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18 Novembre
RICERCA. PUBBLICATE LE GRADUATORIE BANDO PRIN 2010-2011 PDF Stampa E-mail

Il MIUR, visti i verbali finali dei Comitati di Selezione del PRIN 2010-2011 nei quali sono contenute le proposte dei Comitati di Selezione relative ai progetti da ammettere a finanziamento, per ognuna delle 14 aree disciplinari di cui al D.M. n. 175 del 4 ottobre 2000, con l'indicazione del costo ammissibile per ciascun progetto, fino a copertura delle risorse disponibili, approva le proposte dei Comitati di Selezione, di cui ai verbali finali dei Comitati di Selezione per un importo complessivo di finanziamento pari a € 170.197.567,00. L'elenco dei progetti ammessi a finanziamento con l'indicazione, per ciascun progetto, del finanziamento assegnato è riportato alla seguente pagina:
http://attiministeriali.miur.it/anno-2012/ottobre/dd-23102012.aspx
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RICERCA. PRONTO DECRETO PER SINERGIA UNIVERSITÀ/ENTI PDF Stampa E-mail

Creare una sinergia tra gli enti di ricerca e le università, in modo che professori e ricercatori possano dedicare parte del proprio tempo a istituzioni di tipo diverso. Questo l'obiettivo di un decreto che - ha riferito il ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo - è "pronto" e sarà firmato a breve. "L'obiettivo - ha spiegato Profumo nel dibattito su ricerca e università tenuto presso l'auletta dei gruppi parlamentari - è di avere una comunità integrata e fare un sistema di ricerca più robusto, in grado di competere a livello europeo". La scelta di lavorare per l'universita' e l'ente - ha precisato il ministro - sarà su base volontaria: "Si potranno riportare alle università i risultati delle ricerche degli enti e sviluppare dottorati insieme". Il passo successivo - ha concluso Profumo - è l'abilitazione unica, analoga tanto per gli enti di ricerca quanto per le università.
(Fonte: AGI 15-11-2012)

 
RICERCA. I 23 RICERCATORI DEL PROGRAMMA “RITA LEVI MONTALCINI” 2009 NEL LIMBO TRA DISOCCUPAZIONE E SPRECO DI PUBBLICO DENARO PDF Stampa E-mail

Siamo 23 ricercatori, vincitori del prestigioso bando intitolato al Premio Nobel Rita Levi Montalcini, il vecchio ‘rientro dei cervelli’, per intenderci (Programma per Giovani Ricercatori, bando 2009), riproposto con un diverso nome dai D.M. 45/2009 e 230/2009 (nella presentazione dell’epoca, Programma per giovani ricercatori Rita Levi Montalcini 2009-ex Programma ‘rientro dei cervelli’). Il nostro bando fu lanciato come una versione più lunga e meglio finanziata dei precedenti programmi di ‘rientro dei cervelli’: nel presentarlo, infatti, Mariastella Gelmini sottolineava con soddisfazione come il budget fosse salito da 3 a 6 milioni di euro. Ebbene, al momento l’investimento della collettività rischia di trasformarsi in un prestito a vuoto e la nostra esperienza in Italia rischia di giungere al capolinea. Nel 2010 siamo stati selezionati sulla base della qualità, originalità e competitività dei nostri progetti di ricerca e un anno dopo abbiamo ‘preso servizio’. Veniamo da tutto il mondo, abbiamo formazioni variegate, ma due cose ci accomunano: abbiamo studiato o fatto ricerca in alcune delle più prestigiose università internazionali e siamo tornati in Italia dopo un’accurata selezione (superata da meno del 10% dei candidati) con la speranza ovvero l’illusione di poter contribuire a migliorare i nostri atenei offrendo loro la nostra esperienza internazionale e il nostro particolare percorso accademico. Ora, invece, a quasi due anni di distanza, ci ritroviamo a non sapere che cosa ne sarà di noi alla fine del nostro contratto triennale. Secondo i termini del bando, possiamo avere un rinnovo di altri tre anni, ma il problema è, come sempre, di tipo economico. Il Ministero dovrebbe stanziare una somma minima, da indicare nel prossimo decreto riguardante il FFO, per assicurare la disponibilità delle risorse finanziarie occorrenti per un rinnovo di tutti i nostri contratti per il secondo triennio, ma, nell’incertezza circa la sua decisione, ci interroghiamo circa il nostro futuro. In teoria, le università potrebbero rinnovare i nostri contratti di tasca propria. In pratica, l’effetto congiunto della diffidenza verso l’elemento allogeno e del taglio della spesa rende quasi impossibili i rinnovi: è ovvio che, a fronte di così tanti problemi di finanze e di organico, gli atenei tendano a proteggere gli interni o i contratti imprescindibili per le loro esigenze didattiche. E’ per questo motivo che abbiamo più volte interpellato il MIUR affinché chiarisca come intende garantire continuità al programma, visto che non è previsto uno stanziamento di fondi ad hoc. Queste nostre plurime sollecitazioni, protratte per mesi, sono finora sempre cadute nel vuoto: a parte qualche vaga risposta del Ministero, non abbiamo né conferme né rassicurazioni.
(Fonti: I 23 ricercatori del programma “Rita Levi Montalcini” 2009, roars 02-11-2012)

 
RICERCA. VQR (VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DI RICERCA). SULLA POSSIBILITÀ DI DIVULGARE, DA PARTE DELL’ANVUR, LE VALUTAZIONI SULL’ATTIVITÀ DI PROFESSORI E RICERCATORI PDF Stampa E-mail

Quello del controllo diffuso sulla spesa pubblica e della trasparenza dell’azione amministrativa è un tema di grande rilevanza e interroga quanti hanno responsabilità pubbliche. Per converso nessuno, che abbia cultura dei diritti, dovrebbe sottovalutare la difficoltà del bilanciamento tra questi interessi e la tutela della riservatezza. Nell’esercizio di questo compito non si può derogare al rispetto anche formale delle leggi: la storia insegna che il ricorso a questo genere di deroghe viene di norma rivendicato dai detentori del potere per ridurre gli spazi di libertà. È con questa consapevolezza, unita alla necessità di dover pervenire a un corretto rapporto tra verifica sul funzionamento delle Pa e diritti degli interessati, che l’Autorità garante per la privacy si è sempre mossa.
Nel caso specifico, l’Autorità ha espresso il suo avviso mettendo in luce alcuni aspetti fondamentali per affrontare in maniera non approssimativa la questione. Ha osservato in via preliminare che la legittimità della divulgazione in rete, da parte di un soggetto pubblico, di dati personali – quali sono appunto le valutazioni dell’attività di ricerca dei ricercatori – è subordinata dal Codice in materia di protezione dei dati personali a una previsione legislativa o regolamentare e alla funzionalità di tale forma di pubblicità rispetto alle finalità perseguite dall’amministrazione stessa (articolo 19, comma 3).
Ora, in relazione alle valutazioni espresse da un soggetto pubblico (qual è appunto l’ANVUR) sui prodotti della ricerca dei singoli docenti, è proprio tale previsione legislativa o regolamentare espressa a mancare. Né può estendersi analogicamente a questo caso – come ritiene ad esempio il professor Ichino – il principio dell’accessibilità totale dei dati relativi ai servizi resi dalla Pa sancito dall’articolo 4 della legge 15/2009, che non si applica al personale in regime di diritto pubblico, di cui fanno parte anche i professori universitari. L’estensione del principio di accessibilità totale a tale categoria violerebbe la ratio della norma. Inoltre, l'attività dell'ANVUR concerne la qualità delle strutture universitarie e di ricerca destinatarie di finanziamenti pubblici, ai fini di una migliore allocazione dei finanziamenti stessi. Essendo l'attività dell'ANVUR volta a valutare le strutture, non i singoli ricercatori, un'eventuale divulgazione dei dati personali di questi ultimi sarebbe evidentemente priva di quel nesso di funzionalità fra trattamento dei dati e finalità dell'ente. E probabilmente, non sarebbe neppure lo strumento più appropriato per fornire un'approfondita rappresentazione della produzione scientifica (e del merito) dei ricercatori, limitandosi a sole tre pubblicazioni. Diversa funzionalità potrebbe avere, invece, l'Anagrafe nazionale nominativa dei professori associati e dei ricercatori, di cui si attende la piena attuazione e, auspicabilmente, il completamento con ulteriori strumenti che ne sviluppino le potenzialità.
(Fonte: A. Soro, garante privacy medialaws.eu 07-11-2012)

 
RICERCATORI. DISCIPLINA DELLA TITOLARITÀ DEI DIRITTI DELLE INVENZIONI PDF Stampa E-mail

L’art. 65 del D.Lgs. 30/05 contiene la disciplina riguardante la titolarità dei diritti delle invenzioni fatte dai ricercatori universitari e dai ricercatori impiegati presso gli enti pubblici di ricerca. In tal caso, infatti, la disciplina è diversa da quella prevista per le invenzioni del lavoratore dipendente, contenuta nell’art. 64 dello stesso decreto legislativo.
Contrariamente a quanto accade per i lavoratori dipendenti, infatti, è previsto che qualora l’invenzione sia fatta nell’ambito di un rapporto con un’università o con una pubblica amministrazione avente tra i suoi scopi finalità di ricerca, il ricercatore è titolare esclusivo dei diritti derivanti dall’invenzione brevettabile di cui è autore. Nel caso in cui l’autore dell’università non sia individuabile in un’unica persona, i diritti derivanti dall’invenzione appartengono a tutti quelli che vi hanno contribuito in parti uguali, salvo diversa pattuizione.
La domanda di brevetto deve essere presentata dall’inventore, che deve però al contempo darne comunicazione all’amministrazione. Al riguardo, in particolare, spetta all’Università o all’ente pubblico di ricerca stabilire la parte del canone per la concessione della licenza d’uso dell’invenzione a soggetti terzi che deve essere loro corrisposta. La legge pone però dei limiti a tale autonomia prevedendo che l’inventore in ogni caso deve aver diritto a non meno del cinquanta per cento dei proventi o dei canoni di sfruttamento dell’invenzione. Nel caso in cui le università o le amministrazioni pubbliche non provvedano a stabilire nulla al riguardo, la legge prevede che debba essere loro corrisposto il trenta per cento dei proventi o canoni.
Una volta trascorsi cinque anni dalla concessione del brevetto senza che l’inventore ne abbia iniziato lo sfruttamento, salvo il caso in cui ciò derivi da circostanze non dipendenti dalla sua volontà, la pubblica amministrazione di cui l’inventore era dipendente al momento dell’invenzione acquisisce automaticamente il diritto gratuito a sfruttare l’invenzione e i diritti patrimoniali a essa connessi, salvo il diritto spettante all’inventore di esserne riconosciuto autore.
(Fonte: S. Russo, impresalavoro.eu 07-11-2012)

 
RICERCA. VALUTAZIONE MA ANCHE ADEGUATE RISORSE PDF Stampa E-mail

La giusta attenzione alla valutazione dovrebbe essere accompagnata dalla disponibilità di adeguate risorse e non dai tagli. Succede invece esattamente l'opposto: è come andare a valutare come spende i soldi chi si trova in miseria. Val sempre la pena di ricordare che questo governo, chiamato a fronteggiare un'emergenza finanziaria gravissima, nel limitato tempo della sua operatività non è riuscito, come del resto i precedenti, a dedicare alla ricerca l'attenzione che questa avrebbe meritato.
La nostra spesa per la ricerca è continuamente diminuita ed è attualmente ben al di sotto della metà della media europea; il numero dei ricercatori è in continua diminuzione anche per una consistente emigrazione con scarsi ritorni e non deve perciò meravigliare che recuperiamo dalla competizione europea la metà dei contributi che sborsiamo. La situazione è disastrosa. Nel campo biomedico tutte le multinazionali del farmaco hanno chiuso i loro laboratori e le industrie italiane, con poche eccezioni, hanno abbandonato da tempo la ricerca. Manca nel nostro Paese praticamente l'industria dei diagnostici, delle apparecchiature scientifiche, dei dispositivi medici. L'Italia è diventata un grande e appetibile mercato, dove tutti attingono senza investire in ricerca, proprio perché mancano le condizioni minime per farlo. Come pensa di riprendersi questo Paese? È possibile uno sviluppo sul lungo termine senza investire in ricerca? Da dove nascerà l'innovazione con prodotti ad alto valore aggiunto se non si sfrutta la creatività degli italiani, l'unica vera risorsa visto che non si posseggono materie prime, né un costo del lavoro competitivo? In fondo almeno la ricerca biomedica costa molto poco. Con un miliardo di euro l’anno (qualche chilometro di autostrada) reperibili con l'aumento di 20 centesimi per pacchetto di sigarette o prodotto alcolico, si possono mantenere 5.000 ricercatori e 10.000 borsisti. E' proprio impossibile? I ricercatori italiani sono stati sempre troppo "timidi", mentre dovrebbero alzare la voce non solo per difendere il loro lavoro, ma soprattutto per sostenere i veri interessi di questo Paese.
(Fonte: S. Garattini, Il Gazzettino 12-11-2012)

 
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