STUDENTI. IMMATRICOLAZIONI IN CALO MA SISTEMA UNIVERSITARIO MIGLIORATO |
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Andrea Lenzi, presidente del CUN, commenta il rapporto di AlmaLaurea sul profilo dei laureati italiani. "I dati complessivi sono negativi e preoccupano, sia come numero di immatricolati sia come laureati", sottolinea Lenzi, "ma il sistema universitario italiano risulta più efficiente. Rispetto all'università pre-riforma, nel 2011 è cresciuta però la quota di giovani che termina gli studi in tempo". E aggiunge: "È, infatti, il 39% contro il 10%, è aumentata anche la frequenza alle lezioni e il livello di soddisfazione dei laureati nei confronti di programmi e docenti è notevolmente migliorato. Si è inoltre estesa l'esperienza di stage e tirocini riconosciuti dal corso di studi". Questo sottolinea "il forte impegno delle università e la crescente collaborazione con il mondo del lavoro tanto che oltre l'80 per cento dei tirocini sono stati svolti al di fuori dell'università. Si tratta di esperienze fondamentali che entrano nel bagaglio formativo di 60 laureati su 100, come attesta il rapporto AlmaLaurea, e l'esperienza di tirocinio/stage si associa a un più elevato indice di occupazione. Infatti, a parità di condizioni, chi ha svolto questo tipo di esperienza durante gli studi ha il 13,6% in più di probabilità di lavorare rispetto a chi non la fa e questo significa avvicinare il nostro sistema universitario al mercato del lavoro". Precisa Lenzi: "Sono migliorate anche le opportunità di effettuare studi all'estero, sia attraverso il sistema Erasmus sia con i molti programmi riconosciuti dai corsi di studi delle nostre università. Per la prima volta il 10,2 per cento dei laureati di primo livello svolge parte degli studi fuori Italia e questo è un dato importante per l’internazionalizzazione del nostro sistema". Gli atenei italiani, conclude il presidente del Cun, "dimostrano di avere adottato cambiamenti di 'best practice' migliorando la qualità dell'offerta formativa. Questo ha fatto segnare significativi miglioramenti della performance del sistema universitario. Sono invece preoccupanti i dati generali di contesto. Il calo delle immatricolazioni è un problema serio che interessa tutta la nazione e va affrontato. E' indispensabile coinvolgere di più e meglio i giovani nella scelta della loro istruzione, consci del fatto che solo con la cultura si riesce a sopportare meglio le situazioni di profonde incertezze sul futuro". (Fonte: AGI - Roma, 21-05-2012). |
L’INSERIMENTO DELLA LINGUA INGLESE NEI CORSI UNIVERSITARI |
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Nell'ottica dello Spazio europeo per l'istruzione superiore (EHEA), sono state realizzate significative esperienze d’inserimento dell'inglese nei corsi universitari presso Atenei italiani (oltre un centinaio), al punto da rendere ormai obsoleto il censimento effettuato nel 2007 dalla CRUI. Recentemente è stata siglata una Convenzione tra il MIUR e l'Università di Cambridge ESOL Examinations per la predisposizione dei test d'ingresso per italiani e stranieri ai corsi in inglese a numero chiuso. A decorrere dal 2014 poi il Politecnico di Milano organizzerà i corsi del biennio magistrale esclusivamente in inglese. Una scelta che, secondo quanto detto dal ministro Profumo in un'intervista alla Stampa, "dovrà diventare normale in alcuni atenei di prestigio e in alcuni settori", seppure attraverso un processo di transizione guidato e andare di pari passo con un'opera di promozione internazionale del sistema Italia. Una decisione che ha aperto però un serrato dibattito tra gli uomini di scienza e gli umanisti, timorosi che l'internazionalizzazione comporti il sacrificio della lingua nazionale, che occupa ancora un ruolo di eccellenza mondiale nel campo degli studi classici, letterari, filologici e storici. Il 27 aprile 2012, la Società Dante Alighieri e l'Accademia della Crusca hanno svolto una Tavola rotonda sul tema "Quali lingue per l'insegnamento universitario?". Dal dibattito sono emersi problemi e interrogativi di vasta portata: innanzitutto il dubbio che nel "volgere di pochi anni la nostra lingua potrebbe trovarsi mutilata e inadatta alla trasmissione del sapere scientifico". Poter effettuare gli studi in inglese, senza lasciare il territorio nazionale, potrebbe comportare un significativo risparmio economico alle famiglie; al tempo stesso potrebbe rischiare di "erigere barriere all'accesso agli studi superiori per una parte di studenti, che hanno alle spalle il semplice apprendimento scolastico". Non a caso l'Italia - in una Ricerca effettuata da EF Education - figura al quart'ultimo posto su 19 nella classifica dei Paesi europei per il livello di preparazione in lingua inglese (dopo il nostro Paese si piazzano solo Spagna, Russia e Turchia) e nella classifica mondiale, capeggiata dalla Norvegia, scende al 23° posto, disponendosi tra Costarica e Spagna. (Fonte: M. L. Marino, rivistauniversitas 14-05-2012) |
BOLOGNA PROCESS. IL SISTEMA DEI CREDITI |
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Per parlare della crisi attuale della nostra università occorre comunque ricordare che da oltre un decennio il sistema di istruzione superiore italiano è impegnato in un progetto di omologazione continentale promosso dall’Unione europea. Il programma ha dato la stura a innumerevoli critiche, per lo più fondate, al punto che in questi ultimi anni i tempi e le modalità di realizzazione sono oggetto di una profonda revisione anche da parte delle istituzioni comunitarie. Comunque sia gran parte degli interventi legislativi sulla nostra università, a cominciare dalla famosa “riforma del 3+2” (a cui si dimentica sempre di aggiungere un “+3” finale), hanno fatto parte dell’applicazione della road map stabilita a Bologna nel 1999 e subito entusiasticamente accolta dal nostro paese, o sono state presentate come tali. Senza addentrarmi nelle peculiarità giuridiche che sono diverse per ogni stato membro, perché diversi erano i punti di partenza e sono i tempi di realizzazione prescelti, provo a riassumere qui alcuni degli elementi più discussi del Bologna process. In primo luogo ogni tentativo di “introduzione di titoli comparabili”, di “sistema di crediti basato sul carico di lavoro” e di “approccio condiviso all’assicurazione della qualità” ha finito per trasformarsi in una deriva dirigista, in cui l’assoluta necessità di istituire regole comuni per tutti porta a quantificare ogni elemento della valutazione in modo assoluto e univoco, dando spazio a un unico criterio e, di fatto, impedendo, attraverso l’imposizione di parametri unificati, di raggiungere il grande obiettivo per cui lo Spazio europeo dell’Istruzione superiore avrebbe dovuto fondarsi “sulla libertà accademica, l’autonomia istituzionale e la partecipazione di docenti e studenti al [suo] governo”. Dei problemi causati dal sistema dei crediti basati essenzialmente sul numero di pagine di un esame e dell’adozione di una scansione cronologica rigida per la carriera studentesca per gli iscritti di tutte le facoltà, immagino che abbia contezza chiunque abbia varcato la soglia di un ateneo in questi anni. (Fonte: A. Mariuzzo, linkiesta.it 13-05-2012) |
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IL MODELLO UNIVERSITARIO AMERICANO |
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L’idea di creare un modello universitario simile a quello americano in realtà sta creando qualcosa di piuttosto distante. L’idea può essere articolata ancora meglio prendendo in considerazione il fatto che un “sistema” universitario statunitense non esiste, quantomeno come entità organica. Esiste un complesso di sedi pubbliche e private, organizzate da diversi soggetti con diverse finalità nel corso del tempo, che hanno finito, levigate dalle scelte degli studenti e delle loro famiglie e dal successo o fallimento di certi tentativi di ritagliarsi una posizione, per svolgere funzioni tra loro diversissime. Chi vuole costruire una rete di centri di formazione e ricerca al livello della Ivy League (obiettivo sostanzialmente dichiarato della “corsa” all’eccellenza bibliometrica e di una gestione dei finanziamenti che si vuole improntata senza fallo alla promozione degli istituti migliori) non tiene conto in primo luogo che quel pugno di università coesiste con migliaia di atenei, privati ma anche più spesso pubblici, di grandi dimensioni e pensati al servizio delle communities locali e statali, il cui esempio forse più noto è Madison nel Wisconsin, che rappresentano la spina dorsale di una distribuzione dell’istruzione superiore di massa, e che avendo maturato altri obiettivi non possono certo compiere le loro scelte di investimento con criteri identici a quelli di Harvard e Yale. Si dimentica poi che, al di là del sistema di rette e spese degli studenti, le università private più note hanno consolidato, nel corso di diversi decenni, patrimoni enormi che permettono di salvaguardare nel contempo qualità e autonomia a tutto campo, e che nessun governo potrebbe investire in tempi brevi su una sola istituzione. L’omologazione in senso quantitativo del “prodotto” universitario sembra acquisire un valore strategico per la sua “vendita”; dall’altro, che questa impostazione, prima di consolidarsi agli inizi del XXI secolo proprio con i primi esiti del Bologna process, ha iniziato a manifestarsi in questi termini e con questa intensità nel vario mondo dell’istruzione superiore statunitense soprattutto con gli anni Ottanta-Novanta, senza esserne per forza un tratto costitutivo. A differenza di quanto si crede la “commercializzazione” dell'accademia e del suo ruolo sociale non è stato uno dei propulsori dell’efficienza americana, ma è un elemento relativamente recente e assai discusso. (Fonte: A. Mariuzzo linkiesta 17-05-2012. D. Greenwood) |
SO.CL, NUOVO SOCIAL NETWORK UNIVERSITARIO |
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L’universo dei social network è pronto ad accogliere una nuova piattaforma: So.cl. So.cl, lanciata al momento in versione beta, è una piattaforma creata perché studenti e professori possano condividere contenuti e conoscenze, riunendo in un solo luogo virtuale la possibilità di incontrarsi e far circolare il sapere. Progettato a partire dal 2009 dal ramo ricerche social di Microsoft, il gruppo FuSe (Future Social Experience), So.cl è stato sperimentato all’interno dell’università di Washington, della Syracuse e della New York University con il preciso scopo di aiutare “ le comunità accademiche a sviluppare nuovi modi di collaborazione attraverso la tecnologia”, come ha spiegato Lili Cheng, general manager del gruppo. Il social network di Microsoft permette, infatti, di creare post con video, foto, testo e altri elementi, per poi condividerli con gli studenti che hanno un profilo scientifico simile o i medesimi interessi formativi. Proprio la parte video è stata considerata di fondamentale importanza: " So.cl si rivolge più a chi preferisce cose più visuali, e permette di esplorarle più velocemente", ha detto Cheng. Che assieme al team di FuSe ha studiato un modo per condividere in un unico post – chiamato video party – più di un filmato tratto dalla Rete, come si trattasse del rudimentale montaggio di un film collettivo cui ogni utente può aggiungere un pezzo. Microsoft ha promesso che i contenuti di So.cl saranno esplorabili grazie a Bing, motore di ricerca della stessa compagnia, seguendo l’esempio dell’integrazione fra Google e Goolge+. E si potrà accedere da Facebook, di cui si potranno invitare gli amici. Fino al 15 dicembre, inoltre, So.cl sarà in prova per quegli utenti che abbiano ricevuto, o riceveranno, un invito da chi sta già partecipando al programma sperimentale. Facebook è nato nelle università e da queste ha conquistato il mondo. So.cl, al contrario, nasce da un laboratorio di ricerca e si prefigge di conquistare le università, secondo il motto: “Trova quello che cerchi e condividi ciò che sai”. La guerra dei social network è appena incominciata? Difficile dirlo. Una cosa è chiara: Microsoft non punta ai numeri di Zuckerberg. Ma sogna una agguerrita comunità di appassionati il cui obbiettivo social è la condivisione di contenuti. (Fonte: wegeek.net 25-05-2012; http://www.so.cl/about/faq) |
NELL'EXECUTIVE EDUCATION 2012 CUSTOM RANKING DEL FINANCIAL TIMES PASSI AVANTI DI SCUOLE ITALIANE |
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Negli ultimi 12 mesi la Sda Bocconi ha fatto passi avanti ottenendo il 23esimo posto assoluto nell'Executive Education 2012 Custom Ranking del Financial Times ovvero nei programmi executive realizzati «su misura» per le imprese (rispetto al 37esimo piazzamento di un anno prima). I ranking misurano la qualità dei corsi a catalogo e di quelli su misura offerti dalle business school di tutto il mondo ai manager in carriera, attraverso un articolato set di 31 parametri, 20 dei quali forniti dai manager partecipanti e dalle imprese e 11 dagli istituti. Tra questi, la preparazione dei docenti, il metodo di insegnamento, l'organizzazione della facoltà, i risultati raggiunti dagli studenti, l'offerta di piattaforme di e-learning. Ma anche l'internazionalità dei partecipanti, sia come docenti sia come studenti, le relazioni instaurate con altre scuole partner, e la presenza di programmi di scambio tra studenti di altri atenei. Mentre il Politecnico di Milano School of Management, composto dal Dipartimento di Ingegneria Gestionale e dal MIP, la business school dell'Ateneo milanese, ha guadagnato tre posizioni in un solo colpo, salendo sul 37esimo scalino della classifica. Un bel riconoscimento per i due atenei meneghini che hanno dovuto competere con le 70 istituzioni accademiche più prestigiose del mondo. Il podio della classifica 2012 del FT è stato conquistato dall'americana, Duke Corporate Education, seguita dalla francese Hec Paris, mentre la spagnola Iese business school si è aggiudicata la medaglia di bronzo. (Fonte: ItaliaOggi Sette 21-95-2012) |
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