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12 Settembre
RICERCA. PROGETTO “MESSAGGERI”, BANDI PER LA SELEZIONE DI RICERCATORI PROVENIENTI DAI CENTRI LEADER DELLA RICERCA E DELLO STUDIO UNIVERSITARIO ALL’ESTERO PDF Stampa E-mail

Il 6 settembre presso la Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Francesco Profumo e il Ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca hanno presentato il progetto “Messaggeri”, bandi per la selezione di ricercatori provenienti dai centri leader della ricerca e dello studio universitario all’estero. Rivolta agli atenei del Mezzogiorno, l’iniziativa si pone l’obiettivo d’importare e condividere competenze, conoscenze e tecniche differenti e innovative nelle Università del Sud, dando al contempo la possibilità agli studenti di usufruire di stage in altri Paesi. Al progetto, destinato a “fare scuola” nel futuro del mondo accademico, sono stati assegnati più di 5 milioni di euro ripartiti in tre anni ed è articolato in tre linee di attività:

· la prima prevede che uno o due “Messaggeri" svolgano un programma di lezioni presso ognuna delle università interessate;

· la seconda consiste nella partecipazione di alcuni studenti, selezionati nell’ambito dei corsi, a stage presso le Università o i centri di ricerca di provenienza dei docenti;

· al loro ritorno – e questa è la terza fase - gli studenti dovranno “contaminare” i propri colleghi, svolgendo una serie di attività al fine di trasferire le conoscenze acquisite.

Le tre fasi saranno precedute dalla selezione di circa 15-20 dipartimenti universitari, in cui realizzare il progetto, e dei ricercatori italiani e stranieri che svolgono la loro attività all’estero, ai quali saranno affidati gli incarichi di docenza e tutoraggio. Lo si legge in una nota del Miur.
(Fonte: AGENPARL - Roma, 03-09-2012)
 
RIFORMA UNIVERSITARIA. IN RITARDO IMPORTANTI NORME PDF Stampa E-mail

Dal nuovo modello di governance ai futuri corsi di dottorati di ricerca, dalla lotta agli sprechi passando per il merito e l'accreditamento di corsi e sedi, fino all'annoso capitolo del reclutamento fermo da oltre cinque anni, nessuna di queste norme è di fatto operativa. E se per alcune si tratta solo di attendere quel tempo necessario per l'effettiva entrata a regime, per altre, come l'accesso al ruolo della docenza, è a rischio il sistema stesso visto che il corpo accademico negli ultimi tre anni è sceso da oltre 60 mila a meno di 54 mila tra ricercatori e professori. Il tutto con una macchina dei concorsi che per ora ha solo riacceso i motori.
Il reclutamento
. Tra i nervi più scoperti della riforma universitaria c'è appunto quello del reclutamento. Uno degli ultimi tasselli del sistema approvato pochi giorni fa dall'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario è quello relativo gli indicatori della produttività scientifica degli aspiranti professori e dei commissari. La riforma universitaria, infatti, prevede che per essere abilitati i candidati dovranno superare la mediana (un indice statistico) del proprio settore concorsuale per il ruolo cui concorrono, quanto a produttività o indici bibliometrici (numero di citazioni dei propri scritti). Una norma che fin dalla sua emanazione ha prestato il fianco a diverse critiche e a ricorsi (c'è già quello dell'Associazione nazionale costituzionalisti). Secondo la critica, infatti, i dati su cui si calcoleranno le mediane sono poco affidabili e, soprattutto se le commissioni volessero, potrebbero darsi criteri diversi da quelli della mediana dell'Anvur. A questo si aggiunge l'elevata numerosità degli aspiranti (circa 30 mila) tanto che lo stesso ministro dell'università Francesco Profumo ha affermato che saranno date indicazioni preventive ai candidati sul superamento della mediana così da poter ritirare la domanda nei 15 giorni successivi la chiusura del bando. Ad attendere l'avvio dell'abilitazione c'è, infatti, un limbo accademico affollato: ci sono associati che puntano a diventare ordinari, ricercatori a tempo indeterminato che aspirano al ruolo considerato che la loro figura è a esaurimento, e poi assegnisti, dottorandi e contrattisti che ambiscono a una definizione più certa. E che per ora non avranno, perché anche per diventare ricercatori a tempo determinato gli atenei hanno per il 2012 le mani legate, in attesa che il Miur calcoli le rispettive quote di turn-over.
Merito e premialità e dottorato di ricerca
. Anche per il capitolo merito e premialità ci sarà da aspettare: è stato lo stesso Profumo ad affermare che l'accreditamento non dovrà essere come un procedimento autorizzativo eccessivamente prescrittivo, come invece prevedeva la norma originaria, sottolineando che dovrebbe essere facoltà degli atenei sottoporsi o no all'accreditamento. Anche la premialità per ora può attendere. Vista la ristrettezza di risorse generali, infatti, l'applicazione piena delle premialità nell'Ffo avrebbe tirato troppo la coperta dalla parte atenei virtuosi e scoprendo in modo drastico gli altri. Ancora per quest'anno quindi si è pensato a una sorta di calmiere prevedendo che nessuna università possa ricevere più dell'anno scorso, a prescindere dalla pagella ottenuta. Finito nel limbo infine il regolamento sul dottorato ricerca. Del provvedimento bocciato dal Consiglio di stato che prevede che i corsi di dottorato fossero legati a doppio nodo con il mondo del lavoro, non c'è più traccia nonostante la delega sia scaduta da oltre sei mesi.
(Fonte: B. Pacelli, ItaliaOggi 23-08-2012)

 
RIFORMA UNIVERSITARIA. DECRETI ATTUATIVI E PARERE ANVUR PDF Stampa E-mail
Nella tabella si trovano i link ai decreti attuativi della Legge 240/2010 e, laddove richiesto dalla legge, l’eventuale parere dell’ANVUR.
(Fonte: ANVUR 27-08-2012)
 
IL MINISTRO PROFUMO: PER “UNA REVISIONE COMPLESSIVA DEL SISTEMA UNIVERSITARIO OCCORRE UN’INTERA LEGISLATURA” PDF Stampa E-mail

Tra gli ospiti di quest’anno all’ottava edizione di veDrò (kermesse annuale organizzata dall’omonimo think-net in provincia di Trento) anche il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, che ha parlato di alcuni dei nodi centrali per quanto riguarda il futuro della scuola, dell’università e della ricerca in Italia. Il ministro ha toccato diversi argomenti, dall’aumento delle tasse universitarie per i fuoricorso all’anticipazione dell’orientamento al quarto anno delle superiori, chiarendo comunque che non c’è tempo per una vera e propria riforma. Una revisione di quella operata dal ministro Gelmini è quindi da escludere, anche perché di riforme “in questi anni ce ne sono state troppe e non sono state portate a regime”. Ma il problema principale è rappresentato dalla mancanza di tempo, infatti, ha proseguito il ministro, per “una revisione complessiva del sistema occorre un’intera legislatura”, non certo i pochi mesi che restano ancora all’attuale esecutivo prima delle prossime elezioni. La soluzione allora è “oliare il sistema, magari facendo leva sull’autonomia delle istituzioni”. Se da un lato non è possibile rivedere l’intera organizzazione universitaria, dall’altro si possono attuare degli interventi che la rendano più meritocratica e più aperta alla internazionalizzazione. A tal proposito, il ministro Profumo è tornato sulla dibattuta questione dell’aumento delle tasse per chi finisce fuori corso, affermando che “l’istruzione pubblica deve essere pagata dallo Stato con le tasse della fiscalità generale. Ma nello stesso tempo ci vuole più severità con quegli studenti che decidono di prolungare la loro vita nell’università: questi devono pagare un po’ di più, per chi ha un reddito inferiore a 90mila euro significa pagare circa un caffè il giorno”. Per quanto riguarda invece la ricerca, la proposta di Profumo è di varare una sorta di abilitazione internazionale, che, sul modello dell’Erasmus, consenta di far valere i diritti acquisiti negli altri paesi europei “per fare in modo che ai ricercatori italiani sia riconosciuto un background importante e di grande interesse”.
Infine, il ministro ha dato la sua ricetta per permettere agli studenti di scegliere con maggiore consapevolezza e serenità il proprio percorso universitario: ”Credo che la soluzione per i test d’ingresso all’università – ha commentato – sia di farli non all’ultimo momento, ma a primavera”. Insomma, si dovrebbe anticipare tutta la procedura, prevedendo l’orientamento “al quarto anno delle superiori e i test al quinto anno”.
(Fonte: università.it 30-08-2012)

 
PROROGA BIS DEL MANDATO DEI RETTORI. E’ LEGGE PDF Stampa E-mail
È legge la proroga bis del mandato dei rettori universitari in scadenza nel 2011 e già allungato di 12 mesi, slittamento che consentirà loro appunto di godere di un secondo anno aggiuntivo dopo il primo già trascorso per portare a termine l'approvazione dei nuovi statuti. E stato un emendamento alla spending review a porre fine alla querelle sull'interpretazione di un cavillo della «riforma Gelmini» che lasciava dubbi a interpretazioni sulla possibilità di estendere la proroga a un secondo anno. L'emendamento al decreto sulla spending review è stato ora convertito in legge e recita così: «Allo scopo di garantire una corretta transizione al nuovo ordinamento, l'articolo 2, comma 9, terzo periodo, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (la riforma Gelmini), s’interpreta nel senso che, ai fini della decorrenza della proroga del mandato dei rettori in carica, il momento di adozione dello statuto è quello dell'adozione definitiva all'esito dei controlli previsti dal comma 7 del medesimo articolo».
(Fonte: Il Messaggero Abruzzo 04-09-2012)
 
FUORICORSO. IL FENOMENO CON I DATI DI ALMALAUREA PDF Stampa E-mail
Secondo i dati AlmaLaurea tra i laureati 2011 i fuoricorso sono il 62% nei percorsi triennali, il 52,8% in quelli biennali e il 65% nelle lauree a ciclo unico. Tutti uguali? Non è così. Senza dimenticare che nel 2000, prima dell'avvio della riforma, fuori corso erano 90 laureati su 100. Undici anni dopo, distinguendo fra chi studia e lavora (magari per mantenersi agli studi) e chi studia soltanto, emerge che fra i laureati di primo livello del 2011 a dedicarsi esclusivamente allo studio, sono soltanto 27 su cento. Degli altri, quasi il 10% conclude gli studi avendo lavorato continuativamente, a tempo pieno, per almeno la metà del percorso universitario; altri 64 su cento hanno avuto esperienze lavorative durante gli anni di studio. Il ragionamento sarebbe diverso se le università avessero introdotto quelle «apposite modalità organizzative delle attività formative per studenti non impegnati a tempo pieno» previste fin dal 1999 dalla riforma universitaria (decreto ministeriale 509). La documentazione del Miur ci restituisce, per l'anno 2010-11, un quadro assai poco confortante: il complesso degli iscritti a tempo non pieno supera di poco il 2 per cento. Circoscrivendo l'approfondimento ai soli laureati che si sono dedicati esclusivamente agli studi, differenziandoli per tipo di studi e appartenenza sociale della famiglia, si evidenziano diversità consistenti. A essere fuori corso fra i laureati triennali è poco meno del 13 per cento. E tra questi prevalgono gli studenti di classe media (31%) e medio alta (20%). Profonde sono le differenze per gruppi disciplinari: "allunga" negli studi il 20% dei laureati in ingegneria e del percorso geo-biologico, e circa il 9-10% dei laureati nel gruppo politico-sociale e in quello insegnamento. Tutti i valori si riducono poi significativamente se l'approfondimento riguarda i soli laureati fuori corso da almeno due anni: la popolazione dei fuori corso si riduce a meno del 6%, ancora una volta con consistenti differenze fra gruppi disciplinari.
(Fonte: A. Cammelli, IlSole24Ore 20-08-2012)
 
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