata del 55% rispetto a quella percepita dai diplomati. Cionondimeno è indubbio che, anche se un po’ meno rispetto all’anno passato, i laureati fanno ancora fatica a trovare lavoro dopo aver messo in tasca il titolo di studio.
(Fonte: La Stampa 07-03-2011)
 
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