Home 2012 20 Febbraio
20 Febbraio
ANCHE PER UNIVERSITÀ ED ENTI LOCALI LA SPENDING REVIEW PDF Stampa E-mail
Anche gli enti locali e le università dovranno eliminare sprechi e inefficienze e ridurre le spese superflue. A prevedere una spending review allargata, e quindi non solo limitata ai ministeri e agli enti pubblici, è il piano che sta allestendo l'apposito Comitato sulla riqualificazione della spesa, guidato dal ministro dei Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, e del quale fanno parte il ministro della Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi, e il viceministro dell'Economia, Vittorio Grilli. Una bozza che, al momento, sembra essere concentrata prevalentemente sul metodo e sulla strategia da seguire (il lavoro sulle cifre sarebbe anche a una fase embrionale) ma che potrebbe comunque essere sottoposta già entro la fine di questa settimana al premier Mario Monti per una prima valutazione. L'intenzione è di accelerare il più possibile. Dopo il via libera arrivato la scorsa settimana dal Consiglio dei ministri alla sperimentazione della spending review nei primi tre ministeri (Interno, Istruzione e Affari regionali), il Comitato guidato da Giarda ha continuato a lavorare al piano vero e proprio che dovrebbe garantire almeno 5 miliardi di risparmi, ma non si esclude di poter arrivare a quota io miliardi. Per giungere a una stesura definitiva del piano dovrebbe servire qualche altra settimana.
(Fonte: M. Rogari, IlSole24Ore 02-02-2012)
 
IL 66% DELLE UNIVERSITA' RICORRE AL SOCIAL NETWORK PDF Stampa E-mail
Una ricerca condotta da Universita.it, il quotidiano online d'informazione universitaria, rivela che il 66% delle università italiane possiede una pagina Facebook. Le università che riscuotono maggior successo e quindi hanno il maggior numero d’iscritti sono quelle ubicate nelle regioni del nord Italia.  Nello specifico, a dominare la classifica è l'Università degli Studi di Torino con ben 19.066 fan, seguita dall'Università degli Studi di Milano che ne conta 14.225. Il 64% dei top 25, inoltre, registra una presenza anche su Twitter: tra i più noti, l'Università di Padova, il Politecnico di Milano e il Politecnico di Torino con un numero di followers superiore a 2.500. Grandi atenei come quelli di Napoli, Roma e Bologna hanno basse adesioni sui profili Facebook, pur registrando un'elevata popolazione studentesca. Privi di fanpage, invece, le Università di Cagliari, Messina, Genova, Bari e Ferrara, mentre quella di Firenze è presente sul social network blu con una pagina non ufficiale creata da un gruppo di studenti. Nella ricerca, inoltre, è stato analizzato il rapporto tra il numero degli studenti iscritti a ciascuna pagina e i link ricevuti sulla propria fanpage. Da quest’analisi si evince che gli istituti che emergono sono quelli di dimensioni minori, come l'Università per stranieri di Perugia, la Iuv di Venezia e la Kore di Enna.



(Fonte: Redazione IT Tech & Social 13-02-2012)
 
UNIVERSITÀ DISCRIMINATE? LE OPINIONI DI UN RETTORE PDF Stampa E-mail
Attualmente ogni università è considerata 'virtuosa' sulla base del rapporto tra due fattori: il Ffo e il costo del personale, che non deve superare il 90% del Ffo, peraltro negli ultimi anni fortemente ridotto, tanto da condannare molti atenei, incolpevoli, a superare la fatidica soglia. Alle università over 90% sono impedite l'assunzione di altro personale (anche a fronte d’ingenti pensionamenti), l'assegnazione di fondi straordinari come quelli del piano per i professori associati e altre facilitazioni. Poco importa se un’università ha un bilancio sano, non ha debiti e svolge egregiamente le attività di ricerca e di didattica. Si è condannati al blocco! È allo studio del Miur un decreto che modificherà questo rapporto. Dalle prime indiscrezioni sembra che la 'virtù' sarà misurata in base al rapporto, che non dovrà superare l'80%, tra il costo complessivo del personale e le entrate certe, costituite dal Ffo e dalle tasse studentesche, oltre che da eventuali altri contributi di enti pubblici e privati. A fronte di un Ffo progressivamente ridotto e distribuito in maniera iniqua, è evidente che questa misura finirà per premiare quelle università con una tassazione studentesca alta e imporrà a tutti gli atenei di aumentare le tasse, cosa quasi impossibile, oltre che ingiusta, in alcuni contesti sociali. Attualmente la legge fissa massimo al 20% del Ffo l'entità delle entrate dalle tasse studentesche, ma tale limite è stato impunemente superato da molte università, anzi spesso anche premiate nell'assegnazione del Ffo. Cosa prevederà il nuovo decreto in tal senso? Come non tener conto che nelle università italiane statali le tasse mediamente oscillano da un minimo annuo di 250-300 euro a un massimo di 1.500-1.700 euro e che in alcune aree del paese ci sono migliaia di ragazzi che non pagano, giustamente, nemmeno un euro di tasse a causa delle difficili condizioni familiari e che di essi si occupano esclusivamente le università con i propri bilanci senza ricevere il minimo sostegno integrativo statale, pur previsto da una legge del 2001 mai applicata? Come non considerare che in alcune aree fondazioni bancarie, enti locali e imprese possano garantire sostegni altrove impensabili? Come non considerare che, ad esempio nell’università di cui sono rettore, ben l'82% dei laureati sono figli di genitori privi di un titolo di laurea, e di questi addirittura il 38% ha genitori del tutto privi di titoli di studio (rispetto al 25,7% della media nazionale), o, ancora, che il 34% (rispetto al 24,2% della media nazionale) appartiene alla classe operaia? Eppure questa giovane università ha bravi docenti e ricercatori, con una buona produzione scientifica, come emerge da classifiche internazionali, ha intensi rapporti con le imprese, sta facendo nascere società giovanili di spin-off. Insomma, si rischia ancora una volta che quelle università che ricevono dallo Stato meno della metà della quota di finanziamento pubblico per studente rischino di essere ulteriormente penalizzate a causa della bassa incidenza della loro tassazione studentesca.
(Fonte: G. Volpe, rettore dell'Università di Foggia, Il Manifesto 02-02-2012)
 
UNIVERSITA’ DISCRIMINATE? LE OPINIONI DI UN GIORNALISTA PDF Stampa E-mail

Il presidente Mario Monti, che conosce bene l'università, sa che il valore legale della laurea è una cosa ridicola: troppa disparità fra università che regalano centodieci e lode come caramelle e università che si ispirano a criteri di eccellenza. Da qui, l'idea che nelle selezioni dei concorsi pubblici sia più importante l'ateneo dove ci si è laureati che il voto di laurea. Si fa così in quasi tutto il mondo. Non si capisce perciò la perplessità manifestata dal ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri e dal ministro della Giustizia Paola Severino. Speriamo almeno che il ministro dell'Istruzione Francesco Profumo sia d'accordo con Monti.
Del tutto immotivate poi le reazioni di chi, demagogicamente, afferma che l'abolizione del titolo legale della laurea incrementa le diseguaglianze sociali ed economiche: «Se questo principio fosse approvato, ci sarebbero milioni di studenti tagliati fuori dalla possibilità di diventare classe dirigente di questo Paese solo perché senza risorse economiche o perché nati in zone disagiate". Non è vero, sono fandonie.
La vera discriminazione sociale è quella attuale. La nostra è un'università di massa non fondata sul merito, resa ancora più fragile dalla sciagurata riforma del cosiddetto 3 + 2. Vi si entra quasi sempre senza test (la famose e terribili application delle università americane) e per quanto i professori non siano al top è difficile lavorare con persone che, in media, non sanno scrivere una ricerca di quattro paginette. Come dimostra una recente ricerca della Fondazione Agnelli, la laurea "breve" è poco più di carta straccia. Così, i più abbienti possono permettersi master qualificanti all'estero, alla faccia dei poveri illusi. Il merito (riguarda anche il reclutamento della docenza) è l'unica condizione che permette ai meno abbienti di prendere l'ascensore sociale e di affrancarsi dalla loro condizione. Invece di aprire le ridicole università sottocasa (maturità significa anche uscire dalla famiglia a 18 anni, andare altrove, misurarsi con il diverso) bisognava garantire borse di studio e prestiti ai necessitanti.
(Fonte: A. Grasso, Corsera 02-02-2012)

 
SEZIONE VQR2004-2010/DOCUMENTI. IL REGOLAMENTO PER L'UTILIZZO DEI TESTI DELLE PUBBLICAZIONI ANCHE IN INGLESE PDF Stampa E-mail
REGOLAMENTO PER L'UTILIZZO DEI TESTI DELLE PUBBLICAZIONI ANCHE IN INGLESE

Regulations on usage of publication texts. These Regulations govern the contribution and management of files of scientific publications for the purpose of National Research Quality Assessment for the seven-year period between 2004 and 2010 (hereinafter ‘VQR’ for its acronym in Italian), created by the Italian Agency for the Assessment of the University System and Research (hereinafter ‘ANVUR’ for its acronym in Italian) as assigned by the Ministry of Education, University and Research (hereinafter ‘MIUR’ for its acronym in Italian), and with the technical support by CINECA Interuniversity Consortium (hereinafter 'CINECA’).
(Fonte: ANVUR 31-01-2012)
 
LA MISSIONE DELL’ANVUR: DISEGNARE UNA CARTOGRAFIA DIPARTIMENTALE PDF Stampa E-mail
Il principio che sorregge l’azione dell’ANVUR, certo non per deliberazione dei membri, ma per il disegno politico sotteso alla costituzione ultimativa dell’Agenzia, è quello, né reso esplicito né discusso, della responsabilità collettiva (potremmo dire anche, con dizionario corporate: del “talento collettivo”). L’Agenzia corrisponde a orientamenti “sistemici” (o di management aziendale) che solo oggi tendono a divenire trasparenti (la citazione è da Francesco Profumo): sua missione non è quella di accompagnare il merito all’interno delle università, piuttosto disegnare una cartografia dipartimentale che preluda a dismissioni. “Quando la valutazione sarà conclusa”, afferma in un’eloquente quanto pugnace intervista a Repubblica (*) Sergio Benedetto, ingegnere elettronico, responsabile del processo di valutazione, “avremo la distinzione tra researching universities e teaching universities. Ad alcune si potrà dire: tu fai solo il corso di laurea triennale. E qualche sede dovrà essere chiusa”. Il corso di studi, l’innovatività delle ricerche, l’indipendenza e la chiara fama con cui si è costruita una carriera accademica non hanno alcun ruolo: tendono anzi ad averne sempre meno. Docenti e ricercatori delle più giovani generazioni si troveranno a trasferire al Dipartimento gli eventuali vantaggi procurati da competenza e dedizione (quando mai, infatti, potranno decidere sovranamente quali cattedre attivare, o quali candidati scegliere?); o a pagare per negligenze non proprie. Saranno comunque favoriti o discriminati ex ante in base alla scelta professionale, non a performance individuali. L’appartenenza a questo o quel Dipartimento appare oggi circostanza decisiva per le sorti di una carriera o di un progetto di ricerca: eppure è circostanza quantomai casuale. Può dipendere da stanzialità accademica dell’ex-studente, oggi ricercatore (divenuto tale dopo essere stati studente e borsista dell’istituto) o nomadismo dell’idoneo (ci si trova a insegnare dove si è stati chiamati in seguito al conseguimento di un giudizio d’idoneità).
(Fonte: http://micheledantini.micheledantini.com 05-02-2012)
 
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