Home 2012 20 Febbraio
20 Febbraio
IN EMILIA-ROMAGNA QUATTRO ATENEI RIUNITI IN RICERCA PDF Stampa E-mail
Gli Atenei dell'Emilia-Romagna saldano il fronte della ricerca. Con la benedizione della Regione, che apre i cordoni della borsa e finanzia 11 progetti portati avanti "in rete" dalle Università di Bologna, Modena-Reggio Emilia, Parma e Ferrara. Arrivando, in un caso, a coinvolgere persino la succursale del Politecnico di Milano a Piacenza. L'iniziativa è stata presentata questa mattina nella sede della Regione, nel corso del convegno "Spinner 2013". Sono 11 i progetti di ricerca finanziati da viale Aldo Moro con risorse del Fondo sociale europeo, attraverso appunto il consorzio Spinner. Si tratta di 1,85 milioni di euro, che serviranno per garantire 38 borse di studio ad altrettanti dottorandi al lavoro sui progetti selezionati per il triennio 2012-2014. Quattro progetti saranno coordinati dall'Alma Mater di Bologna, tre da Modena-Reggio, tre da Parma e uno da Ferrara. Le borse di studio sono così suddivise: 13 a Bologna, nove a Parma, otto a Modena-Reggio, sette a Ferrara e uno a Piacenza. A queste si aggiungono altre due borse di studio finanziate dalla Fondazione Marco Biagi di Modena e intitolate all'ex assessore Paola Manzini, scomparsa nel 2009: un progetto è dedicato al legame tra sviluppo della società e felicità della persona, l'altro è sull'evoluzione delle professioni.
(Fonte: DIRE 13-02-2012)
 
BOLOGNA COME LA VEDE L’INVIATO DEL CORSERA PDF Stampa E-mail

L'Università con i suoi 83mila iscritti regge, impoverita però dai tagli e dal meccanismo di cooptazione, che non produce più scuole come quella di economia: Caffè, Andreatta, Sylos Labini, Prodi, Quadrio Curzio. Soprattutto, Bologna ha divorziato dai suoi studenti. Si vide nei giorni dell'assassinio di Marco Biagi, quando i neolaureati non interruppero il rito delle corone d'alloro e del pranzo con i parenti. Si è visto lunedì scorso, quando i centri sociali hanno contestato la laurea a Napolitano.
Erano gli arrabbiati che occupano l'aula C di Scienze politiche, gli anarchici di Fuori Luogo, i duri del Crash, i dialoganti del teatro Tpo, e gli studenti di Bartleby, che vivono in una vecchia stazione della Croce Rossa ribattezzata come lo scrivano di Melville, quello che diceva «preferirei di no», dove custodiscono la collezione di riviste letterarie del poeta Roberto Roversi. Bartleby è in una via di fruttivendoli pachistani. Inutile chiedere indicazioni a loro: sono a Bologna soltanto a vendere frutta. Dalle vie dei pachistani di solito clochard e punkabbestia girano al largo, perché «quelli menano». I ragazzi di Bartleby raccontano ciò che si legge sugli annunci immobiliari: non si trova una stanza a meno di 400 euro, una camera a meno di 500, un monolocale a meno di 600; mangiare in mensa costa 7 euro, come a Montecitorio; e la città li guarda di malocchio, ricambiata. Da campus urbano i portici di via Zamboni e di piazza Verdi diventano luogo di spaccio, scippo, o anche solo insulti e sguardi aggrottati. Pure i musicisti di strada che tradizionalmente suonano sotto casa di Lucio Dalla, da quando lui reclutò un gruppo per un concerto, non assomigliano ai barboni romantici di «Piazza Grande». Piuttosto, a quelli disperati di «Com'è profondo il mare»: «Siamo i gatti neri, siamo pessimisti, siamo i cattivi pensieri/ e non abbiamo da mangiare». Bologna non era solo la capitale dell'altra Italia, comunista. Rappresentava anche il sogno di una città laboriosa come Milano e calorosa come Napoli. Il crocevia d'Italia: l'Appennino che comincia subito fuori porta Saragozza, il Mediterraneo in fondo alla via Emilia. Il degrado dei rapporti umani si tocca con mano, come altrove.
Questo non significa che Bologna sia diventata una città qualsiasi. Anche nei giorni della grande gelata, i bolognesi li trovavi per strada, anche un po' più sorridenti del solito, qualcuno con gli sci di fondo, altri a tirarsi palle di neve sugli scalini di San Petronio. Un professore o ricercatore universitario ogni cento abitanti, i grandi collezionisti d'arte come gli Enriquez e i Golinelli, 250 comitati pro o contro qualcosa. E, dopo i restauri di conventi, affreschi, palazzi, Bologna assomiglia sempre più alla definizione che ne diede Pasolini, «la città più bella d'Italia», quella che ha conservato meglio l'impianto medievale, e un poco l'antica arte di vivere, che contempla anche la pietà e la speranza.
(Fonte: A. Cazzullo, Corsera 06-02-2012)

 
CONVEGNO“LO SPAZIO EUROPEO DELL’ISTRUZIONE SUPERIORE: ANALISI DELL’ATTUALITÀ E PROPOSTE DI SVILUPPO” PDF Stampa E-mail
Il 26 gennaio si è svolto a Roma, presso l’Aula Magna del CNR, un convegno dal titolo “Lo spazio europeo dell’istruzione superiore: analisi dell’attualità e proposte di sviluppo” organizzato dal Comitato per lo Sviluppo della Cultura Scientifica e Tecnologica del MIUR e dal Consiglio Universitario Nazionale. Il convegno ha avuto un duplice scopo. Da un lato, fare il punto sulla situazione italiana a 10 anni dalla prima attuazione della riforma dell’università. Infatti, l’anno accademico 2001/02 ha visto la partenza dei nuovi corsi di laurea che, adeguandosi a quanto normato dal DM 509/99, rendevano l’Italia attore del Processo di Bologna. Si trattava del primo passo verso la costruzione dello Spazio Europeo dell’Alta Formazione. Dall’altro lato, il convegno voleva presentare alla comunità accademica italiana il rilancio del Processo di Bologna, che si concretizzerà a marzo con la discussione da parte del Parlamento Europeo della: “Motion for a European Parliament Resolution on the Role of the European Institutions to the Consolidation and Progress of the Bologna process”. È indubbio che, nel corso di questi anni, siano emerse molte criticità: la parcellizzazione e diversificazione del peso in crediti degli insegnamenti, la moltiplicazione dell’offerta formativa, l'aumento delle barriere al passaggio da un corso di laurea all'altro, il basso numero degli studenti che usufruiscono di programmi europei di mobilità (programma Erasmus, programma Leonardo, ecc.). Molto è stato fatto. Per esempio, a dispetto di tutte le critiche fatte sulla proliferazione dei corsi, nell’A.A. 2010/2011 sono stati attivati 2532 corsi di laurea di primo livello, di cui 434 lauree sanitarie, assenti nel vecchio ordinamento. Per confronto, nell’a.a. 1999/2000 l’offerta formativa consisteva di 2444 tra lauree del vecchio ordinamento e diplomi universitari. In altre parole, l’offerta formativa pre e post riforma è molto simile: se patologia c’è stata, essa è stata ampiamente curata dal sistema universitario nazionale. Molto c’è ancora da fare. Per esempio, incentivare una maggiore “navigabilità” sia tra corsi di laurea (per facilitare quegli studenti che dopo un anno o più vogliano cambiare o Ateneo di riferimento o addirittura corso di laurea), sia tra corsi di laurea e laurea magistrale, per incentivare percorsi “obliqui” che spingano a iscriversi a una magistrale anche studenti che non provengono da una triennale di riferimento.
(Fonte: N. Vittorio, http://www.educationduepuntozero.it 17-02-2012). Il programma del convegno e gli interventi.
 
RICERCA SCIENTIFICA. NON PRODUCE VERA CONCORRENZA IL SISTEMA DELLE CITAZIONI PDF Stampa E-mail
Francesco Magris, economista ordinario all'Università di Tours, ha appena pubblicato un libro “La concorrenza nella ricerca scientifica”, edito da Bompiani, (pagine 92), nel quale auspica una buona dose di concorrenza tra docenti e ricercatori nell'università, tanto nelle facoltà scientifiche che in quelle umanistiche. Oltre a critiche abbastanza convenzionali sugli atenei italiani, buona parte dell'analisi e della critica del libro si focalizzano sul sistema delle «citazioni», di gran lunga prevalente nel circuito accademico internazionale, non solo nel caso degli scienziati e degli economisti, ma in generale come metodo di valutazione e premio nell'intero universo della produzione delle idee e delle scoperte. La citazione è diventata, secondo Magris, una sorta di valuta, anzi il dollaro attraverso il quale si stabiliscono gerarchie e, alla fine, imperi accademici. Francesco Magris dubita che questo delle citazioni sia il modo migliore per introdurre una forma di mercato e di concorrenza efficienti nel settore. Da una parte, esso è un incentivo a premiare i lavori di più immediata fruizione, quelli che hanno più mercato nelle riviste scientifiche. A scapito di ricerche e studi più profondi e di maggiore portata. La necessità di accumulare citazioni, inoltre, penalizza chi svolge lavori complessi che richiedono tempi lunghi prima di potere essere pubblicati. Il tutto all'interno di «un modello autoreferenziale di selezione» nel quale spesso riviste «amiche» si scambiano citazioni e nel quale, soprattutto, non c'è distinzione tra chi produce ricerca e chi la consuma, nel quale chi giudica è quasi sempre collega di chi ha prodotto la ricerca: «Fondere le due categorie in una sola, scrive Magris, conduce alla negazione del sistema di mercato». Dall'altra parte, per ragioni storiche ed economiche, questo sistema di valutazioni internazionali è dominato dalle riviste anglosassoni, le quali sono molto spesso collegate alle università americane (e in una certa misura anche a quelle britanniche), nonché ai loro docenti e anche alle lobby che le finanziano. Una situazione che, «anziché promuovere la differenziazione del prodotto, conduce al consolidamento del pensiero dominante e all'indebolimento del pluralismo»: dunque scuole di pensiero decentrate e minoritarie hanno, in questa cornice, meno possibilità di emergere. Ma se si vogliono il mercato e la concorrenza, dice in sostanza, occorre che il sistema sia davvero aperto ed efficiente.
(Fonte: D. Taino, Corsera 11-02-2012)
 
« InizioPrec.1112131415Succ.Fine »

Pagina 15 di 15