Home 2010 18 Febbraio
18 Febbraio
Il limite all’attività di “assegnista”. Interrogazione e risposta in parlamento PDF Stampa E-mail
Interrogazione: il MIUR, con la nota del 10 settembre 2003, protocollo 1858, ha espresso un parere secondo il quale «la durata massima di quattro anni (rinnovo per un massimo di quattro anni) per coloro che hanno usufruito della borsa di dottorato non si riferisce esclusivamente all'ipotesi di rinnovo dello stesso contratto bensì si estende anche al caso di assegni conferiti a seguito di concorsi diversi». Tale indicazione, però, è stata sistematicamente disattesa, al punto che è venuto creandosi un regime de facto, nel quale la sussistenza economica di migliaia di persone e nuclei familiari è dipesa pressoché esclusivamente da assegni di ricerca e da analoghe forme contrattuali. Negli ultimi mesi la banca dati MIUR-CINECA (Consorzio interuniversitario), nella quale sono inseriti i dati riguardo agli assegni di ricerca attivati da ciascuna università ed ente di ricerca, è stata modificata in modo tale da non consentire più la registrazione di nuovi assegni che siano in contrasto con l'interpretazione restrittiva indicata dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca nella nota del 10 settembre 2003, protocollo 1858, costringendo così università a interrompere collaborazioni e contratti già avviati;
Risposta: il Ministero ha più volte ribadito, rispondendo ai diversi quesiti pervenuti dagli atenei, che la durata massima di quattro anni (rinnovo per un massimo di quattro anni) per chi ha usufruito della borsa di dottorato, non si riferisce esclusivamente all'ipotesi di rinnovo dello stesso contratto bensì si estende anche al caso di assegni conferiti a seguito di concorsi diversi. Ciò è in linea con lo spirito della legge che ha voluto porre un tetto massimo di otto anni all'attività di «assegnista», proprio al fine di evitare l'insorgere di una nuova forma di precariato universitario. (15-10-2009)
 
La durata dei rapporti con i titolari di assegni di ricerca e dei contratti di ricercatore a td nel DDL 1905 PDF Stampa E-mail
Nel DDL 1905 si legge "Al fine di evitare un precariato stabile e di consentire esclusivamente ai meritevoli di proseguire l’attività` di ricerca, è posto un limite alla durata complessiva dei rapporti instaurati con i titolari di assegni di ricerca e dei contratti di ricercatore a tempo determinato, che non puoi complessivamente superare i dieci anni." Pertanto il limite di 10 anni di precariato include gli anni di assegno e quelli di ricercatore a TD: ciò significa che tutti coloro che hanno già usufruito di almeno 5 anni di assegno (avendo fatto un dottorato di 3 anni) non potranno mai usufruire di 3+3 anni da ricercatore a TD..., Infatti, gli assegni di ricerca e i ricercatori a TD che saranno istituiti dal DDL non saranno (lo dicono quegli stessi tecnici del MIUR che hanno scritto il DDL) equivalenti agli assegni di ricerca e ai ricercatori a TD fatti fino ad oggi. Anche per evitare, dicono loro, che i ricercatori a TD fatti fino ad oggi vengano tutti "ope legis" messi nella condizione di "tenure track" prevista dal DDL per i nuovi ricercatori a TD. Perciò, a meno di sorprese (possibili) in Parlamento, questi 10 anni si riferiscono agli assegni+TD che verranno fatti dopo il DDL. E' evidente che il DDL intende eliminare il precariato attraverso l'eliminazione di tutti i ricercatori precari che in questo momento hanno più di 29-30 anni, visto che fra percorso parlamentare e provvedimenti attuativi passeranno almeno un paio di anni e anche chi ora è sotto i limiti avrà fatto abbondantemente in tempo a superarli quando partiranno i primi TD. Che, per inciso, saranno pochissimi, visto che lo stesso ddl li rende notevolmente più costosi degli attuali posti da ricercatore. (Fonte: dibattito@ricercatoriprecari.org 5-7-02-2010)
 
Rettifiche ai bandi di concorso per ricercatore PDF Stampa E-mail
Sono arrivate le prime rettifiche ai bandi di concorso per ricercatore non conformi alle nuove regole. Dopo la rettifica della Scuola Normale di Pisa e quella (a nostro avviso parziale) di Udine, sulla Gazzetta Ufficiale di oggi arriva quella dell'Università "La Sapienza" di Roma. Tra le altre cose è scritto che «Considerato che, il termine «prova» potrebbe essere interpretato come un ulteriore valutazione, anche se nei bandi non viene mai menzionata alcuna prova d'esame o prova orale; Considerata l'opportunità di prevenire ogni possibile contenzioso; Ritenuto quindi necessario procedere alla formulazione di un’interpretazione autentica dei bandi in cui viene menzionato il termine "prova"», [...]. «L'illustrazione e discussione sui titoli sostenuta dai candidati davanti alla commissione non costituisce oggetto di autonoma valutazione essendo esclusivamente funzionale al giudizio sui titoli». Questa rettifica può benissimo essere usata come un valido "precedente" per tutti quegli atenei che non hanno ancora rettificato i loro bandi, come per esempio l'Università degli Studi della Basilicata, l'Università degli Studi di Brescia e l'Università degli Studi di Milano.
La notizia è stata data da questo lancio di agenzia: Dopo le proteste delle associazioni di categoria (con l'Apri, Associazione precari della ricerca, in prima linea) e diversi articoli sulla stampa, il rettore della Sapienza, Luigi Frati, ha deciso di rettificare i bandi di concorso per ricercatori a tempo indeterminato emanati lo scorso dicembre. La rettifica è uscita sulla Gazzetta Ufficiale del 9 febbraio e riguarda una parola utilizzata nei bandi che poteva far pensare a una violazione delle nuove norme sui concorsi previste dalla legge 1 del 2009 che ha eliminato scritti e orali. All'articolo 6, infatti, la discussione dei titoli da parte dei candidati veniva definita "prova", il che poteva far pensare a una surrettizia reintroduzione dell'orale, eliminato per legge. Così l'ateneo capitolino ha deciso di correggere il tiro. "Considerato che, il termine 'prova' potrebbe essere interpretato come un'ulteriore valutazione", si legge nella rettifica, per "prevenire ogni possibile contenzioso", si precisa che "l'illustrazione e discussione sui titoli sostenuta dai candidati davanti alla commissione non costituisce oggetto di autonoma valutazione essendo esclusivamente funzionale al giudizio sui titoli". Inoltre il termine prova "viene sostituito con il termine illustrazione e discussione". (Fonte: Ricercatoriprecari.blogspot.com e DIRE 09-2-2010)
 
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