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23 Agosto
STUDENTI FUORI CORSO PDF Stampa E-mail

Il fenomeno riguarda uno studente su tre e, infatti, il tasso di fuoricorso è una delle anomalie più evidenti del sistema universitario italiano, anche dopo la riforma del «3+2» che ha arginato in parte il fenomeno.
I corsi di laurea in cui gli studenti hanno la più lunga permanenza sono quelli in Beni culturali, fuoricorso nel 52,5% dei casi, seguiti da Architettura (40,5%), Ingegneria e Lettere (pari merito al 38,5%); tra i più puntuali nell'appuntamento con la laurea, invece, ci sono gli iscritti a chimica industriale (11,2% di fuoricorso), battuti solo da mini-facoltà come quella in Scienze gastronomiche di Bra (fuoricorso solo 11 iscritti su 236).
Le università con più elevato numero di studenti fuori corso sono il Politecnico di Torino, dove il 51,4% degli studenti ha già visto sfumare i tempi previsti dalla legge per la propria laurea. Appena dietro si piazza l'Università di Foggia, con il 45,4% di fuoricorso, tallonata dall'ateneo di Salerno (43,4%). Tra le migliori, primeggiano invece le università non statali, a partire dalle milanesi San Raffaele (dove il 93,8% degli iscritti è in corso) e Bocconi (qui i "puntuali" sono l'89,1%), mentre tra le statali il dato migliore si incontra a Roma Tor Vergata (79,7% gli iscritti in corso). Tra le università più grandi, la condizione più critica si incontra alla Federico II di Napoli, dove i fuoricorso sono il 38,8% degli iscritti, mentre la Statale di Milano (29,1% gli studenti oltre i tempi) fa meglio della Sapienza di Roma (36%).
(Fonte: G. Trovati, IlSole24Ore 29-07-2012)

 
STUDENTI FUORI CORSO ED EFFETTI DELL’AUMENTO DELLE TASSE PDF Stampa E-mail

Un aumento di mille euro per chi si iscrive oltre i tempi normali a un corso universitario, riduce del 6% la probabilità di laurearsi in ritardo. Lo dimostrano sulla Review of Economics and Statistics Pietro Garibaldi, Francesco Giavazzi, Enrico Rettore e chi scrive, usando dati della Bocconi dove, negli anni 90 (e in modo simile ancora oggi), le tasse universitarie variavano tra i 715 e i 6.000 euro per n fasce di reddito familiare. Proprio confrontando gli studenti «appena sopra e appena sotto» le soglie di reddito che in questo ateneo facevano scattare un aumento del costo di iscrizione, questa ricerca riesce a comparare studenti simili per abilità e background familiare i quali, tuttavia, devono pagare tasse universitarie diverse. Il risultato non è quindi una semplice correlazione: indica un vero e proprio rapporto di causa-effetto.
Ma perché costringere uno studente a studiare con impegno? Perché perfino alla Bocconi, e ancor più nella quasi gratuita università pubblica, gli studi sono finanziati dalla collettività che ha quindi diritto di vedere un rapido ritorno del suo investimento. E lo scarso impegno di uno studente contagia anche gli altri, come dimostrano numerosi studi, aggravando il ritardo generale e affollando gli atenei oltre il ragionevole. Con danno per la crescita del Paese. Che il governo ci stia pensando, è un ottima notizia.
Ma non si fermi qui il governo: le tasse universitarie pubbliche in Italia sono ridicolmente basse per le famiglie abbienti. Sono quindi i poveri a pagare l'università ai ricchi, i quali invece dovrebbero sostenere il costo pieno dei loro studi, lasciando più risorse per i poveri (e per la riduzione del debito). «L'ho detto col cuore in mano e per spronare gli studenti, perché il mondo che li aspetta è difficile». Il viceministro del Lavoro Michel Martone è ritornato su una frase — «Laurearsi dopo i 28 anni è da sfigati» — che Io scorso gennaio provocò polemiche. Intervistato da Tgcom24, non si è mostrato pentito: «La ridirei, sollevò un dibattito importante». Martone ha poi parlato del provvedimento che prevede l'innalzamento delle tasse universitarie per i fuoricorso. «Evita gli sprechi e spinge i nostri giovani a laurearsi presto — ha detto —. Non riguarderà coloro che studiano e lavorano o che hanno avuto difficoltà per laurearsi; il 50% delle risorserecuperate sarà utilizzato per le borse di studio».
(Fonte: A. Ichino, Corsera 29-07-2012; M. Martone, Corsera 29-07-2012)

 
STUDENTI FUORI CORSO. LA DEMAGOGIA DELLE TASSE BASSE PDF Stampa E-mail

Il fuoricorso domina le nostre facoltà: i 598.512 fuoricorso italiani rappresentano poco più del 33 per cento degli iscritti alle università. Bene fa il governo ad aumentare le rette per chi non frequenta e non dà esami, ma rimane parcheggiato nelle aule con costi sociali altissimi (si maschera la disoccupazione con lo status di universitario fuoricorso). Altrove, dove le università funzionano e non sono fabbriche di titoli legali, lo studente che non termina gli studi nel tempo previsto dai regolamenti decade ed esce dall'università. L'innalzamento delle rette sarà un incentivo a fare meglio. Gli atenei ingolfati non possono funzionare e quanto meno costano tanto peggio vanno. Speriamo che a rimetterci non siano anche quegli studenti lavoratori che per necessità prolungano i tempi di studio. Deleteria, tuttavia, è quest'assillante demagogia delle tasse basse, che va a detrimento dei "più poveri", per usare il linguaggio classista, e del "meridione". Al sud, infatti, le rette coprono meno del dieci per cento dei costi, al nord il 30, e la differenza si vede.
(Fonte: Il Foglio 02-08-2012)

 
STUDENTI FUORI CORSO. NE PARLA IL MINISTRO PDF Stampa E-mail

«I fuori corso all'università esistono solo da noi», per questo «bisogna cambiare rotta». Il ministro dell'Istruzione Francesco Profumo mette il dito nella piaga, a suo parere tutta italiana, dei quasi 600mila studenti che non hanno completato il ciclo di studi nei tempi previsti dall'ordinamento universitario, il 33,59% del milione e 782 mila iscritti all'anno accademico 2010/2011. E lo fa senza mezzi termini, sollevando quello che ritiene «un problema culturale»: «All'Italia manca il rispetto delle regole e dei tempi. Credo che la scuola sul rispetto delle regole debba dare un segnale forte» perché «gli studenti fuori corso hanno un costo, anche in termini sociali», incalza Profumo. Tanto è vero che uno dei provvedimenti inseriti all'interno della spending review sembra puntare proprio all'aumento delle tasse per quegli studenti che trascorrono all'università molti più anni del necessario. Pagare di più spinge gli studenti a «sbrigarsi»? «Non credo. Penso che piuttosto bisogna valorizzare le capacità delle persone, orientandoli in maniera mirata, come stiamo facendo con il portale www.universitaly.it». Un'altra strada suggerita dal ministro è valorizzare il regime «part-time», ovvero una formula che permette di diluire i tempi di studio, senza risultare fuori corso, pensata proprio per studenti lavoratori.
(Fonte: V. Santarpia, Corsera 15-07-2012)

 
STUDENTI FUORI CORSO. UNA FORMA DI SPRECO DELLE RISORSE PUBBLICHE? PDF Stampa E-mail

Al MIUR si sostiene che il “fuoricorsismo” è una forma di spreco delle risorse pubbliche perché le tasse degli studenti coprono solo il 10% del costo complessivo di uno studente universitario. Il resto è sostenuto dalla fiscalità generale, che lo sostiene per accrescere la dotazione di capitale umano nella società e migliorare le prospettive di accesso al mercato del lavoro (l’Italia continua ad avere una percentuale di laureati sul totale della popolazione molto inferiore alla media dei paesi dell’Ocse). La formazione di un laureato richiede un investimento pubblico, ma se i fuoricorso acquisiscono una istruzione di minore qualità, l’investimento fatto su di loro si trasforma in uno spreco. Anche questo argomento non sembra del tutto convincente: la capacità di laurearsi nei tempi previsti è il risultato di una serie di fattori tra i quali “il rispetto delle regole e dei tempi” citato dal ministro gioca un ruolo minore. E’ vero che una diversa organizzazione degli esami, per esempio impedendo di ripetere lo stesso esame più di tre volte, potrebbe incentivare gli studenti a non presentarsi impreparati sperando nella fortuna o nell’indulgenza del professore. Ma le cause strutturali dell’elevato numero di fuori corso stanno altrove: 1) Si laureano nei tempi previsti gli studenti le cui famiglie hanno investito fortemente nella loro istruzione fin da piccoli, fornendo loro un ambiente culturalmente stimolante in casa e iscrivendoli alle scuole migliori. 2) Poiché l’Italia ha un sistema di borse di studio scandalosamente carente in confronto a quello di tutti i paesi industrializzati, lavorare è per molti studenti una necessità, il che allunga inevitabilmente il periodo di studi. 3) Le università italiane sono molto indietro nell’organizzare un orientamento efficace, nel prevenire gli abbandoni al primo anno di corso, nel sostenere gli studenti in difficoltà, nell’offrire biblioteche sempre aperte e ricche di materiali: tutti servizi che all’estero vengono forniti.
(Fonte: F. Torello, ilbo 16-07-2012)

 
STUDENTI FUORI CORSO. CAUSE E RIMEDI PDF Stampa E-mail

De Maio, pensa che sia corretto alzare le tasse per gli studenti fuori corso come è stato ipotizzato dal ministro Profumo? “Innanzitutto, va sottolineato che la presenza di studenti fuori corso è una peculiarità solo italiana. Non esiste nessun altro sistema scolastico europeo che presenti una simile stortura.”. Secondo lei qual è la causa? “Il nostro sistema presenta troppi appelli: se venissero ridotti lo studente sarebbe obbligato a sostenere esami nei tempi previsti. Non sarebbe più possibile tirare troppo per le lunghe. Il risultato sarebbe immediato: al massimo in due anni si esaurirebbero le possibilità di poter dare esami e quindi si sarebbe obbligati a porre fine al corso di studi.”. Il sistema universitario, quindi, non è in questo senso incentivante? “Assolutamente no. Gli esami vengono sostenuti a piacere dallo studente, non esiste alcun obbligo di modalità o di tempo. E' un circolo vizioso per cui chi è rimasto indietro con gli esami non segue le lezioni necessarie per prepararne altri. Fare un discorso basato sull'innalzamento delle tasse non serve a nulla. Occorre cambiare radicalmente tutto il sistema.”. Come lo rivoluzionerebbe? “Prendendo esempio su alcuni punti dai licei: avviare una prima sessione durante l'anno, una suppletiva a settembre per chi non è riuscito a passare la prima, un po' come viene fatto per le scuole superiori. Chi non ha superato né l'una né l'altra è costretto a ripetere l'intero anno. Se entro due anni non si è a pari con gli esami si viene automaticamente espulsi.”. Un metodo piuttosto severo... ”Affatto. Per quale motivo queste regole vengono applicate alle scuole superiori e non possono essere contemplate durante gli anni universitari?”
(Fonte: intervista a Adriano De Maio, ex rettore del Politecnico di Milano, 15-07-2012)

 
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