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29 Marzo
EVOLUZIONE DEL DOTTORATO DI RICERCA IN EUROPA. CONFRONTO CON L’ITALIA PDF Stampa E-mail

Dal 1999 al 2010 mentre la legislazione italiana sul dottorato rimaneva ferma, si sono avuti invece diversi interventi a livello europeo conseguenti allo sviluppo del Processo di Bologna finalizzati all’armonizzazione dello spazio europeo dell’educazione superiore. Con la dichiarazione di Berlino del 2003 per la prima volta è stata posta una grande attenzione sul dottorato e sulla formazione, anche attraverso la didattica, dei futuri dottori. Ciò implica una formalizzazione maggiore del terzo ciclo come momento fondante del Processo di Bologna e l’identificazione della ricerca, strettamente legata all’affermarsi della knowledge based society, come parte integrante della formazione superiore. Un documento fondamentale in quest’ottica è costituito dal Doctoral programmes for the European Knowledge Society presentato a Salisburgo nel 2005, in cui si gettano le basi per sviluppare programmi di dottorato comuni nell’area europea. Con il comunicato di Londra del 2007 gli elementi fondanti del Processo di Bologna sono ricollegati alla nuova visione del dottorato; in particolare, in questo documento vi è grande enfasi sul concetto di competenze trasferibili per la collocazione sul mercato del lavoro, che troverebbero la loro possibilità nella strutturazione di programmi interdisciplinari.
Infine nel Comunicato della Conferenza dei Ministri europei per l’istruzione superiore di Leuven e Louvain-la-Neuve del 2009 si ribadisce che l’istruzione superiore a tutti i livelli deve essere basata sulla ricerca più recente, in modo da promuovere nell’intera società innovazione e creatività; che il numero di persone capaci di fare ricerca deve aumentare e che i corsi di Dottorato devono fornire ricerca disciplinare di alta qualità, ma essere anche sempre più aperti ad attività interdisciplinari e intersettoriali. Alle autorità pubbliche e alle istituzioni d’istruzione superiore spetta, inoltre, il compito di rendere più appetibili le prospettive di carriera dei giovani ricercatori. È importante sottolineare che i ministri europei nel 2009 - quando la crisi economica era già esplosa in tutta la sua gravità - continuano a impegnarsi affinché il numero di persone dedicate alla ricerca possa aumentare.
Un confronto con i dottorati europei potrà aiutare a meglio inquadrare la condizione italiana.

Numeri del dottorato in Europa

PAESE 

N° ISCRITTI 

N° DOTTORI

DOTTORI/
LAUREATI

DOTTORI/
POPOLAZIONE

% dottorandi con borsa

GERMANIA

100.000

25.000

-

0.3‰

-

ITALIA

39.000

12.219

15%

0.2‰

60

FRANCIA

65.479

11.000 (2008)

9%

0.16‰

65

UK

100.000

16.900

-

0.27‰

-

Come si evince dalla tabella, il numero di dottori di ricerca in Italia è ben allineato con gli altri paesi: maggiore di quello della Francia e minore dell’Inghilterra. La Germania ha un numero di dottori nettamente più elevato anche in proporzione alla popolazione. Ciò è principalmente dovuto a un sistema che vede la coesistenza di due tipologie di dottorato, uno costituito dai dottorati strutturati in corsi (circa 600 corsi in tutta la Germania) come avviene negli altri paesi europei, l’altro costituito da dottorati individuali erogati in 140 università e numerose altre istituzioni di ricerca. Il numero d’iscritti ai corsi negli altri paesi è sensibilmente più alto che in Italia, anche rapportato al numero di chi ottiene il titolo di dottore di ricerca, perché in questi paesi la durata effettiva del dottorato supera largamente i tre anni.
Questo dato è da considerare un punto di forza dei dottorati italiani che riescono ad assicurare un tempo di conseguimento del titolo di poco superiore alla durata normale del corso. C’è anche da notare che nel 2008 il dottorato francese è stato profondamente riformato in una direzione simile a quella che sta ora seguendo l’Italia, basata su una procedura di accreditamento dei corsi da parte dell’ARES. Ebbene, la crescita di iscritti che aveva caratterizzato il dottorato francese nel periodo 2000-2006, ha visto nel 2008 una brusca decrescita del 4% in corrispondenza dell’introduzione delle nuove regole di accreditamento.

(Fonte: G. Caputo, menodizero.eu 15-03-2012)
 
VIII RAPPORTO EURYDICE KEY DATA ON EDUCATION IN EUROPE 2012 PDF Stampa E-mail

È stato pubblicato l'8° Rapporto Eurydice "Key Data on Education in Europe 2012", un'analisi sull'evoluzione dei sistemi educativi adottati nell'ultimo decennio. In Belgio, Paesi Bassi, Germania, Regno Unito e Italia si registra un preoccupante calo nella produzione di laureati (Scienze, Matematica e Informatica). Nel complesso, aumenta il numero dei laureati per gruppi di età: nel 2010 il 79% dei giovani in età tra 20 e 24 anni ha centrato l'obiettivo. In alcuni Paesi (Danimarca, Islanda, Cipro, Lussemburgo, Finlandia, Svezia e Norvegia) i 30-34enni laureati superano la soglia del 45%, in altri (Italia, Malta, Romania e Turchia) rimangono al di sotto del 20%. I più precoci all'approccio universitario già all'età di 18 anni sono registrati in Belgio, Irlanda, Grecia, Spagna, Francia, Portogallo e Regno Unito; i più tardivi nella fuoriuscita dal sistema i Paesi nordici (Danimarca, Finlandia, Svezia, Irlanda e Norvegia) dove il 10% dei 28enni è ancora iscritto.
Le donne rappresentano ovunque la componente studentesca più numerosa, soprattutto nelle aree dell'educazione (80%), di medicina (76%) e di lettere (69%), ma sono meno presenti nel settore scientifico (al di sotto del 50% in Italia, Portogallo e Romania) e nella docenza universitaria (il 50,5% nella sola Finlandia, i livelli più bassi in Ungheria, Malta e Slovenia). La determinazione numerica e le procedure di ammissione degli studenti sono concentrate in alcuni casi nei poteri centrali, altre volte condivise con gli atenei ovvero da questi direttamente stabilite (Irlanda, Norvegia, Paesi Bassi).
(Fonte: M.L. Marino, rivistauniversitas 23-03-2012)

 
REGNO UNITO: CALANO LE ISCRIZIONI ALLE UNIVERSITÀ PDF Stampa E-mail
Quest'anno le iscrizioni degli studenti britannici nelle università del loro Paese sono diminuite dell'8,7%, come riportano i dati dell'UCAS (University and Colleges Admissions Service). Il calo arriva al termine di un anno molto negativo per la politica dell'istruzione superiore, e si deve in gran parte al forte aumento delle rette universitarie. Le perdite maggiori si sono registrate nei corsi di lingue non europee e in quelli tecnologici. Uniche eccezioni sono state le materie del settore sanitario, ovvero infermieristica, ostetricia e fisioterapia, in quanto finanziate dal governo e quindi esenti da tasse per gli studenti. Il decremento maggiore (quasi l'11%) si è registrato tra gli studenti adulti (gli over 25, che rappresentano circa un terzo degli studenti del Regno Unito), la categoria maggiormente colpita dagli aumenti. Con la nuova legislazione, gli studenti adulti iscritti a un secondo corso di laurea non potranno più accedere al sistema dei prestiti dall’autunno 2012. Abolito il tetto, i ministri esortarono le università a non far pagare la somma più alta (9.000 sterline), promettendo agli studenti che ciò sarebbe avvenuto solo in "circostanze eccezionali". Sfortunatamente per il governo e soprattutto per gli studenti, più di metà delle istituzioni hanno deciso di far pagare l'intera somma nell'autunno 2012.
(Fonte: E. Cersosimo, rivistauniversitas 19-03-2012)
 
UNO STUDIO SULL’AUTONOMIA UNIVERSITARIA IN EUROPA PDF Stampa E-mail
La European University Association (Eua) ha completato – e pubblicato lo scorso novembre – uno studio sul livello di autonomia delle istituzioni di istruzione superiore in Europa: University Autonomy in Europe II. The score card. Si tratta del proseguimento di un primo lavoro, condotto nel 2009 (University Autonomy in Europe I: Exploratory Study). La seconda fase dello studio, condotto nel 2010 e pubblicato nel 2011, ha inteso fornire un quadro più rappresentativo dell’autonomia universitaria su 28 sistemi accademici analizzati. La metodologia di lavoro, basata sulla compilazione di un questionario e su interviste di approfondimento, ha permesso di comparare i livelli di autonomia istituzionale nei vari sistemi accademici, classificandoli secondo le quattro aree già in precedenza identificate: autonomia organizzativa, autonomia finanziaria, autonomia in materia di personale, autonomia accademica. L’Eua ha identificato un set di indicatori per valutare fino a che punto i contesti nazionali (normativi, procedurali ed economici) favoriscono lo sviluppo dell’autonomia. Per questa classificazione è stato utilizzato il sistema delle scorecards, tabelle in cui i vari sistemi d’istruzione superiore sono elencati, nei vari settori oggetto dell’indagine, secondo un punteggio percentuale, in cui 0% rappresenta il livello più basso possibile di autonomia e 100% quello più alto: il sistema con la percentuale più alta è considerato quello che dà più autonomia alle università in quel settore specifico. L’Italia si presenta nelle scorecards in una posizione generalmente medio-bassa, variabile tra il 16° e il 24° posto, a seconda delle aree di riferimento, con la sola eccezione dell’autonomia finanziaria, per cui ricadiamo nel gruppo medio-alto:
• autonomia organizzativa: 18° posto (56% medio-basso)
• autonomia finanziaria: 7° posto (70% medio-alto)
• autonomia sul personale: 24° posto (49% medio-basso)
• autonomia accademica: 16° posto (57% medio-basso).
Bisogna tuttavia puntualizzare che lo studio ha preso in esame gli aspetti dell’autonomia universitaria prima dell’entrata in vigore della legge 240/2010.
(Fonte: Universitas anno XXXII, n° 122, dicembre 2011)
 
SPAGNA. RISORSE PER LA RICERCA IN FORTE CALO PDF Stampa E-mail

The situation of Science in Spain is dramatic. In the last three years, public research centers have suffered an accumulated reduction of more than 30% of the resources coming from the State Budget and could be up to 40% this year. Investment in R&D in Spain was 1.39% of GDP in 2010 and it is estimated that in 2011 it was less than 1.35%. The mean EU-27 value is 2.3% (table) and the European Council goal is 3%.

 

In the next few weeks, the Spanish Government and Parliament could approve a State Budget that would cause considerable long-term damage to the already weakened Spanish research system, contributing to its collapse. The official line of this new Government is clear (A. Moro-Martín, Nature 2012, 482, 7785): “Science is not a priority in Spain. Of course, we are immersed in an economic crisis and austerity measures are needed. However, the government’s irrational and draconian actions will cause long-term damage to the scientific infrastructure and send contradictory messages to other countries and investors. Although its rhetoric promises a shift to a knowledge-based economy, every step it takes is in the opposite direction. The results will be a borrowed-knowledge economy with little domestic know-how.”
(Fonte: J. C. Suarez 14-03-2012)

 
CINA. LA BOLLA DELLE PUBBLICAZIONI PDF Stampa E-mail

L’agenzia informativa Xinhua (la filogovernativa “Nuova Cina”) ha pubblicato Il 25 settembre scorso, un articolo intitolato “La bolla delle pubblicazioni minaccia il progresso scientifico della Cina”, subito riprodotto integralmente sul sito dell’Accademia Cinese delle Scienze. La produttività scientifica cinese sta crescendo impetuosamente: secondo il database Scopus, dal 1996 al 2010, la Cina è passata dal nono al secondo posto per numero di articoli scientifici. Tuttavia, le citazioni degli articoli cinesi crescono a un ritmo assai più lento, evidenziando un’inflazione di articoli di scarso impatto, una vera e propria “bolla scientifica”. Se la produzione scientifica fosse depurata dagli articoli di scarso valore, la crescita cinese ne uscirebbe drammaticamente ridimensionata.
I ricercatori cinesi sono ossessionati dalla necessità di pubblicare perché il numero di articoli scientifici è il criterio chiave, se non addirittura l’unico, per progredire nella carriera accademica. L’articolo dell’agenzia Xinhua riprende in buona parte quanto già apparso su Nature nel gennaio 2010, in un articolo che prendeva spunto dal caso di due ricercatori della Jinggangshan University che avevano falsificato i risultati di 70 loro articoli apparsi su Acta Crystallographyca Section E. L’articolo di Nature riportava risultati di studi e di sondaggi che imputano alla valutazione puramente quantitativa della produzione scientifica la dilagante diffusione di pratiche fraudolente come la falsificazione dei risultati, il plagio e la compravendita di lavori scritti su commissione da veri e propri ghost writers della ricerca, il cui giro di affari annuo, secondo l’agenzia Xinhua, sarebbe quintuplicato in tre anni, superando i cento milioni di dollari nel 2010.
(Fonte: roars 15-03-2012)

 
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