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25 Gennaio
Il ricercatore universitario a tempo pieno non può svolgere anche la professione di avvocato PDF Stampa E-mail
Le Sezioni Unite della Cassazione Civile, con sentenza n. 389 dell'11 gennaio 2011, hanno affermato che "per i ricercatori confermati, come per i professori universitari, l'incompatibilità allo svolgimento di attività libero-professionali sia esclusa solo in caso di opzione per il tempo definito, mentre sussiste in caso di opzione per il tempo pieno". La Suprema Corte, rigettando il ricorso di un avvocato - inserito dal Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Roma nell'elenco speciale dei professori universitari a tempo pieno, cancellandolo da quello ordinario avendo egli, quale ricercatore confermato, optato per il tempo pieno ritenendo tale opzione incompatibile con l'esercizio della professione forense -, precisa che l'interpretazione del D.L. n. 57 del 1987 (come convertito nella L. n. 158 del 1987) per quanto riguarda l'incompatibilità all'iscrizione ad albi professionali va compiuta nel quadro sistematico del complesso normativo nel quale la norma s'inserisce e anche con riferimento al D.P.R. n. 382 del 1980 (sul riordinamento della docenza universitaria). I Giudici di legittimità sottolineano che sebbene nel testo dell'articolo 1 del D.L. 57/1987 (disposizioni urgenti per i ricercatori universitari) non vi sia un espresso riferimento all'incompatibilità per i ricercatori universitari confermati a "tempo pieno" con l'esercizio di attività libero-professionali e quindi con l'iscrizione negli albi che le legittimano, essa emerge in modo inequivoco dal disposto del comma 5 bis, introdotto dalla legge di conversione, che fa esplicito riferimento all'esercizio, entro il termine ivi prescritto, dell'opzione fra "tempo pieno" e "tempo definito" per ottenere la sanatoria delle "pregresse situazioni d'incompatibilità con l'ufficio di ricercatore, previste dal D.P.R. n. 382 del 1980, art. 34". Detta norma manifesta in modo univoco la volontà del legislatore di considerare solo in caso di opzione per il "tempo definito" l'esercizio professionale compatibile con la qualifica di "ricercatore confermato" e l'eventuale situazione d'incompatibilità sanabile prevedendo anche per i ricercatori confermati - come già per i professori universitari - la possibilità di opzione per un regime di tempo definito e considerando coessenziale al regime del "tempo pieno" l'incompatibilità con l'esercizio di attività libero-professionali.
(L.S., studio cataldi 14-01-2011)
 
Assunzioni e decreto milleproroghe PDF Stampa E-mail

Nel decreto c.d. Milleproroghe per gli atenei viene prorogata la possibilità di assumere nel limite del  50% della spesa risultante dal turn over potendo destinare il 60% di questa somma ai ricercatori e per una quota non superiore al 10% all'assunzione di professori ordinari. Il decreto c.d. Milleproroghe riguarda il rapporto AssegniFissi/FFO relativo all'anno 2011, cioè quello che sarà realizzato al 31/12/2011. A norma di legge, chi supererà quota 90%, cioè quasi la totalità delle università, non potrà procedere per l'anno successivo all'assunzione di personale a tempo indeterminato né indire nuovi concorsi (sempre a tempo indeterminato). Com’è noto, inoltre, il ruolo del ricercatore a tempo indeterminato è stato messo ad esaurimento dalla legge Gelmini. Pertanto:

1. L'assunzione dei vincitori dei concorsi già banditi (I e II sessione 2010) è comunque in larga parte fatta salva, sia perché fa fede il rapporto AF/FFO del 2010 (quando si applicavano gli sconti) sia perché si tratta per la maggior parte di "posti Mussi" totalmente finanziati.

2. L'indizione di bandi da ricercatore, che d'ora in poi saranno a tempo determinato, non è influenzata dal fatto che il rapporto AF/FFO sia superiore al 90%.

3. Le sole categorie che, di fatto, avranno conseguenze dalla mancata proroga degli sconti saranno quella dei professori associati e quella dei ricercatori. Infatti non appena partirà l'abilitazione nazionale, ai già tanti idoneati in cerca d'assunzione, si aggiungeranno altre migliaia di idoneati ad associato o ordinario, i quali vorranno tutti progredire in carriera. Ora però la mancata applicazione degli "sconti" farà sballare i conti: quasi tutte le università saranno sopra il 90% e non sarà possibile fare promozioni di carriera (a meno che la legge non venga cambiata). A quel punto le università potranno esclusivamente bandire concorsi da ricercatore (a tempo determinato). Si noti che perfino il piano triennale di assunzioni di professori associati potrebbe essere in forse, qualora si preveda un cofinanziamento (questo ancora non è chiaro). Infatti a queste chiamate non si applicano le restrizioni della 133 ma, in teoria, si dovrebbero applicare le restrizioni dovute allo sforamento del rapporto AF/FFO (sempre che i posti non siano totalmente finanziati).

Nota a margine: supponiamo che una università bandisca un concorso da ricercatore con stanziamento per l’eventuale assunzione come professore associato. Se alla scadenza del contratto il ricercatore consegue l'abilitazione nazionale, supera l'ulteriore verifica da parte del suo ateneo, ma ha la sfortuna di lavorare per una università che, proprio quell'anno, ha sforato il tetto del 90% ... ebbene cosa ne sarà di questo ricercatore? Questo sempre ammettendo che qualche università ne bandisca qualcuno... (mino, NFA 02-01-2011)
 
Gli stanziamenti al sistema universitario previsti dalle leggi finanziarie PDF Stampa E-mail
La Federazione Lavoratori della Conoscenza Cgil ha ricostruito analiticamente tutti i tagli subiti dall'università dal 2008 al 2010 e ha fatto una proiezione per il triennio 2011-2013. In due tabelle gli stanziamenti al sistema universitario previsti dalle leggi finanziarie. La prima riguarda i finanziamenti che confluiscono nell’FFO, la principale fonte di entrata per le università statali, che rappresenta la somma delle risorse stanziate dallo Stato ogni anno per il funzionamento del sistema accademico; la seconda riguarda le altre principali voci di spesa del sistema universitario: Centri Universitari Sportivi (CUS); piano triennale di sviluppo; diritto allo studio; alloggi per gli studenti. I dati esposti partono dal 2008 perché gli effetti della programmazione triennale dei finanziamenti stabiliti in quell'anno si esauriscono nel 2010. La tabella sul FFO espone anche il totale delle assegnazioni effettive a favore delle Università e delle Scuole Speciali che è sempre inferiore alle disponibilità teoriche riportate nelle leggi di finanziamento. Il FFO del 2008 espone un valore complessivo di 7.419 Ml € come somma delle risorse stanziate nella tabella C della legge di finanziamento (L. 244/07) e delle risorse aggiuntive della stessa legge, programmate per il triennio 2008-2010, con vincoli di destinazione:assegni di ricerca; accrescimento dell'efficienza del sistema universitario; dottorati di ricerca. Rispetto a questo valore sono stati calcolati i decrementi percentuali conseguenti ai finanziamenti degli anni successivi. Terminato l'effetto degli stanziamenti triennali del 2008 (598 Ml €/anno) e del 2010 (998 Ml €), il sistema universitario dal 2011 deve fare i conti con gli ulteriori tagli lineari del 10% (circa 700 Ml €) previsti dalla legge di stabilità sugli stanziamenti dell'anno precedente. Infatti, nonostante il modesto apporto di risorse previsto, in extremis, dalla legge di stabilità (800 Ml €, per il 2011 e 500 Ml €, dal 2012) i totali del FFO per il 2011, 2012 e 2013 mostrano valori significativamente inferiori a quello del 2010. Peraltro, oltre ai tagli subiti, gli Atenei con queste risorse dovranno onorare le finalizzazioni previste dalla legge di finanziamento (costo delle chiamate dei professori di II fascia), nonché i costi rivenienti dall'attuazione della riforma universitaria appena varata (11 Ml € per l'adeguamento del trattamento economico dei ricercatori e 3,5 Ml € per gli assegni di ricerca). Sul versante delle altre principali voci di finanziamento del sistema universitario la situazione è che i tagli operati, rispetto al 2008, non sono mai inferiori al 20%. In dettaglio alla fine del triennio (2013), rispetto al 2008, le riduzioni dei finanziamenti si attesteranno per il CUS a –52,03%; per il Piano triennale a –51,80%; per il diritto allo studio a – 49,09% e per gli alloggi per gli studenti a –40,44%. Anche non volendo fare il paragone con i dati del 2008, dalla tabella si evince che a far registrare cali di finanziamenti, rispetto all'anno precedente, di 10-20 punti percentuali  sono proprio i tagli previsti da quest'ultima finanziaria (o legge di stabilità). (Fonte: FlcCgil 17-01-2011)
 
Il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) nel triennio 2011-2013 PDF Stampa E-mail
Per l’FFO partendo dai 7,41 miliardi di euro del 2008 si arriverà ai 6,45 miliardi del 2013: un taglio del 12,95%, pari a circa 960 milioni di euro. Inoltre, nel triennio appena trascorso (2008-2010) l'FFO effettivamente assegnato è stato sempre inferiore a quello preventivato sulla carta (rispettivamente con riduzioni dell'1,75%, del 2,89% e del 2,97%). Nel corso del triennio 2008-2010 sono confluite nell'FFO anche alcune risorse aggiuntive con vincoli di destinazione: 24 milioni di euro per gli assegni di ricerca, 1,65 miliardi di euro per il personale e la spesa corrente, 120 milioni di euro per i dottorati di ricerca; solo per il 2010, infine, un incremento una tantum di 400 milioni di euro per l'FFO. Ma di queste risorse aggiuntive, a partire da quest'anno, non c'è più traccia: in mancanza di manovre correttive ad hoc il taglio del Fondo rispetto al 2008 sarà dell'11,31% nel 2011, del 12,40% nel 2012 e del 12,95% nel 2013.
(ustation/uninews 21-01-2011)
 
La destinazione degli incentivi basata sui risultati della ricerca e della didattica PDF Stampa E-mail
Nella classifica 2010 degli incentivi Gelmini alle università vince il Politecnico di Torino, seguito dalla veneziana Ca' Foscari e da Trento. Nell'ateneo torinese i risultati di ricerca e didattica offrono il 16,6% del totale dell'assegno statale, una quota più che doppia rispetto a quella che caratterizza le università a fondo classifica. La graduatoria si chiude con l'ateneo di Messina, e anche nel 2010 sono le università del Centro-Sud a mostrare le performance più opache: tra le poche eccezioni l'Orientale di Napoli (18esima in classifica, con incentivi all’11,2% del fondo totale), dove però il problema è rappresentato dal peso degli stipendi che superano abbondantemente il tetto del 90% rispetto al fondo ordinario. In buona posizione le università statali milanesi, tutte intorno al 12% nel rapporto tra incentivi e fondo ordinario, mentre a Roma solo Tor Vergata arriva nella parte alta della classifica, distanziando La Sapienza e Roma Tre. I dati pubblicati in questa pagina sono quelli ufficiali, trasmessi dai tecnici del ministro Gelmini a tutti gli atenei statali. Rispetto all'anno scorso, la dote complessiva degli incentivi è aumentata da 520 a 720 milioni, e nella distribuzione si è dato più peso ai risultati della ricerca, che determinano oggi i due terzi del giudizio. La valutazione dipende soprattutto dalla percentuale dei docenti che tra 2005 e 2008 hanno spuntato un voto positivo nei programmi di ricerca nazionale, e misura anche il successo nella raccolta di fondi internazionali e la partecipazione ai progetti per i giovani ricercatori. Nella pagella, e questo è il punto più "debole", pesano ancora i giudizi del Civr, il comitato per la valutazione della ricerca, che risalgono al 2001/2003: rispetto all'anno scorso il loro peso è diminuito ma il nuovo programma, nonostante impegni e decreti, non è ancora partito. Più sguarnita l'analisi della didattica, che indirizza il 34% dei 720 milioni destinati agli incentivi e si fonda sul numero di studenti attivi e sul numero di crediti effettivamente acquisiti nel 2009. "Sospeso" fino a data da destinarsi l'indicatore che misura i giudizi degli studenti sulla qualità della didattica, e la stessa sorte tocca al successo occupazionale dei laureati: nel 2009 erano stati utilizzati i dati Istat, mentre ora si è deciso di soprassedere nella (lunga) attesa che sia costruita l'anagrafe nazionale dei laureati. L'aumento degli incentivi non ha reso più generoso il fondo di finanziamento ordinario, che nel 2010 ha perso il 3,72% rispetto al 2009.
(G. Trovati, Il Sole 24 Ore 14-01-2011)

 
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