La diffusione dell'e-learning in Italia |
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Per molte ragioni in Italia la diffusione dell'e-learning è notevolmente più lenta e difficoltosa rispetto ai trend americani dove la tradizione culturale della formazione in aula è molto più radicata. Nonostante gli incentivi (sia rivolti alle aziende pubbliche e private, che alle istituzioni educative) per la sua diffusione, sembra che il panorama formativo italiano sia "timoroso" rispetto all'implementazione di programmi e-learning. Ciononostante sono nati i primi corsi di laurea online (Politecnico di Milano, Università di Firenze) e svariati decreti del Ministro per l'Innovazione Tecnologica, Lucio Stanca, hanno previsto che la diffusione nella Pubblica Amministrazione dell'e-learning sia pianificata e conclusa nel prossimo biennio. Un altro ateneo molto attivo in questo settore è, anche per ragioni geografiche di isolamento dalle grandi vie di comunicazione, l'Università di Camerino, con diversi servizi on-line cui si affiancano anche corsi svolti in videoconferenza e perciò altamente interattivi e coinvolgenti, presso aule attrezzate ad hoc. Informazioni più dettagliate possono essere reperite su http://www.videoconf.it/ dove è possibile informarsi sul primo caso italiano di teledidattica in videoconferenza, accompagnata da sistemi di e-learning, con quattro sedi distaccate collegate in tempo reale e contemporaneamente (Roma-Camerino-Terni-Orvieto) nell'a.a. 2000/01. L'iniziativa più significativa coinvolse gli studenti-lavoratori di Roma e Terni in collegamento tramite aule didattiche attrezzate e poi anche la sede di Ascoli Piceno con Camerino, per gli insegnamenti di Scienze e Tecnologie del corso di Tecnologie per il restauro e la conservazione dei beni culturali. L'Istituto Nazionale di Documentazione per l'Innovazione e la Ricerca Educativa - INDIRE ente nazionale di ricerca e di documentazione in ambito educativo, da alcuni anni si occupa della formazione in servizio del personale della scuola (dirigenti, insegnanti, personale amministrativo e collaboratori scolastici). Propone una modalità blended (in collaborazione con il MIUR e gli Uffici Scolastici Regionali) e mette a disposizione l'ambiente di collaborazione on line PUNTOEDU. Nel febbraio 2007 La Repubblica e Il Sole 24 Ore hanno lanciato il master in gestione ed economia d'impresa in CD e DVD allegati ai quotidiani, con una piattaforma di e-learning, alla quale i lettori possono accedere per le prove di valutazione. Con questa operazione la formazione a distanza diventa un fenomeno mediatico aperto al grande pubblico. Vi è qualche iniziale esempio di collaborazione con il mondo dell'industria come un progetto Eniscuola (https://www.eniscuola.net/eni/progetto-eniscuola.html) creato e gestito da Eni in collaborazione con la Fondazione Eni Enrico Mattei. Per raggiungere l’obiettivo di mettere a disposizione dei giovani tutte le informazioni necessarie sui temi dell’energia e dell’ambiente, lo strumento utilizzato, fin dal 2000, è stata una piattaforma di e-learning aperta a tutte le scuole che la possono utilizzare in aula come strumento per imparare ed anche sperimentare giocando. L'assistenza alle classi che aderiscono al progetto si realizza anche in un’attività di controllo dell'efficacia dell'iniziativa. Concrete iniziative, rivolte agli studenti, ma soprattutto all'approccio dei docenti verso nuove forme di insegnamento delle materie scientifiche, sono stati realizzati a livello locale o con la collaborazione degli uffici scolastici delle varie regioni. L'Unesco, il Ministero Italiano per la Pubblica Istruzione, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, il Ministero dell’Istruzione Ungherese, l’Unione Europea hanno patrocinato e dato riconoscimenti al progetto Eniscuola. (M. Ciavarella 03-03-2010) |
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Il principio di Bignami e l’“Inquinamento inflazionistico” della letteratura scientifica |
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Il fenomeno della proliferazione dei lavori scientifici può perniciosamente condurre al minimum pubblicabile (least publishable unit, http://en.wikipedia.org/wiki/Least_publishable_unit), cioè a spezzettare il proprio lavoro di ricerca al fine di ottenere il massimo di pubblicazioni possibili: ciò ovviamente a sfavore del potenziale lettore, che sarà costretto a cercare in diverse riviste scientifiche le varie parti del puzzle dei risultati per ricostruire nella sua interezza un filone di ricerca di un determinato autore. Per frenare questo fenomeno, nell’ambito di un dibattito proposto nel 1992 dalla storica rivista francese La Recherche, un ricercatore italiano, il neuropsicologo Giorgio Bignami, ha proposto di ridurre a un numero estremamente basso di pubblicazioni quelle su cui si deve basare un comitato di valutazione (pratica adottata già da tempo in altre sedi, per esempio l’Università di Harvard). Dovendo il ricercatore, l’esaminando stesso, proporre su quali pubblicazioni essere giudicato, ciò promuoverebbe un “circuito virtuoso” per il quale sarebbe più utile curricularmente avere un basso numero di pubblicazioni comprensive ciascuna di una ricerca anche pluriennale, piuttosto che raggiungere il vergognoso traguardo di una o due dozzine di pubblicazioni per anno, come purtroppo va accadendo anche in alcuni centri di eccellenza tecnico-scientifica europei, poveri di idee e scarni in quanto a risultati. La pratica di costringere il ricercatore a presentare un numero limitato di pubblicazioni – pur comportando l’effetto collaterale dell’incentivazione della competizione, già molto accesa, tra scienziati – è già stata adottata, ad esempio in concorsi accademici italiani, ed è augurabile che tale tendenza si accentui negli anni a venire. Il principio di Bignami è la proposta di scontare il credito attraverso l’esame delle pubblicazioni non proposte per la valutazione, per vedere se l’autore non si sia reso responsabile di “inquinamento inflazionistico” della letteratura scientifica. Va infine ricordato che John Maddox, molto a lungo editor-in-chief del settimanale Nature, ha ribadito in diversi contributi, anche in lingua italiana, il pericolo di imbarbarimento nella comunicazione scientifica dovuto all’eccessiva proliferazione di singoli articoli contenenti la minima quantità di informazione pubblicabile (e di riflesso all’ingigantito numero di periodici scientifici pubblicati nell’ultimo ventennio); il rischio che un’importante scoperta scientifica passi inosservata, nel mare magnum di articoli quotidianamente pubblicati, non solo esiste attualmente, ma potrebbe ancora accentuarsi nel futuro. Come morale conclusiva: la libertà di esporre in forma scritta, e dunque pubblicabile, il proprio pensiero va oggi salvaguardata. (E. Alleva, I. Branchi, R. Solimini. Istituto Superiore di Sanità. Il Pensiero Scientifico Editore; 2004. p. XIII-XIX.) |
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