Home 2010 26 Ottobre
26 Ottobre
Perché Tremonti è costretto a tenere stretti i cordoni della borsa PDF Stampa E-mail
Giulio Tremonti avrebbe potuto evitare di scontrarsi con il Ministro Gelmini per un emendamento alla legge sull’Università che comporta una maggiore spesa di 90 milioni nel 2011, di 263 per il 2012, di 400 per il 2013, di 253 per il 2014 e di 480 a regime. Una legge che consente di promuovere per concorso (non automaticamente) 9000 ricercatori al posto di professore associato, sostituendo parzialmente i professori ordinari e associati che vanno in pensione nello stesso periodo, in numero molto alto, anche per effetto della riduzione a 68 anni dell’età di pensionamento degli associati e a 70 degli ordinari contenuta nello stesso disegno di legge. Perché la Ragioneria generale dello stato ha detto - e proprio ora - che non c’è la copertura di questa modesta cifra, di fronte a una riforma universitaria che con varie operazioni riduce strutturalmente la spesa universitaria? Il Ministro Tremonti dice che risolverà il problema a fine dicembre con il decreto mille proroghe e Umberto Bossi dice che “ i soldi si troveranno”. Perché allora e non ora? La verità è che con questo gesto di forza contro Mariastella Gelmini, Tremonti vuol far sapere ai colleghi ministri e agli interfaccia internazionali, che ha il pieno controllo della situazione finanziaria italiana sia allo scopo di tenere alto il livello di credibilità del nostro debito pubblico, sia allo scopo di avere una adeguata capacità negoziale nella riscrittura del patto di stabilità europeo di fronte alla Germania, che ha chiesto sanzioni automatiche per chi non riduca in modo rapido e costante il suo rapporto debito Pil in eccesso al livello del 60%. (F. Forte, l’occidentale 19-10-2010)
 
Riformare risparmiando PDF Stampa E-mail
Non c’è un automatismo così netto tra mancanza di soldi e impossibilità di fare le riforme. Il motivo è facilmente intuibile: le vere riforme dovrebbero far risparmiare e non, invece, far spendere. O meglio: ci sono delle riforme che vanno fatte risparmiando e per risparmiare, e ci sono delle riforme che richiedono d’investire. Ci sono anche delle riforme che possono essere fatte in parte risparmiando e in parte investendo quello che si è risparmiato: è il caso dell’università. Almeno le prime, quelle che non richiedono investimenti, possono essere fatte. La riforma federalista, se non serve a risparmiare, è meglio non farla. Una riforma della sanità che non permettesse di risparmiare, non sarebbe da percorrere. La famosa riforma della pubblica amministrazione di Brunetta avrebbe dovuto far risparmiare. Perché è stata bloccata per mancanza di fondi? Il governo, quindi, non dovrebbe limitarsi a constatare che i soldi non ci sono, ma dovrebbe intanto aprire la strada alle riforme che non costano o che addirittura fanno spendere meno. Chi scrive ne ha indicate alcune nel recente passato: la privatizzazione delle società partecipate dagli enti locali e la parità scolastica sono riforme che non solo non costano niente, ma che addirittura produrrebbero grandi risparmi di denaro pubblico. In Italia ci sono più bidelli che carabinieri, e i bidelli non fanno neanche le pulizie, che sono appaltate a ditte esterne. Niente contro i bidelli: solo che, se lavorassero presso scuole non statali paritarie, non graverebbero sul bilancio pubblico. Alcuni quotidiani, in questi giorni, hanno anche proposto la vendita dell’ingente patrimonio immobiliare pubblico, spesso inutilizzato o sottoutilizzato, nonché costoso per la manutenzione. Metterebbe in circolo una valanga di risorse, tanto Bot e Cct non sono garantiti da quello. (S. Fontana,  http://www.lavoce.it/articoli/20101022641.asp)
 
Impossibile una riforma senza risorse, ma possibili molti interventi a costo zero PDF Stampa E-mail
Uno degli aspetti del DDL Gelmini che viene spesso citato in maniera elogiativa è l’ introduzione della valutazione (tramite per il momento un agenzia apposita, l’Anvur, tra l’altro già prevista dal Ministro Mussi e che per il momento è una scatola vuota). A mio avviso non ha senso perseguire una valutazione senza risorse, come è insensato tagliare in modo indiscriminato tutti. Dunque si passerà dagli slogan ai fatti quando si introdurrà un meccanismo di premio/punizione (per i singoli o al massimo per i dipartimenti e non per gli atenei, strutture troppo inerziali per cambiare in un lasso di tempo ragionevole) in base ai risultati ottenuti, ma per il momento non ci sono stati segnali incoraggianti in questo senso. Non si può solo promettere e tagliare. Inoltre una seria volontà di riforma si dovrebbe misurare considerando i problemi che risolve senza crearne degli altri. Fare una riforma senza risorse finanziarie è impossibile, ma di sicuro ci sono tante cose che si potrebbero fare a costo zero e sulle quali non si è intervenuti minimamente. (F. Sylos Labini,  Il Fatto Quotidiano 18-10-2010)
 
La Confindustria insiste per la riforma universitaria PDF Stampa E-mail

E. Mercegaglia, presidente di Confindustria: “Noi siamo dell’idea che la riforma dell’università vada finanziata e vada portata a termine il più presto possibile”. Lo ha detto parlando con i giornalisti a margine del 12° Forum della piccola industria a Prato (Adnkronos 16-10-2010)

G. Rocca, vice presidente di Confindustria per l'Education: Un richiamo alla responsabilità. Di tutti. «Non si possono trasferire conflitti anche personali tra ministeri e più in generale nella politica su temi fondamentali come l'università e quindi i giovani, il futuro del paese».

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Intervista al Sen. Giuseppe Valditara PDF Stampa E-mail

Senatore Valditara, l’ultima presa di posizione di Napolitano, che ha ribadito il ruolo prioritario della ricerca, dà qualche probabilità in più al ddl Gelmini di essere approvato, a fine anno, emendamento ricercatori compreso?

«Lo spero vivamente, perché è una riforma importante. Io stesso mi sono impegnato in prima persona, a più riprese, per migliorarla. Vederla naufragare per una questione di risorse, a causa di tagli che non si vedono in nessun altro paese occidentale nel settore della ricerca e dell’università, lascerebbe francamente l’amaro in bocca».

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