Home 2011 26 Febbraio
26 Febbraio
Redazione degli statuti anche “a dispetto dello spirito della legge” PDF Stampa E-mail
Il segretario della FLC(Federazione Lavoratori della Conoscenza)-Cgil ha indirizzato a tutti i rettori delle università italiane una lettera nella quale si augura che la stesura degli Statuti, imposta dalla Legge Gelmini, sia interpretata come "momento fondativo" in grado di riaffermare il "carattere democratico" della comunità universitaria. In pratica si chiede di estendere a tutti gli atenei il metodo già approvato all'università di Trieste, garantendo che la commissione per la riforma dello Statuto sia eletta (prima di essere "nominata dal Rettore", com'è previsto nel testo del ddl). La definizione dei nuovi statuti rappresenta un passaggio delicato e importante, capace di ravvivare gli strumenti di autogoverno della comunità universitaria e consolidarne il carattere democratico. E’ proprio questa, a parere della FLC-Cgil, la sfida che ci consegna il drammatico contesto nel quale gli Atenei sono costretti a rivedere i propri statuti: fare di questo passaggio, a dispetto dello spirito della Legge, un’opportunità di rinnovamento, di qualificazione e di riforma democratica del sistema.
(FLC-Cgil 26-01-2011)
 
Redazione degli statuti secondo la legge PDF Stampa E-mail
Le modifiche statutarie sono predisposte “da apposito organo istituito con decreto rettorale, composto di quindici componenti, tra i quali il rettore con funzioni di presidente, due rappresentanti degli studenti, sei designati dal senato accademico e sei dal consiglio di amministrazione”. A fronte della pur chiara norma della L. 240/10, si è sviluppato nel senato accademico dell'Università dell'Aquila un dibattito sulle modalità di scelta dei membri di tale commissione. A chi, in ragione della “funzione costituente” cui sarebbe chiamata la commissione, sosteneva l'opportunità (se non la necessità) d’indizione di elezioni, si è replicato che: 1) è erronea la premessa iniziale secondo cui tale commissione svolgerebbe una “funzione costituente”: la commissione svolge solo funzione istruttoria di predisposizione per il SA e per il CDA delle modifiche statutarie imposte dalla legge di riforma; 2) la commissione non gode di assoluta discrezionalità nella scrittura delle modifiche statutarie giacché trova, proprio nella legge di riforma, direttive e criteri molto stringenti (dal numero minimo di docenti per la costituzione di un dipartimento, alla composizione e alle funzioni di consiglio di amministrazione e senato, ecc.); 3) la disposizione legislativa in questione non parla per niente di “elezione” dei membri (che invece sono “designati” dal SA e dal CDA) e l'eventualità (non prevista, ma neppure esclusa dalla disposizione in oggetto) di un’elezione di tali membri avrebbe introdotto un elemento disfunzionale in ragione proprio della funzione istruttoria assegnata alla commissione. Le modifiche statutarie proposte dalla commissione dovranno, infatti, essere oggetto di deliberazione del CDA e del SA; una legittimazione di tipo elettorale di tale commissione finirebbe per contrapporre quest'ultima ai due organi competenti (SA e CDA) in caso di emendamenti che questi volessero introdurre. L'investitura elettorale di un organo istruttorio si pone, infatti, in netto contrasto con la funzione (istruttoria appunto) al medesimo assegnata, giacché pone le premesse di una contrapposizione irriducibile di legittimazione fra lo stesso e l'organo decidente che in un secondo momento è chiamato ad adottare la relativa decisione.
(Nota ufficiale dei docenti dell’Aquila 27-01-2011)
 
Criticità legate alla riforma Gelmini secondo Confindustria PDF Stampa E-mail
Il presidente della commissione cultura di Confindustria punta il dito contro i molti passaggi necessari per l'attuazione della riforma Gelmini sospendendo però giudizi di merito sul nuovo dispositivo: «È ancora presto per dire se si tratta di una buona riforma. Da alcuni è stata definita epocale, da altri irrilevante; credo che occorrerà aspettare almeno i dodici mesi lasciati ai 49 provvedimenti delegati e all'auspicabile reperimento di risorse a sostegno del provvedimento per arrivare a un giudizio definitivo». L'altro aspetto potenzialmente critico riguarda l'ANVUR, l'agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca: «Il primo segnale non è positivo - osserva Laterza - perché subito ci si è preoccupati dell'appartenenza politica dei componenti dell'agenzia, quasi fosse più importante della loro competenza tecnica e professionale. Speriamo che non si crei un altro carrozzoncino politico». C'è poi il problema delle risorse finanziarie, che andranno in qualche modo reperite, «perché non si possono fare le nozze con i fichi secchi», e infine il merito, che di per sé è soltanto una bella parola «se non si trovano i parametri giusti per determinarlo».
(Il Sole 24 Ore 25-01-2011)
 
La riforma dell’università dimezza i CDA PDF Stampa E-mail
Finora l'eccezione era una sola, la Statale, dove tra i quattro componenti esterni del CDA rientrava anche un rappresentante della Fondazione Cariplo. Nelle altre università lombarde, invece, consigli di amministrazione off limits per i privati: 145 componenti in tutto per i sette atenei pubblici regionali, 24 i membri non accademici ma tutti in rappresentanza di comuni, province, camere di commercio, MIUR e regione; con la sola eccezione, appunto, del sodalizio Cariplo-Statale. Adesso, con la riforma Gelmini si cambia: sei mesi di tempo per redigere nuovi statuti, consigli ristretti a un massimo di 11 poltrone e spazio ad almeno tre componenti «laici», che - stando almeno alle dichiarazioni di principio della legge - saranno privati, «personalità italiane o straniere di comprovata competenza» provenienti dal mondo della ricerca o dell'impresa. La legge Gelmini fissa come tetto massimo per i CDA 11 componenti, un vincolo che nei sette atenei pubblici lombardi porterà alla riduzione di 68 posti: da 145 si scenderà a 77 consiglieri totali. Ma la sfida è duplice. Perché se da un lato la riforma impone di asciugare l'organo, dall'altro consente di aprirlo a figure che finora non si erano mai viste in università, vale a dire le imprese. Il tema è delicato e i contrasti interni sono spesso violenti, ma l'attenzione è concentrata in modo particolare sulle imprese diventate partner (e finanziatori) strategici d'ateneo, e alla possibilità di consolidare i legami assegnando un posto in CDA a imprenditori o manager.
(Il Sole 24 Ore Lombardia 26/01/2011)
 
La presenza di membri non accademici nei CDA PDF Stampa E-mail
La presenza di membri non accademici in Consiglio di amministrazione potrà essere utile, ma dipenderà da chi saranno costoro. La L. 240/10 affida agli statuti di ciascun ateneo l'individuazione delle modalità di scelta di questi consiglieri, limitandosi a dire che dovranno essere "personalità italiane o straniere in possesso di comprovata competenza in campo gestionale ovvero di un'esperienza professionale di alto livello con una necessaria attenzione alla qualificazione scientifica culturale". Non sarà una scelta facile. Ma guai se si finisse con il cooptare qualche politico locale "decotto" o magari "trombato" alle ultime elezioni, oppure qualche imprenditore burbanzoso, convinto di saper lui come sistemare le cose, quasi che un'università fosse assimilabile a un'azienda qualunque. Meglio sarebbe stato, come autonomamente ha fatto già qualche ateneo come Padova, costituire un terzo organo di governo degli atenei, una vera e propria consulta formata di rappresentanti della società civile, con compiti non direttamente decisionali, ma di supporto alle determinazioni degli organi collegiali delle università composti da chi nelle università ci ha passato e ci passa la vita. Sarebbe un prezioso contributo soprattutto se riuscisse a essere motivatamente critico di scelte talvolta discutibili degli organi accademici. E in questo modo si salverebbero entrambe le esigenze, quella di una presenza di rappresentanti della società civile, e quella dell'autonomia degli atenei, senza rischi di pasticciate "cogestioni".
(V. Milanesi, Il Mattino 28-01-2011)
 
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