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20 Luglio
C'è anche un'altra università PDF Stampa E-mail
Non si tiene conto di un'altra università, che lavora a ritmi serrati, fra produzione scientifica, presenza culturale, relazioni internazionali, progetti di ricerca, reperimento di fondi, gestione didattica, tecnica e amministrativa delle varie transizioni infinite cui il ministero ha sottoposto gli atenei italiani in nome di malconcepite vocazioni efficientiste: per razionalizzare si uniforma tutto, con salti mortali organizzativi e concettuali assurdi, sia per i piccoli atenei, sia per i grandi. Dove sarà la logica, non si capisce. Intanto si lavora giorno e notte, con scadenze continue e istruzioni non sempre cristalline. 3) In questa università, poi, non è dato immaginare che le condizioni di oggi possano in qualche modo migliorare: infatti, il certo pensionamento di una grandissima parte del corpo docente non si accompagna a una qualche politica di rincalzo. (Il Mondo 16-07-2010)
 
Tutti parlano di meritocrazia ma pochi la vogliono PDF Stampa E-mail
Tutti sono sempre a favore del merito, a parole. Nei fatti, la situazione è ben diversa. Lo vediamo nei dibattiti che si sono scatenati in questi giorni intorno alla proposta del ministro dell'Istruzione tedesca Annette Schavan (foto) di offrire come premio agli studenti più bravi un piccolo stipendio mensile, indipendentemente dal reddito. È proprio questa clausola, «indipendentemente dal reddito», ad avere scatenato le critiche delle sinistre e dei Verdi, che considerano quest'intervento un'ingiustizia perché non tiene conto delle differenze sociali di partenza. Trascurando il fatto che in Germania funziona bene un sistema di prestito d'onore agli studenti poveri meritevoli, che permette ai migliori fra questi di andare avanti negli studi e che quindi consente una base di partenza uguale per tutti. Quest'ultima iniziativa, invece, è squisitamente meritocratica, sganciata dalle differenze di classe, a testimonianza di un’idea di preparazione scolastica di tipo selettivo che, quindi, prevede un’aperta competizione fra gli studenti, proprio l'opposto di tutte le ideologie sull'istruzione nate nel Sessantotto, secondo le quali compito dello Stato e della scuola era solo quello di garantire l'eguaglianza di possibilità di accesso, poi i migliori si sarebbero fatti largo da soli. Invece non è successo: la scuola sessantottina è stata talmente ossessionata dall'eguaglianza da abbassare le prestazioni e le richieste per consentire a tutti di arrivare a conseguire lauree e diplomi, che hanno così perso ogni valore. Il caso italiano, da questo punto di vista, è esemplare: la competizione e la meritocrazia sono state malviste e sanzionate, a favore di un’idea utopica di scuola armoniosa in cui tutti si dovevano esprimere, indipendentemente dalle loro possibilità e dal loro impegno. Così l'esame di maturità è stato reso sempre più facile da successive riforme, così i programmi e ancora di più la prassi quotidiana hanno espunto dall'insegnamento le materie più difficili, come è successo per la "Divina Commedia", che prima si leggeva interamente, poi è stata via via tagliata, e oggi è già tanto se gli studenti ne conoscono qualche canto dei più facili. Una scuola che tollera che si copino i compiti, che si fumi hashish negli intervalli, che le interrogazioni avvengano solo su appuntamento, non è certo coltura per meritocrazia, neppure per gli studenti più dotati e studiosi. Tanto che non possiamo nemmeno più fidarci dei voti: molte delle votazioni più alte non sono altro che un regalo dei professori a se stessi, alla loro capacità di insegnamento, e non corrispondono a una vera preparazione. Da noi, se premiassimo gli studenti con i voti più alti, potremmo commettere vere ingiustizie: un voto alto a Reggio Calabria potrebbe corrispondere a una preparazione inferiore a quella di una modesta sufficienza in Toscana... Sembra che abbiamo completamente dimenticato un principio base di ogni percorso educativo: che i ragazzi danno molto se gli si chiede molto, se messi sotto pressione, se stimolati a dare il meglio di sé. In caso contrario, non sanno neppure quali siano le loro potenzialità: a me è capitato di parlare con studenti nei guai, che non riuscivano a preparare gli esami in tempo, che non avevano neppure mai esaminato la possibilità di studiare durante il fine settimana, invece di divertirsi con gli amici. Nessuno glielo aveva mai suggerito né, tanto meno, chiesto. Certo, la proposta del governo tedesco dà per scontato che l'uguaglianza non esiste, neppure per finta,  e che riusciranno a ottenere il sussidio-premio solo coloro che abbinano doti naturali alla forza di carattere, cioè una minoranza. E che una volta data a tutti la possibilità di studiare, è giusto coltivare e stimolare le eccellenze, non appiattire i migliori sui mediocri, come la nostra scuola - università compresa - fa da anni. Molte resistenze alla meritocrazia vengono dai professori, e non sono solo ideologiche: meritocrazia, infatti, vuol dire maggior lavoro per gi insegnanti, mentre l'appiattimento sulla mediocrità consente di ripetere sempre le stesse lezioni, di non sforzarsi nell'introdurre temi stimolanti, nel seguire gli studenti con attenzione. E, dopo decenni di andazzo soporifero, non è facile cambiare un passo che concede anche ai docenti una garanzia di appiattimento sulla mediocrità. (L. Scaraffia, Il Riformista 15-07-2010)
 
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