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06 Giugno
Boom di laureati dell’unibo con periodo di studio all’estero PDF Stampa E-mail
All'Università di Bologna è boom di laureati che hanno trascorso un periodo di formazione sui banchi delle università del resto d'Europa e del mondo. Sfiorano addirittura il 29 per cento tra quelli di secondo livello (che hanno cioè già conseguito una prima laurea triennale). Si tratta di una quota superiore all'obiettivo del 20 per cento indicato dai ministri europei dell'Istruzione, e dieci punti percentuali in più rispetto alla media nazionale calcolata da AlmaLaurea sulla maggior parte degli atenei italiani (l'Alma Mater e' prima tra i mega atenei). Più in generale, arrivano al 18 per cento i dottori Unibo con alle spalle un periodo di studio all'estero, a fronte di una media italiana del 14. Si avvalgono di programmi di scambio europeo, prima fra tutti il celebre e amato Erasmus, nel quale l'Alma Mater primeggia addirittura a livello continentale, come primo ateneo per numero di studenti in partenza e terzo, dopo un paio di università spagnole, per studenti stranieri in ingresso. L'internazionalità formativa dell'università di Bologna emerge dalla XII indagine sul profilo dei laureati italiani. Nel caso di Bologna, particolarmente brillanti risultano gli oltre quattromila laureati di secondo livello (specialistici) del 2009. Sono più regolari negli studi (il 54,4% conclude in corso), ottengono un buon punteggio finale (in media 107,7 su 110) e frequentano più assiduamente le lezioni (il 70% segue almeno tre quarti degli insegnamenti). Risultano così soddisfatti che il 72 per cento di loro ripeterebbe l'esperienza di un corso di laurea specialistica presso l'ateneo. (AGI, 28-05-2010)
 
Il ministro Gelmini alla VII commissione del Senato sul tema delle risorse PDF Stampa E-mail
Nel suo intervento del 10 maggio il ministro Gelmini ha fornito ragguagli su alcuni nodi problematici del sistema universitario, con particolare riguardo al tema delle risorse. Nel prendere atto con compiacimento del lavoro che la Commissione stava svolgendo sul disegno di legge n. 1905 e sui rispettivi emendamenti, si è soffermata sulla richiesta legittima avanzata dall'opposizione in merito alle certezze sui finanziamenti per il settore. In proposito ha precisato di essersi sempre battuta affinché la riduzione della spesa toccasse il meno possibile l'università. Ha ricordato inoltre che il Fondo di finanziamento ordinario (FFO) per il 2009 è stato superiore dell'1 per cento rispetto a quello del 2008, nonostante siano state adottate severe misure di risanamento. Ha rammentato altresì che con il decreto-legge n. 180 del 2008 sono stati recuperati oltre 300 milioni per il turn-over nel periodo 2009-2012, 135 milioni per il diritto allo studio e 65 milioni per le residenze universitarie. Ha rivendicato poi di aver tenuto fede all'impegno dell'allora ministro Mussi di stanziare 40 milioni di euro nel 2008 e 80 milioni di euro nel 2009 per nuovi posti da ricercatore. Ha fatto presente che per il 2010 il taglio di 672 milioni previsto originariamente si è ridotto di oltre la metà, grazie ai 400 milioni recuperati alla fine dello scorso anno, determinando una flessione finale del Fondo pari al 3,5 per cento rispetto all'anno precedente. Si è trattato a suo avviso di una decurtazione senza dubbio dolorosa ma sopportabile, se confrontata anche con quanto è accaduto in altri Paesi. Ha ribadito poi di aver a più riprese chiesto con forza fondi e investimenti, nella consapevolezza tuttavia di dover analizzare le modalità di spesa del sistema universitario rifuggendo da letture semplicistiche e poco veritiere. Occorre, infatti, a suo avviso riorientare la spesa sul diritto allo studio e sulla qualità della ricerca, evitando gli sprechi verificatisi negli ultimi anni e non certamente ascrivibili alle riduzioni di risorse operate dal Governo. Menziona in proposito la drammatica situazione delle università di Siena, Bari e Palermo, cui presumibilmente si aggiungeranno altri casi dettati non dalla riduzione del FFO bensì da errori accumulati nel tempo e oggi non più sostenibili. Ha deplorato, infatti, le assunzioni fuori controllo, le gestioni mirate ad acquisire il consenso e le promozioni senza copertura, registrando altresì nell'ultimo decennio un incremento del corpo docente pari a circa il 24 per cento nonostante una sostanziale parità di studenti; oltre a ciò, ha proseguito, si è avuto un aumento dei professori ordinari di circa il 46 per cento. Pur reputando corretto l'impegno verso il recupero di una parte delle risorse decurtate, al quale si farà fronte attraverso un tavolo tecnico incaricato di individuare le misure necessarie per mantenere le borse di studio e sostenere le spese correnti, ha lamentato la proliferazione di corsi e sedi, la crescita smisurata del numero degli insegnamenti e dei contratti di docenza nonché dei corsi di dottorato, che hanno oggettivamente gravato sul sistema. E' in corso dunque un approfondimento sulle ragioni di tali fenomeni, nell'ambito del quale è emerso che tra il 2005 e il 2009, a fronte di un incremento del FFO del 7 per cento, le università hanno accresciuto la spesa per stipendi superando in molti casi la soglia del 90 per cento di spese per il personale in rapporto al FFO medesimo. Ha richiamato poi i contenuti del primo Documento di programmazione economico-finanziaria della XV legislatura in cui l'allora ministro Padoa Schioppa affermava che il sistema universitario doveva imparare a spendere meglio. Ha puntualizzato peraltro che lo stesso Governo Prodi aveva previsto per il 2008 una riduzione del FFO di 260 milioni, anche se gli allora Ministri dell'economia e dell'università siglarono il "patto per l'università" attraverso il quale furono stanziati 550 milioni di euro per il triennio 2008-2010 legati a obiettivi di qualità. In proposito, ha sottolineato che l'85 per cento di quelle risorse aggiuntive fu assorbito dalla crescita stipendiale automatica in linea con una tendenza ad aumentare le spese correnti a scapito degli investimenti in qualità. Ha reputato quindi indispensabile un intervento strutturale, tanto più che gli eventuali nuovi fondi non possono essere spesi solo per i costi fissi ma occorre una selezione qualitativa. Ha fatto presente del resto che l'onere del personale cresce del 3 per cento all'anno rendendo necessario il reperimento di circa 200 milioni in più rispetto all'anno precedente. Ha invocato dunque un'assunzione collettiva di responsabilità affinché sia migliorata la qualità del sistema, tenuto conto che non è sufficiente chiedere esclusivamente risorse ulteriori. Ha auspicato perciò l'approvazione rapida del disegno di legge n. 1905, come risultante dagli emendamenti discussi in Commissione, in modo da imprimere un forte segnale riformista ed evitare provvedimenti-tampone, altrimenti si compromette il diritto dei giovani ad un’università qualitativamente elevata. Ha ricordato inoltre che, grazie anche alla collaborazione e alla presa di coscienza degli atenei, alcuni obiettivi sono stati raggiunti, come dimostra ad esempio la riduzione delle scuole di specializzazione medica, frutto del dialogo con la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) e con il Consiglio universitario nazionale (CUN). Ha segnalato altresì che è stato posto un freno alla moltiplicazione di corsi e di sedi e sono stati accorpati i settori scientifico-disciplinari. Ha poi reso noto che è in atto un confronto in Conferenza Stato-Regioni al fine di definire la programmazione universitaria in un'ottica trasversale, onde contenere la spesa. Ha comunicato anche che la Corte dei conti ha registrato il regolamento istitutivo dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), grazie al quale si può mettere in atto un circuito virtuoso che tragga frutto anche del lavoro dei precedenti organismi di valutazione. Ha reputato dunque necessaria una logica riformista orientata a correggere le storture in quanto – ha ribadito - la mera richiesta di nuovi fondi non è sufficiente. Considerata la convergenza registratasi su alcuni aspetti del testo, ha invitato pertanto a proseguire in questa direzione, atteso che il Governo si impegnerà comunque a garantire il pagamento degli stipendi senza che le risorse siano completamente assorbite dagli aumenti automatici. Si è augurata quindi un atteggiamento di coraggio, che vada eventualmente contro alcuni interessi corporativi affinché siano affermati i cardini essenziali della riforma, quali la valutazione, la trasparenza nella gestione delle risorse, la distinzione dei compiti tra consiglio di amministrazione e senato accademico, nonché una più chiara definizione del ruolo dei ricercatori. A tale ultimo proposito, ha dichiarato di credere che la tenure track rappresenti un sistema corretto per assicurarne la progressione di carriera. Ha affermato altresì che il disegno di legge offre una grande opportunità di cambiamento radicale a cui non dovrebbe a suo avviso corrispondere un atteggiamento rinunciatario, tanto più che erano stati presentati anche testi di altri schieramenti. Ha auspicato perciò che permanga un clima di collaborazione in Commissione e in Assemblea, tenuto conto che la riforma non può essere rinviata. In conclusione, ha invitato a considerare la necessità di nuove risorse unitamente all'esigenza di una riorganizzazione del settore che introduca meccanismi di razionalizzazione, tanto più che il Parlamento può svolgere un ruolo determinante in tal senso. Quanto alle preoccupazioni manifestate per la situazione finanziaria del 2011, ha ribadito che è in corso un lavoro di approfondimento tecnico, tenuto conto che il Governo intende assegnare all'università la priorità nella distribuzione di nuovi stanziamenti. Ha tenuto a precisare, tuttavia, di non poter quantificare sin d'ora le somme destinate a ripianare il taglio, fermo restando che l'Esecutivo corrisponderà doverosamente al pagamento degli stipendi e all’erogazione di borse di studio, in quanto si tratta di spese fisse. Ha affermato comunque di ritenere che il reperimento di nuovi fondi non sia sufficiente per riformare il settore, atteso che occorre coniugare autonomia e responsabilità per delineare una prospettiva quantomeno di medio periodo che garantisca maggiore qualità. Rispetto alla scelta dell'opposizione di non proseguire il confronto sul merito del provvedimento, ha osservato che si tratta di un atteggiamento poco coraggioso che consente certamente di cavalcare il dissenso senza però offrire spunti costruttivi. Pur reputando perciò legittima la richiesta di ulteriori risorse, ha giudicato debole un'opposizione finalizzata a vincolare la discussione sui contenuti all’esclusiva quantificazione dei fondi, tanto più che si era registrata una condivisione su alcuni aspetti del disegno di legge. Ha ribadito, infatti, che il Governo, oltre ad assicurare gli stipendi, deve anzitutto garantire il futuro ai ricercatori ed elaborare una programmazione seria che valorizzi la qualità. Ha rilevato del resto con rammarico che fino ad oggi tale programmazione è mancata, anche se gli atenei stanno già operando per individuare ed eliminare gli sprechi. Ha negato peraltro di aver assunto un atteggiamento punitivo verso il comparto, precisando che il testo governativo detta una linea di indirizzo per modificare ciò che non ha funzionato ed evitare di reiterare prassi negative in un momento di crisi economica nel quale non sussistono altri margini di manovra. Ha affermato poi che l'investimento nel sapere è una priorità per l'Esecutivo, ribadendo tuttavia il proprio sconcerto per la crescita progressiva del costo del personale a fronte di un incremento del FFO, tale da impedire l'investimento in qualità. Ha invitato dunque a proseguire nella discussione per dare una connotazione più riformista al provvedimento, laddove esso fosse ritenuto carente, augurandosi che non prevalgano tentativi conservatori. Ha di nuovo ricordato l'impegno del Governo per reperire stanziamenti ulteriori, precisando che il Ministro dell'economia ha segnalato in più occasioni la necessità di collegare risorse aggiuntive a riforme strutturali, peraltro auspicate dal sistema universitario. Dopo aver puntualizzato che per il 2010 sono stati comunque già recuperati 400 milioni di euro per il FFO, ha evidenziato come il disegno di legge n. 1905 sia stato il frutto di una lunga concertazione con gli operatori del comparto. Ha rivolto infine un appello all'opposizione affinché non si sottragga al confronto, considerato che riforme siffatte devono avere un ampio respiro onde durare al di là del mandato di un Governo, e ha ribadito che i tagli saranno rivisti, nonostante essi non abbiano determinato l'attuale difficile situazione economica degli atenei.
 
Mozione della CRUI sul DDL emendato dalla VII commissione del Senato PDF Stampa E-mail

L'assemblea della CRUI (Conferenza dei rettori delle università italiane), riunitasi a Roma il 27 maggio 2010, ha approvato all'unanimità una mozione nella quale si "esprime apprezzamento" per "l'impegnativo lavoro" svolto dalla VII Commissione del Senato sul DDL 1905, “Norme in materia di organizzazione dell’Università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario”.

La CRUI si dichiara soddisfatta sui seguenti punti:

  • la più efficace formulazione delle finalità istituzionali degli atenei, come specificate nell’art. 1;
  • le correzioni introdotte nelle funzioni degli organi di governo, rafforzando quelle attribuite al Senato accademico;
  • il rafforzamento delle procedure di autovalutazione, di valutazione affidate all’ANVUR e di accreditamento;
  • la riduzione di alcune rigidità e prescrittività eccessivamente vincolanti rispetto alle autonome responsabilità degli atenei;
  • la revisione e l’adeguamento alle esigenze mutate del regime di tempo pieno e di tempo definito anche prevedendo soluzioni incentivanti la mobilità, le collaborazioni interateneo e con gli enti di ricerca e l’internazionalizzazione;
  • l’attribuzione agli atenei delle competenze disciplinari, incrementandone le responsabilità e le capacità di intervento, grazie anche alla parallela istituzione di fondi per la premialità;
  • l’introduzione dei settori concorsuali, di adeguata numerosità, finalizzati allo svolgimento delle prove di abilitazione, garantendo nel contempo le specificità dei singoli settori scientifico-disciplinari che ne faranno parte;
  • la semplificazione e l’attribuzione alle responsabilità dei singoli atenei della determinazione delle procedure di reclutamento e di chiamata del personale accademico, sia in servizio che esterno, che abbia conseguito l’abilitazione alla fascia superiore.

La mozione prosegue "auspicando ulteriori correzioni migliorative" e augurandosi che esse possano essere introdotte "nei prossimi passaggi parlamentari, a cominciare dalla imminente discussione nell’aula del Senato, senza snaturare la logica e la coerenza d’insieme del provvedimento, non pregiudicandone i tempi di approvazione".

Le residue richieste della Conferenza dei Rettori a proposito della governance degli atenei riguardano due punti: 1) si attribuisca alle norme sulla composizione degli organi centrali un carattere di indirizzo e non rigidamente prescrittivo e vengano comunque introdotte maggiori possibilità di adattare strutture di governance ed aspetti funzionali alle specificità dei singoli atenei che rispettino i requisiti di valutazione e di equilibrio dei bilanci; 2) con riguardo alla composizione del Senato accademico, e alla sua funzionalità, non si esclusa che possano farne parte anche i presidenti delle strutture intermedie, responsabili del coordinamento diretto dei corsi di studio che fanno loro capo.

Le altre richieste riguardano il reclutamento (in risposta all'agitazione dei ricercatori che minaccia di bloccare l'avvio del prossimo anno accademico). In particolare la mozione auspica che:

  • siano ulteriormente ampliate, con riguardo alle procedure di reclutamento e chiamata, in particolare nei primi sei anni di applicazione, le quote destinabili alle promozioni interne e alle procedure di selezione rispetto ai posti da destinare ad esterni, ciò in linea con la richiesta già fatta di un piano straordinario che consenta ogni anno la promozione di un congruo numero (almeno 2000) di ricercatori a tempo indeterminato che abbiano ottenuto l’abilitazione scientifica nazionale a professore associato;
  • siano meglio garantite le posizioni di tenure track, rendendo vincolante l’avvio delle procedure di chiamata nel caso di superamento dell’abilitazione scientifica nazionale;
  • siano ulteriormente approfondite le soluzioni riguardanti gli attuali ricercatori a tempo indeterminato, sia con riferimento alle loro possibilità di chiamata alle fasce superiori, sia garantendone meglio le attività e il ruolo, accompagnando a questo fine la loro messa ad esaurimento (inevitabile per l’instaurazione a regime del nuovo modello) con un pieno riconoscimento della loro funzione docente, con la loro collocazione, a domanda, previa verifica dei requisiti scientifici, nella posizione di professore aggregato.
Il documento aggiunge che "La CRUI esprime la viva speranza che, pur nelle gravi difficoltà del momento, non venga lasciata cadere l’occasione irripetibile di intervenire con tempestività, efficacia e volontà riformatrice nella situazione degli atenei italiani, anche a riconoscimento dell’importante lavoro svolto e a garanzia delle legittime aspettative dei tanti giovani di valore che rischiano di venire esclusi da ogni possibilità di accesso agli atenei, con grave danno del potenziale scientifico e professionale del paese, in una fase in cui la competitività internazionale si giocherà in larga misura proprio sulla capacità di rispondere alla sfida su questi aspetti". E si conclude con una (assai tenue) richiesta di finanziamento, abbandonando la rivendicazione del pieno reintegro dai tagli del FFO (fondo di finanziamento ordinario). I rettori si sono limitati a questo inciso finale: "Fermo restando che non sono immaginabili provvedimenti di portata pari alle esigenze senza un quadro certo e adeguato di risorse".
 
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