Home 2012 18 Marzo
18 Marzo
RICERCA. VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DELLA RICERCA. INDIVIDUARE LE RIVISTE PIÙ IMPORTANTI PER OGNI SETTORE SCIENTIFICO PDF Stampa E-mail
La valutazione della qualità della ricerca (Vqr) avviata dall'Anvur non riguarda docenti e concorsi, bensì dipartimenti e aree scientifiche, e serve a distribuire la parte premiale del Fondo per le Università. Non è prevista alcuna classificazione di case editrici, con le quali si dialogherà, nel rispetto della loro libertà culturale e imprenditoriale, per diffondere anche in Italia le migliori pratiche internazionali. C'è stato invece il tentativo di individuare le riviste più importanti per ogni settore scientifico non per dar vita a un sistema chiuso, ma per costruire uno strumento ausiliario di valutazione e avviare un processo di cambiamento. È questo il punto chiave. Ci si chiede di che parliamo: di un mondo ideale o della realtà delle nostre discipline umanistiche? Se si parla del secondo, come bisognerebbe, allora i casi sono due. Si può pensare che tutto vada sostanzialmente bene; che i concorsi abbiano in genere riconosciuto il merito e che il peso della cultura italiana in campo internazionale sia cresciuto. Potremmo quindi andare avanti sulla stessa strada, occorrerebbe solo smettere di lamentarsi. Se invece la frantumazione della cultura nazionale e la moltiplicazione delle sedi e dei docenti hanno spesso prodotto localismo ed emarginazione dalle correnti culturali internazionali, allora la situazione va affrontata e le nostre discipline hanno bisogno di una riforma moderata nelle forme ma radicale nella sostanza. E forse non è una cattiva idea cominciare chiedendo alla comunità accademica qual è la sua parte migliore, da difendere e sostenere. Daremo così agli studiosi indicazioni sulle scelte da fare, e li aiuteremo a proiettarsi sul piano nazionale e internazionale. I piccoli editori vitali accetteranno la sfida, e quelli vissuti sulla distribuzione a pioggia dei fondi faranno i conti con la realtà. Si tratta di aiutare quanto di meglio vi è nella cultura italiana a occupare nel mondo il posto che le compete. Per farlo, quel meglio va individuato.
(Fonte: A. Graziosi, presidente del Panel Anvur per l'Area 11, Corsera 02-03-2012)
 
RICERCA. IL C.D. PARADOSSO ITALIANO PDF Stampa E-mail
Il CNRS francese lo definisce il “paradosso italiano”. Riguarda il fatto che, a fronte degli scarsissimi finanziamenti pubblici e privati alla ricerca scientifica, il numero (e la qualità) delle pubblicazioni scientifiche dei ricercatori italiani è significativamente alto. Si calcola che – nel periodo compreso fra il 2004 e il 2006 – il finanziamento pubblico alle Università italiane è stato circa pari all’1.13% del PIL, contro l’1.84% della media europea e che il finanziamento da parte di imprese private è stato pressoché irrilevante. In Italia, sono occupati nel settore della ricerca poco più di 3 lavoratori su mille occupati; in Francia lavorano 8 ricercatori su mille occupati. Fra il 1998 e il 2008, i ricercatori italiani, nel loro complesso, hanno prodotto quasi 380mila pubblicazioni, ponendo il nostro sistema della ricerca all’ottava posizione nel mondo e alla quarta posizione in Europa. I ricercatori italiani più produttivi sono collocati nelle aree delle scienze mediche, matematiche e fisiche, e, in questi settori, nel periodo considerato, le pubblicazioni italiane sono state fra quelle maggiormente citate su scala internazionale. E’ sufficiente questo dato per privare di fondamento la campagna mediatica di delegittimazione dell’Università pubblica italiana che ha preceduto e seguito la c.d. riforma Gelmini, finalizzata a restituire l’immagine di un sistema formativo e della ricerca “malato”: luogo di nepotismo, baronie, privilegi e scarsa produttività.
(Fonte: G. Forges Davanzati, micromega 27-02-2012)
 
RICERCA. DIMINUISCONO GLI STUDI CLINICI PDF Stampa E-mail
Cresce la qualità delle sperimentazioni farmaceutiche cliniche realizzate in Italia, ma la crisi taglia le gambe agli studi. E c'è il rischio che a rimetterci sia l'attività realizzata da ricercatori indipendenti o da strutture sanitarie, ospedaliere, universitarie o singoli professionisti, soprattutto nei settori trascurati dalla ricerca d'impresa: tra il 2010 e il 2009 gli studi del settore no profit sono diminuiti del 26%, passando dai 309 del 2009 ai 229 dell'anno seguente. A lanciare l'allarme, sollecitando interventi rapidi a sostegno di un settore «fuori dalle logiche di mercato» è stata la Società scientifica di medicina interna Fadoi, nel corso di un convegno concluso ieri a Roma. Sotto la lente degli esperti, i dati del X Rapporto nazionale 2011, pubblicato dall'Osservatorio sulla sperimentazione clinica dei medicinali dell'Aifa. Il report analizza gli ultimi cinque anni di attività segnalando per il 2010 un’ulteriore flessione del 12,2% di tutti gli studi realizzati in Italia, analogamente a quanto accaduto nel resto d'Europa: su un totale di 4.193 trials, l'Italia ha contribuito con 660 studi clinici pari al 15,7% e con un 21,8% di pazienti arruolati (contro il 17,9% del 2006). Uno stato di sofferenza che sembra interessare di più la ricerca promossa da istituzioni no profit: in Italia gli studi non sostenuti da interessi commerciali sono uno su tre, in Europa uno su cinque. «La ricerca indipendente svolge un ruolo importantissimo sul fronte della sanità pubblica perché mira al miglioramento della pratica clinica dell'assistenza sanitaria», ha spiegato il presidente Fadoi, Carlo Nozzoli. Gli esperti hanno ribadito la loro ricetta anticrisi: regole omogenee per i comitati etici nella valutazione di studi e finanziamenti; copertura assicurativa proporzionata ai rischi delle sperimentazioni; più collaborazione tra istituzioni pubbliche e promotori di ricerca per favorire la disponibilità dei farmaci per gli studi indipendenti; nuove regole per alcune tipologie di studio orfane da un punto di vista normativo. Se siamo quinti come mercato e ventiquattresimi per sperimentazioni, la responsabilità - secondo gli addetti ai lavori - è soprattutto dell'eccesso di burocrazia che contribuisce a rallentare anche le iniziative più meritevoli.
(Fonte: S. Todaro, IlSole24Ore 09-03-2012)
 
RICERCA. VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DELLA RICERCA. IL PARERE DEL PRESIDENTE DEL PANEL 11 DELL’ANVUR PDF Stampa E-mail

Sono stati pubblicati dall'Anvur i primi criteri specifici che saranno seguiti nel più grande esercizio di certificazione della qualità della ricerca nei vari settori scientifici accademici italiani. Una piccola "rivoluzione", il cui primo passo consiste nella divisione delle riviste specialistiche di ciascun ambito in tre fasce, una guida per chi dovrà giudicare in modo anonimo i lavori dei colleghi durante quest'anno. Ma una "rivoluzione" che nel cosiddetto mondo umanistico — dalla letteratura al diritto, dalla filosofia alla storia — ha visto forti resistenze, critiche al metodo adottato e proteste di "lesa autonomia" dei docenti. Non ancora placatesi e, anzi, destinate forse ad aumentare ora che si entra nel vivo. «In realtà, si tratta di una grande occasione pure per discipline umanistiche, che oggi sono in minoranza nei nostri atenei, di fronte al 70% di scienziati (economisti compresi) ormai internazionalizzati, e che rischiano l'isolamento, se non un'involuzione» — spiega Andrea Graziosi, oggi presidente del panel 11 dell'Anvur (Storia, Filosofia, Psicologia, Pedagogia, Antropologia e Geografia).
Professor Graziosi, per alcuni mesi è sembrato che si portasse un attacco "scientista" alla tradizione umanistica italiana.
«Nulla di tutto questo. Valuteremo circa 200.000 prodotti (articoli o libri, da tre a sei per docente o ricercatore) pubblicati nel 2004-2010. E, in ambito umanistico, ciò sarà fatto con il sistema della "peer review". Ovvero, altri docenti scelti e anonimi giudicheranno la qualità dei testi e li porranno in una delle quattro fasce previste, da A a D. Lo stesso sistema che utilizza la maggior parte delle riviste per decidere se accettare o no un lavoro scientifico di qualunque disciplina». «Si costruirà una mappa della situazione italiana nei vari campi del sapere, che permetta al ministero nei prossimi anni di distribuire a ragion veduta la parte premiale (varie centinaia di milioni di euro) del Fondo di finanziamento delle università. Calcolando le diverse percentuali di lavori ottimi, buoni, mediocri e scadenti per dipartimento e Università, stilando una "classifica", sarà, infatti, possibile valorizzare le punte migliori di ciascun settore scientifico».
Perché la graduatoria delle riviste? E perché le opposizioni?
«Diamo solo indicazioni, nate da un ampio confronto con le società scientifiche, che non sono vincolanti, ma aiuteranno la valutazione. Inoltre, poter raggruppare in una fascia A le riviste giudicate migliori permetterà di promuoverle a livello globale, valorizzando la produzione italiana, cosa che attualmente non succede. Le proteste vengono dalla protezione di posizioni consolidate che non si vogliono mettere in discussione».
(Fonte: A. Lavazza, Avvenire 01-03-2012)

 
RICERCA. VALUTARE IL CNR E GLI ENTI PUBBLICI DI RICERCA SEPARATAMENTE DALL’UNIVERSITÀ PDF Stampa E-mail
Varie analisi danno del CNR un’immagine positiva nello scenario nazionale e internazionale. Tali valutazioni non sono state effettuate specificamente per operare scelte di politica scientifica come è previsto per la VQR. Il fatto che il CNR abbia promosso la valutazione dei propri organi di ricerca senza che vi fossero obblighi o pressioni dall’esterno mostra che non ha alcun timore di essere valutato. Come detto sopra, l’esercizio è stato affidato a esperti esterni che hanno garantito l’indipendenza – compatibilmente con il fatto che sono stati nominati dal vertice dell’ente. Sul versante ANVUR va peraltro sottolineato che l’Agenzia non è un’Autorità indipendente come l’Autorità della concorrenza o altre (questo era il disegno originario che purtroppo non è stato approvato dal parlamento), ma è parte della pubblica amministrazione – come, per esempio, l’Agenzia delle entrate nei confronti del Ministero dell’economia: la sua indipendenza viene dunque esercitata nel quadro della politica del MIUR. Detto che, in ogni caso, l’esercizio VQR debba essere svolto, non si può sottacere che allo stato attuale vi sono forti indizi che la VQR condurrà ad una penalizzazione del CNR e, più in generale, degli enti pubblici di ricerca. La soluzione dovrebbe essere quella di valutarli separatamente dall’università. (Fonte: G. Sirilli, roars 05-03-2012). Commento di R. Rubele: Non sorprende che la VQR sia poco adatta al CNR. Del resto il solo fatto che essa sia strutturata per Panel corrispondenti alle 14 Aree CUN, e che miri a fornire una classifica fra le strutture “latu sensu comparabili” delle singole Università, porge l’idea dei veri, principali, obiettivi dell’esercizio. Del resto, esso è copiato dal Regno Unito, dove non ci sono grossi Enti di ricerca a causa del diverso modello/struttura del sistema Università-ricerca di quel Paese (e di altri Paesi anglosassoni), e dove il RAE/REF ha un compito chiaro e comprensibile, ben inquadrato in quel contesto di politica dell’istruzione superiore e della ricerca.
 
RICERCA. CNGR (COMITATO NAZIONALE DEI GARANTI DELLA RICERCA). LA SELEZIONE DEI COMPONENTI PDF Stampa E-mail
Le cause di incompatibilità e di ineleggibilità devono essere disposte unicamente dalle leggi. Così è sempre stato ribadito da tutti i giudici, a partire dalla Corte Costituzionale. Il 28 febbraio scorso è comparso il bando pubblico per la selezione dei componenti il CNGR. Il CNGR è stato istituito con la legge “Gelmini” (l.240/2010, art. 21); composto “da sette studiosi, italiani o stranieri, di elevata qualificazione scientifica internazionale”, con compiti relativi alla valutazione e alla selezione dei progetti di ricerca (in particolare PRIN e FIRB).  Nulla si dice nella legge in merito a chi possa o non possa candidarsi e far parte di questo comitato. Il paragrafo del bando relativo ai requisiti per la candidatura riporta invece quanto segue: Non devono far parte, come componenti effettivi, alla data di scadenza del presente avviso, di altri comitati (o consigli o commissioni) permanenti, direttivi o consultivi, esistenti presso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, o presso il Ministero della Salute, o presso l’ANVUR, né esercitare la rappresentanza legale di università o enti pubblici di ricerca. E’ dunque solo il bando, ossia un semplice atto amministrativo, a stabilire “chi può” e “chi non può” presentare la propria candidatura. In ogni caso, quale che sia il giudizio, eventualmente anche positivo, che si possa dare di queste ragioni di incompatibilità/ineleggibilità, il bando CNGR, decidendo di fare a meno del legislatore, lascia davvero un po’ attoniti.
(Fonte: A. Banfi, roars 10-03-2012)
 
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