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23 Agosto
L’IPER REGOLAZIONE È INEFFICACE. PIÙ DEREGOLAMENTAZIONE E LIBERALIZZAZIONE PER GLI ATENEI PDF Stampa E-mail

Il ministero dovrebbe smettere di emanare regole di dettaglio, che non fanno altro che ingessare l’attività degli atenei: gli esempi delle procedure per la valutazione dei prodotti della ricerca (VQR) e per il reclutamento dei docenti sono talmente lampanti da non meritare commenti. Il ruolo più idoneo per il ministero dovrebbe, invece, essere quello di “regolatore a distanza”: fissare alcuni chiari obiettivi strategici (aumento numero di laureati, miglioramento della qualità della ricerca, ecc.) e assegnare le risorse pubbliche sulla base di questi. Si dovrebbe avviare una radicale azione di deregolamentazione e liberalizzazione, affinché gli atenei siano il più autonomi possibile con riferimento alla contribuzione studentesca, al reclutamento dei docenti, alla realizzazione di attività finanziate da terzi, alla definizione della propria offerta formativa e delle politiche di internazionalizzazione. In questo modo, la spesa pubblica sarebbe facilmente controllabile (il ministero sarebbe responsabile solo della propria quota di fondi, e gli atenei che necessitassero di ulteriori risorse dovrebbero autofinanziarsi) e gli atenei si differenzierebbero in modo esplicito sulla base della propria qualità. I provvedimenti del Dl 95/2012 di contenimento della spesa, purtroppo, non vanno in questa direzione, e contengono invece ancora norme che imbrigliano l’autonomia delle università (come la centralistica disposizione della riduzione del turnover o il mantenimento di un limite massimo alla contribuzione studentesca). Se, pertanto, il provvedimento non fa danni al sistema universitario, neppure lo aiuta a migliorarsi, rinviando ancora una volta la discussione del problema del finanziamento e dell’autonomia del sistema universitario.
(Fonte: T. Agasisti, ilsussidiario.net 19-07-2012)

 
PER L’ATTUAZIONE IN CORSO DELLA L. 240/10 DIFFICOLTÀ PER LA COMPILAZIONE DELLA GUIDA UNIVERSITÀ PDF Stampa E-mail

La Grande Guida Università di Repubblica quest’anno pubblica l’offerta formativa così come è attiva in ciascun ateneo. Diversa caso per caso. Di fatto il tutto rimane poco chiaro: nell’articolo 2C della Legge 240/10 si parla ancora di facoltà, la nebulosa di certezze ce la confermano le singole università che hanno inviato alla redazione della Grande Guida l’offerta formativa così come è ancora strutturata presso i singoli atenei. Non c’è una situazione omogenea: l’università di Venezia Ca’ Foscari è stata una delle prime ad istituire i dipartimenti, già dallo scorso anno; alcune università hanno invece eliminato le facoltà quest’anno, altre ancora lo hanno già fatto ma hanno preferito comunicarci i corsi di laurea ancora suddivisi per facoltà, sia per non disorientare lo studente che, di fatto, si trova di fronte a nuove denominazioni di contenitori (facoltà, dipartimenti, scuole, aree che sono tanti nomi diversi spesso per indicare la stessa offerta formativa) sia perché amministrativamente il cambiamento non è ancora attivo all’interno dell’ateneo. Peggiorerà in questi primi periodi di cambiamento la possibilità di reperire informazioni, raggiungere i direttori e i responsabili delle strutture perché spesso sono ancora in via di definizione.
(Fonte: V. Bernabei, temi.repubblica.it 09-07-2012)

 
RIFORMA DEGLI ORDINAMENTI PROFESSIONALI. IL PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO SUL TESTO DI RIFORMA PDF Stampa E-mail

Il Consiglio di Stato si è espresso positivamente con il Parere 10 luglio 2012, n. 3169 sul testo di riforma degli ordinamenti professionali attualmente all’esame della commissione Giustizia della Camera dei Deputati, suggerendo tuttavia alcune modifiche sui seguenti punti.
Assicurazione: appare preferibile stabilire che le condizioni generali delle polizze assicurative possono essere "negoziate, in convenzione con i propri iscritti, dai Consigli Nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti"; formazione: è privo di giustificazione il comma 4 dell'articolo 7, che sembra riservare l'attività di formazione agli ordini e ai collegi anche in cooperazione o convenzione con altri soggetti; incompatibilità: Palazzo Spada ritiene che occorra eliminare la previsione dell'incompatibilità con qualunque rapporto di impiego pubblico; praticanti: secondo il Consiglio di Stato "il tetto di tre praticanti non è sorretto da adeguata giustificazione, specie se accompagnato da una possibilità di deroga fondata su presupposti indeterminati; pubblicità: occorre utilizzare sempre il termine "pubblicità informativa", indicato dalla norma primaria, in sostituzione al comma 2 dell'articolo 4 del termine "informazioni pubblicitarie"; sistema disciplinare delle professioni: il regolamento dovrebbe prevedere che chi esercita funzioni disciplinari anche nei consigli nazionali aventi natura giurisdizionale non possa, scattando l'incompatibilità, esercitare funzioni amministrative; tirocinio: in merito al limite del tirocinio, direttamente fissato dal legislatore in diciotto mesi, andrebbe specificato nel testo che si tratta di una durata massima.
(Fonte: Altalex 12-07-2012)

 
RIFORMA DEGLI ORDINAMENTI PROFESSIONALI. IL PUNTO DOPO LE OSSERVAZIONI DEL CONSIGLIO DI STATO PDF Stampa E-mail

Il parere favorevole del Consiglio di Stato al DPR Severino arriva a conclusione di un testo che ne "demolisce" buona parte dei contenuti. La Riforma degli ordinamenti professionali - varata dal Consiglio dei Ministri - è stata, infatti, oggetto di molte osservazioni da parte di Palazzo Spada. Conclusioni che sono risultate in linea con le preoccupazioni espresse dalle professioni tecniche. Con l'approvazione del Regolamento sarà obbligatorio per i professionisti dotarsi di un'assicurazione per la responsabilità civile; la pubblicità informativa sarà dichiarata libera ma comunque sottoposta alle poche regole dettate dal Regolamento, cui bisogna aggiungere - fanno notare dal CdS - il Codice del Consumo, se si viola l'interesse del consumatore, e il Dlgs 145/2007 per quanto concerne la pubblicità ingannevole a danno di altri professionisti. Molto duro il parere del Consiglio di Stato per la questione tirocinio. Lo schema di Riforma sembrava volerlo rendere obbligatorio per tutte le professioni. Subito Palazzo Spada ha ravvisato in questo un’eccessiva interferenza del Ministero rispetto ai singoli ordinamenti. «E' preferibile lasciare agli ordinamenti delle singole professioni la decisione della necessità e durata del tirocinio, sentito il Ministero vigilante» ha suggerito il CdS. Punto dolente è anche l'obbligo di seguire un corso di formazione di almeno 6 mesi contemporaneamente al tirocinio. Secondo il Consiglio di Stato, se ne irrigidiscono eccessivamente le modalità di svolgimento; sullo stesso piano l'opinione delle professioni del CUP, rappresentate dalla presidente Marina Calderone «l'ulteriore previsione di un corso di formazione da effettuare nell'arco di un semestre, che sembra garantire una migliore preparazione teorica per il giovane, si traduce in realtà nell'impoverimento dell'esperienza tecnico-professionale che si può maturare in un contesto lavorativo».
(Fonte: professionearchitetto.it 16-07-2012)

 
RIFORMA DELLA PROFESSIONE FORENSE E NUOVO PERCORSO UNIVERSITARIO PER I FUTURI AVVOCATI. NE PARLA IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA PDF Stampa E-mail

«La riforma forense è il mio grande pensiero per l'estate... È un passo molto importante perché gli avvocati sono tanti e si aspettano (dal ddl pendente in commissione Giustizia della Camera, ndr) una legislazione che possa sottolineare e regolamentare il loro insostituibile ruolo».
Finora dai suoi colleghi avvocati (siete più di 200 mila in Italia) lei ha ricevuto critiche aspre perché ritengono che il governo sia troppo rigido nell'imporre le linee guida impostate dal recente dpr sulle professioni.
«Io rispetto tutte le posizioni fin qui espresse, ma vorrei sottolineare come nella versione definitiva del decreto si siano accolte molte delle osservazioni formulate dalle associazioni di categoria. Rilevo poi che nel Paese c'è un'esigenza molto sentita che riguarda la formazione dell'avvocatura. L'Italia ha bisogno di un'avvocatura preparata, che sia all'altezza di un ruolo costituzionalmente riconosciuto».
A volte, i neolaureati interpretano la professione forense come un ripiego. Scelgono di fare gli avvocati magari dopo aver fallito su altri fronti.
«Eccolo il punto. Qui c'è un'esigenza precisa che riguarda la riforma delle modalità di accesso alla professione forense. Insieme al ministro Profumo vogliamo lanciare l'idea di un nuovo percorso di formazione per gli avvocati. Chi aspira ad esercitare questa professione, infatti, dovrebbe decidere il suo futuro fin dagli anni dell'università. Per evitare che si scelga di fare l'avvocato come ripiego, magari dopo aver fallito un concorso, è auspicabile un percorso universitario diviso in due fasi: un triennio uguale per tutti e un biennio di specializzazione in cui si aprono in alternativa le strade dell'avvocatura, del notariato, della magistratura».
(Fonte: intervista al ministro Severino, Corsera 12-08-2012)

 
IMPOSSIBILE UNA VERA RIFORMA DELLA PROFESSIONE FORENSE SENZA UNA SERIA RIFORMA UNIVERSITARIA PDF Stampa E-mail

Guido Calvi sa bene che l'«avvocato tutto fare» è ormai una figura anacronistica: «il discorso è molto semplice anche per noi avvocati. Perché se hai un problema di cuore vai dal cardiologo, non dal medico generico...». Ha dunque ragione il ministro Paola Severino quando sostiene che non si può più fare l'avvocato per ripiego? «La professione è veramente caduta in una crisi drammatica come non ha mai vissuto nella sua storia. Il ministro è stato fin troppo pacato nei toni ma la colpa non è solo degli avvocati. Perché la politica ha lasciato degradare la professione per assoluta assenza di riforme ordinamentali». Il governo ha annunciato che proporrà un percorso universitario specifico per gli aspiranti avvocati. Condivide? «Gli argomenti utilizzati dal ministro sono assolutamente pregevoli, in particolare quello che coglie la crisi dell'università in questo settore. Perché se non si fa una riforma universitaria seria non si farà mai una riforma della professione forense: oggi, infatti, c'è un corso generico che non porta ad alcuna specializzazione, per cui si entra nel modo dell'avvocatura senza sapere minimamente cosa significhi essere un avvocato». Gli avvocati appoggeranno la proposta che il ministro Severino sta elaborando con il collega Profumo? «La proposta che fa il ministro è molto semplice: tre anni di corso generico e poi un biennio di specializzazione perché chi vuole fare l'avvocato, il magistrato o il notaio non può certo fare gli stessi studi di uno studente che mira a vincere un concorso magari al ministero degli Esteri». È vero, allora, che molti neolaureati fanno gli avvocati per ripiego. «In realtà, per molti di loro è diventata una professione residuale con un percorso che non prevede nel suo sviluppo alcuna selezione. E c'è da dire che il numero così elevato di avvocati, quasi 240 mila, crea un serio problema di carattere deontologico». Pare che i patrocinanti in Cassazione siano 90 mila quando in Francia sono alcune centinaia. «In Francia si accede al giro dei cassazionisti con un concorso, non come da noi che l'abilitazione scatta dopo un certo numero di anni». Quindi, cosa si potrebbe consigliare a una matricola universitaria che coltiva l'ambizione di indossare la toga? «Non è più tollerabile l'assenza di specializzazione all'interno dell'avvocatura. Non si può certo introdurre il numero chiuso ma bisogna creare una selezione di qualità attraverso la specializzazione. E penso al diritto europeo, al diritto tributario, al penale tributario: tanti filoni che, per la loro peculiarità, sono lasciati troppo spesso ai grandi studi internazionali» Inoltre «sia il medico sia l'avvocato hanno un ruolo che garantisce l'esercizio di diritti costituzionali tanto che implicano il segreto professionale. Va dunque stralciata dal pacchetto della riforma delle altre professioni la regolamentazione delle professioni di medico e di avvocato».
(Fonte: D. Martirano, intervista a Guido Calvi, membro del CSM, Corsera 13-08-2012)

 
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