Home 2012 1 Marzo
1 Marzo
DOTTORATI. UNA LETTERA DEL CNRU AL MINISTRO PROFUMO PDF Stampa E-mail

“Signor Ministro - si legge nella lettera - lo schema di regolamento recante i criteri generali per la disciplina del Dottorato di Ricerca prevede come requisiti necessari per l’istituzione, l’attivazione e la prosecuzione dei corsi di dottorato la presenza di almeno quindici tra professori ordinari e associati” una scelta che da un lato provocherà “l’accorpamento, o meglio, l’assorbimento di molti dottorati, dall’altro comporteranno la cancellazione di dottorati importanti legati a settori disciplinari che sono in prima linea nella ricerca e contribuiscono cospicuamente alla produzione scientifica universitaria. Di fatto, circa il 70% dei dottorati attualmente attivati sarà chiuso. Tutto ciò sarebbe parzialmente evitabile se si scegliesse di legare la scelta del mantenimento o meno di un dottorato a criteri meramente scientifici piuttosto che numerici, o peggio, legati alla presenza di una categoria invece di un’altra”.
I ricercatori “saranno declassati al rango di docenti di serie inferiore, inutili nella formazione dei requisiti validi per l’attivazione o la prosecuzione di un dottorato. Sappiamo bene, invece, che i ricercatori sono una componente determinante nella didattica e nella ricerca delle nostre università- dice il Cnru- determinante a un punto tale che non è possibile prescindere dalla loro presenza e responsabilità, spesso offerta gratuitamente, senza alcun corrispettivo reale”.
Se “si fosse trattato di un provvedimento legato alla valutazione della qualità dei dottorati nulla si sarebbe potuto dire se non in senso positivo. Se l’art 5, nell’individuare i requisiti necessari per l’istituzione, l’attivazione e la prosecuzione dei corsi di dottorato si fosse basato sulla produzione scientifica, cioè sulla qualità del lavoro svolto, ben poco si avrebbe da eccepire, considerando gli attuali indirizzi generali della politica. Invece, si preferisce ribadire una separazione di ruoli che non ha nulla a che vedere con tale tipo di valutazione. Proprio per questo, signor ministro, Le chiediamo di riconsiderare i contenuti del provvedimento a partire da quest’articolo, introducendo una correzione che, evitando un’ulteriore mortificazione del ruolo dei ricercatori, scongiuri la cancellazione e l’accorpamento della maggior parte dei dottorati di ricerca sulla base di criteri meramente numerici e di categoria e non invece di qualità scientifica”.
(Fonte: A. Monaco e M. Merafina del Coordinamento nazionale ricercatori universitari, www.svagonews.com 21-02-2012)

 
NEGLI ATENEI ITALIANI CRESCE IL NUMERO DEGLI STUDENTI CINESI PDF Stampa E-mail

Nuovo fortissimo incremento delle iscrizioni di studenti cinesi nelle università italiane per l'anno accademico 2011-2012, in linea con il trend di questi ultimi anni, attraverso i programmi Marco Polo e Turandot.  Lo fa presente una nota della Farnesina. Il programma Marco Polo prevede un semestre di studio dell'italiano nelle università per stranieri o in scuole di lingua e il successivo accesso ai vari corsi universitari dopo certificazione della conoscenza linguistica, mentre il programma Turandot è dedicato agli studenti che vogliono accedere alle scuole di alta formazione artistica e musicale (AFAM). Le università italiane riservano ogni anno accademico una quota di posti agli studenti cinesi. Le iscrizioni hanno raggiunto la cifra record di 2489 studenti con un incremento del 46% rispetto all'anno precedente. A questi studenti vanno aggiunti quelli del contingente estivo, ossia del gruppo di studenti che già conoscono l'italiano, le cui iscrizioni invece chiuderanno a fine giugno. Secondo i dati dell'anno precedente le iscrizioni per il contingente estivo potrebbero essere circa 1500-2000, che porterebbero il totale per l'anno accademico 2011-2012 a oltre 4000 studenti. Il maggior numero di iscrizioni si è registrato nella circoscrizione consolare di Pechino (1569) con un aumento del 46% rispetto all'anno precedente, seguita da Shanghai (689, +51%) e Canton (231, +94%). La sede universitaria principale è l'Università di Bologna, seguita dal Politecnico di Milano, l'Università di Firenze, l'Università Milano Bicocca e il Politecnico di Torino. Tra le destinazioni AFAM la più ambita è l'Accademia delle Belle Arti di Roma, seguita dall'Accademia delle Belle Arti di Brera, e l'Accademia delle Belle Arti di Firenze. «L'apertura delle università italiane agli studenti stranieri - dichiara il ministro Profumo - deve essere un 'progetto Paese' che coinvolge molti attori, dall’università all’impresa, e si attua su piani diversi: non bisogna pensare nella solita chiave solo normativa, anche perché, negli anni, di regole e regolette ne abbiamo scritte fin troppe». «Il problema - spiega Profumo - è quello di aumentare la presenza nelle nostre università di studenti che provengano dai grandi Paesi non solo europei. L’obiettivo, però, non è solo statistico: parlo di progetto Paese perché studenti cresciuti in contesti più internazionali sono importanti per le imprese sotto un duplice profilo: i laureati stranieri che possono arrivare all`impresa dopo aver già assorbito la cultura italiana, e quelli italiani già abituati a un contesto internazionale. Uno sviluppo di questo tipo serve a tutti».
(Fonte: www.italiannetwork.it 21-02-2012: La Stampa 21-02-2012)

 
LE PRIME LAUREE ITALO-CINESI IN INGEGNERIA EDILE-ARCHITETTURA PDF Stampa E-mail

Dodici studenti, cinque dei quali cinesi, ricevono il 28 febbraio la doppia laurea italo-cinese, istituita dall'Università di Pavia e dalla Tongji University di Shanghai, con la collaborazione dello IUSS.
La doppia laurea in Ingegneria edile-architettura, interamente in lingua inglese, è un Corso di Laurea della Facoltà  di Ingegneria che testimonia il processo di internazionalizzazione dell'Ateneo pavese. Attiva dal 2009-2010, la doppia laurea in Ingegneria Edile-Architettura nasce dall'esperienza dell'Italian Chinese curriculum e coinvolge docenti e studenti provenienti dall'Università  degli Studi di Pavia e dalla Tongji University of Shanghai, oltre all'Istituto Universitario di Studi Superiori un percorso di studio innovativo, che permette di ottenere un titolo riconosciuto nei paesi della Comunità  Europea e in Cina, sulla base di accordi internazionali, nel settore dell'architettura. (Fonte: www.italiannetwork.it 24-02-2012)

 
NETWORK ATHENA: STUDENTI «DIGITALI» POCO CRITICI E CONCENTRATI PDF Stampa E-mail

«È crescente la difficoltà di molti studenti universitari a esprimere un pensiero strutturato, a concentrarsi, a scrivere e parlare in un italiano corretto, a sviluppare un proprio senso critico».
E' l’allarme su un «problema che sta assumendo proporzioni allarmanti» lanciato nella prima riunione del neonato Network Athena, che riunisce i docenti universitari sensibili alla comunicazione sociale, istituito da Pubblicità Progresso. «Un’ulteriore riprova di tutto ciò - è detto in una nota - la si riscontra nella preparazione delle tesi, sempre più frutto di un frettoloso "copia-incolla" realizzato tramite i motori di ricerca con assai scarso impiego della mediazione personale».
Il Network Athena nasce dall’esperienza maturata da Pubblicità Progresso nel coinvolgimento del mondo dell’università. Dal 2009 a oggi, tramite seminari, incontri e concorsi, sono stati coinvolti 45 atenei, 83 facoltà e master, 7 istituti parauniversitari, 91 docenti, migliaia di studenti. Oltre che a sensibilizzare il Ministero dell'Istruzione, le famiglie e l'opinione pubblica tramite i mass media, i docenti del Network Athena si faranno promotori sul proprio territorio d’iniziative di coinvolgimento delle scuole primarie e secondarie e dei provveditorati, in quanto la formazione del pensiero strutturato e l'educazione al senso critico hanno senso se praticati con costanza innanzitutto nei confronti dei piccoli e dei ragazzi. Il Network Athena nasce dall'esperienza maturata da Pubblicità Progresso nel coinvolgimento del mondo dell'università.
(Fonte: www.larena.it 21-02-2012. AGENPARL 21-02-2012)

 
UN MODO PER RIFORMARE L’ATTUALE SISTEMA DELLE RETTE UNIVERSITARIE PDF Stampa E-mail

Per decidere in quale modo riformare l’attuale sistema di rette universitarie bisogna concentrarsi su quelle che sono le principali inefficienze dell’attuale sistema. Una criticità da cui partire è, a mio avviso, l’elevatissimo numero di studenti fuori corso. Parlando dei soli corsi di studio triennali nel 2010 il 40% degli studenti era iscritto fuori corso e il 60% si era laureato oltre i tre anni canonici. Non bastassero questi dati, di per sé preoccupanti, va detto che solo il 13% degli iscritti risulta avere un’età inferiore ai 22 anni, mentre il 34% ha più di 27 anni. Il dato che però desta maggiore perplessità è che il 27% delle facoltà in Italia non abbia nel 2010 alcuno studente laureatosi con meno di 22 anni: ciò significa che più di un corso di laurea su quattro produce solo studenti “vecchi”. Non c’è da stupirsi dunque se si parli dell’università italiana come di un vero e proprio parcheggio.
Credo che un buon sistema d’incentivi potrebbe ridurre queste inefficienze. Quello che propongo qui è, infatti, un modello che riduca parallelamente il numero di studenti fuori corso, concentrando gli abbandoni solo dopo i primissimi anni dall’immatricolazione.
Una possibile soluzione sarebbe di alzare le “rette relative”, ovvero la quota di retta a carico dello studente che attualmente è di circa il 20% a fronte dell’80% finanziato dallo stato. Ad esempio, queste quote potrebbero invertirsi: il che equivarrebbe, secondo le ultime stime di Federconsumatori a far pagare circa 5000 euro a ogni studente e i restanti 1000 allo Stato. Con i soldi così risparmiati sarebbe possibile istituire nuove borse di studio sia per chi non ha la possibilità di affrontare le spese universitarie sia per gli studenti meritevoli.
Il sistema d’incentivi potrebbe essere strutturato in modo che, dopo aver sostenuto un test d’ammissione per l’immatricolazione, alla fine di ogni anno accademico la retta sia parzialmente rimborsata in funzione della media dei voti ottenuta dallo studente. Una media del 30 e lode su tutti gli esami dell’anno equivarrebbe a una completa esenzione dalla tassa. Di fatto questo comporterebbe per gli studenti bravi la necessità di ottenere un prestito solo per il primo anno, andando a pagare in media meno di quanto non paghino nel sistema attuale. Questo invece non varrebbe per gli studenti meno bravi, che dovrebbero confrontare la nuova spesa universitaria, superiore a quella del sistema vigente, con i rendimenti attesi dell’istruzione terziaria. L’incentivo economico, inoltre, concentrerebbe gli abbandoni solo nei primi anni ed eviterebbe non solo le situazioni estreme (anche se attualmente piuttosto ordinarie) di studenti che si ritirano dopo 6-7 anni passati fuori corso ma anche lo stesso numero complessivo di studenti fuori corso. Nella retta così strutturata sarebbero compresi infine tutti i servizi offerti tipicamente dall’università, quali lezioni, accesso alle strutture ecc…, ma un solo tentativo di esame. Dal secondo tentativo lo studente dovrà pagare un supplemento per ogni volta che lo sosterrà. I supplementi in questione potrebbero essere strutturati in diversi modi: potrebbero essere delle tasse fisse per ripagare i costi di gestione oppure potrebbero essere anch’essi funzione della media ottenuta in precedenza e/o del numero di volte che si tenta il medesimo esame. Questi però sarebbero solamente un inasprimento aggiuntivo del sistema di incentivi, in quanto è verificabile che il solo rimborsare la retta universitaria anno per anno in funzione della media ottenuta, aumentandone però l’entità, sarebbe di per sé sufficiente a ottenere sensibili miglioramenti per le problematiche qui trattate.
Una trattazione più analitica sia dei dati sopraesposti che del modello in questione è disponibile nel file allegato: Italian Universities: do they really provide the right incentives?. (Fonte: A. Giannino, Lavoce.info 24-02-2012)

 
SPRECHI AL POLICLINICO UNIVERSITARIO UMBERTO I DI ROMA PDF Stampa E-mail
“La Corte dei Conti ha individuato nello spreco di denaro pubblico la base della cattiva gestione della sanità, non solo nel Lazio, e gli indicatori di produttività del Policlinico Umberto I rappresentano una raccolta emblematica di sprechi”.  È questo il commento di Costantino Troise, segretario nazionale Anaao Assomed ai dati pubblicati ieri dal quotidiano La Repubblica e che fotografano lo sfascio del Policlinico universitario romano. “Reparti chirurgici con meno di 1 intervento a settimana, reparti medici con solo 50 ricoveri l’anno, illustri professori a capo di strutture con nomi altisonanti, ma di estrema povertà produttiva, primariati ogni 3 posti letto (anche vuoti), convivono con la crisi del pronto soccorso, che ha portato alla luce le drammatiche condizioni di lavoro dei medici, spesso precari di lungo corso, della quale costituiscono l’altra faccia” ha sottolineato Troise.
(Fonte: www.quotidianosanita.it 24-02-2012)
 
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