Home 2012 10 Gennaio
10 Gennaio
IL PROFESSOR CALIGOLA VOLEVA FAR DIVENTARE RICERCATORE IL DOTTOR CAVALLO PDF Stampa E-mail
Alcune riflessioni sulle vicende del concorso da ricercatore in Economia Politica presso l'Università del Piemonte Orientale, da parte di un gruppo di ricercatori che hanno promosso la mobilitazione e che si firma con il nome ''SECS team''. E una piccola guida ragionata su come si può tentare di impedire ad un ipotetico professor Caligola di far vincere il concorso al suo candidato dottor Cavallo. Si leggono in un documento a cura di SECS-Team pubblicato su noisefromamerika 21-12-2011.
 
USA. LA RETE DIPLOMATICA SOSTIENE I RICERCATORI BIOMEDICI ITALIANI PDF Stampa E-mail
Negli Stati Uniti e in ambito Ue nuove opportunità per i ricercatori biomedici italiani. E' quanto emerso dalla conferenza "Science and technology landscape in a changing world - Enhancing US collaboration with Eu and its member states", alla cui organizzazione ha partecipato l'ambasciata italiana a Washington. Durante l'evento sono state illustrate le opportunità di collaborazione offerte dal settimo programma quadro dell'Ue nel settore della ricerca (7Fp). Inoltre, a margine dell'evento, la nostra sede diplomatica ha promosso un incontro presso la George Mason University per illustrare le opportunità offerte dai bandi a favore dei ricercatori italiani biomedici negli Stati Uniti, nell'ambito del 7Fp. All'iniziativa hanno partecipato 30 nostri scienziati e diverse controparti Usa, già associate a progetti di ricerca congiunti del programma bilaterale coordinato dall'Istituto superiore di sanità (Iss). Gli Stati Uniti guardano sempre più all'eccellenza italiana sia nell'ambito aziendale sia in quello della ricerca in tutti i settori. Tanto che sono numerosi i nostri connazionali che lavorano negli Usa con risultati eccellenti. L'esempio più significativo e' la biomedica Cristiana Rastellini, selezionata tra le "più potenti mamme d'America". Non solo. La rete diplomatica italiana e' molto attenta a tutti i livelli a questa evoluzione ed e' impegnata ad accompagnare le imprese che si apprestano a effettuare investimenti o a consolidare partnership già esistenti in coordinamento con gli altri esponenti del Sistema Paese, nonché a sostenere la ricerca italiana con numerose iniziative, l'ultima delle quali e' stata la settima Conferenza dei ricercatori italiani nel mondo, che si e' svolta a Houston.
(Fonte: Velino Roma 27-12-2011)
 
USA. CONFLITTI D’INTERESSE NELLE FACOLTÀ DI MEDICINA PDF Stampa E-mail
Secondo la «scorecard» dell’American Medical Student Association (Amsa) - la classifica delle migliori e peggiori università che formano i futuri medici in Usa - Harvard si è meritata una «F», ossia un clamoroso zero. Contro la «A», che sta per eccellente, dell'Università di Pennsylvania, la «B» di Stanford o la «C» di Yale. Insomma, si è confermata la peggiore. Il motivo? I professori di Harvard, una delle 152 monitorizzate dall'Amsa dal 2001, sono nel mirino da anni per mancanza di trasparenza: molti docenti, oltre a insegnare, fanno consulenze per «Big Pharma», le multinazionali del farmaco. Chi consulta le pagelle sul sito dell'associazione - www.amsascorecard.org - può vedere quali siano i criteri per il voto: tra gli altri, le relazioni con l'industria, i regali ricevuti (compresi pranzi e viaggi gratis), i rapporti con i rappresentanti farmaceutici e la formazione (indipendente o pagata dalle aziende). Evidentemente, non sono bastate le contromisure: già a partire dal 2010, infatti, la facoltà di medicina della più celebre università del mondo aveva reso più rigide le regole per medici e scienziati che fungono anche da esperti per l'industria. E all'inizio di ogni lezione i docenti hanno l'obbligo di dichiarare un possibile conflitto di interessi. Ma l'insofferenza cresce tra gli studenti di medicina e il loro movimento è ormai presente in 35 università americane. I primi risultati erano stati ottenuti a Stanford nel 2006: niente regali ai prof e massima trasparenza in formazione e informazione. L'intento dichiarato è smascherare e ridurre l'influenza dell'industria in aule, laboratori di ricerca e ospedali in cui si fa tirocinio. Un obiettivo che si rafforza, fino ad arrivare proprio a Harvard. E la voglia di cambiamento è uscita dai confini Usa.
(Fonte: tSt, tutto Scienze e tecnologia 04-01-2012)
 
USA. IL JOB MARKET IN ECONOMIA E FINANZA PDF Stampa E-mail
Il job market in economia e finanza, l'appuntamento annuale che permette alle università di tutto il mondo di incontrare e selezionare i migliori giovani ricercatori, si apre in questi giorni (5-8 gennaio) a Chicago. È un vero e proprio mercato del lavoro, in cui la concorrenza è molto intensa. Poche istituzioni italiane sono attrezzate a competere in un ambiente così concorrenziale. La grande maggioranza non dispone né delle risorse finanziarie né di una reputazione scientifica adeguata. Ci sono da molti anni ragazzi italiani che sono tra i migliori candidati sul mercato, ma pochissimi tra loro torneranno in Italia, proprio perché avranno offerte più attraenti all’estero, specialmente negli Stati Uniti. E se è difficile attrarre gli italiani, immaginate quanto sia difficile rivolgersi agli stranieri, specie dopo questi mesi in cui la credibilità dell’Italia a livello politico ed economico è stata così intaccata. Ma la difficoltà del compito non può essere una scusa per rimanere al di fuori del circuito internazionale. È proprio l’autarchia a livello di reclutamento e di ricerca ad avere favorito gli abusi e il nepotismo di cui si legge spesso sui giornali. E, a sua volta, è la mancanza di incentivi ad assumere i candidati migliori a far sopravvivere l’autarchia. Le università devono poter disporre delle risorse finanziarie necessarie per poter fare offerte competitive nel mercato del lavoro internazionale. Al contempo, dovranno essere valutate sulla base dei risultati ottenuti. Alcuni ostacoli possono essere rimossi dalla politica. Ad esempio, sarebbe utilissimo concedere un visto automatico e una procedura per facilitare l’ottenimento della cittadinanza ai ricercatori neo-assunti, ma anche agli studenti di dottorato, che provengono da paesi che non appartengono all’Unione Europea. Il neo-ministro per l’Università, Francesco Profumo, queste cose le conosce molto bene. Speriamo che, anche nell’orizzonte temporale ridotto del governo Monti, riesca a fare qualcosa di significativo.
(Fonte. F. Panunzi, lavoce.info 05-01-2012)
 
NEW YORK. MOSTRA ITINERANTE SUI «150 ANNI DI GENIO ITALIANO» PDF Stampa E-mail
All'Istituto italiano di cultura di New York è stata allestita la mostra itinerante sui «150 anni di genio italiano», portata negli Stati Uniti dal direttore del centro, Riccardo Viale, «per dimostrare che l’Italia non è solo arte e cultura umanistica, ma anche tradizione scientifica e tecnologica, ben oltre Leonardo e Galileo». Si celebra un passato glorioso - dal Nobel per la chimica Giulio Natta a Adriano Olivetti - ma Mario Baldi, docente del Politecnico di Torino «prestato» all’industria informatica californiana, contesta l’immagine di un'Italia disarmata davanti alle nuove tecnologie, priva di università di rango. «Non è vero», spiega, «almeno per quanto riguarda gli istituti d'eccellenza come i Politecnici di Milano e Torino, o l'università di Bologna. I loro laureati valgono quanto se non più di quelli delle grandi accademie americane». Baldi ammette che quello delle selezioni della sua azienda è un confronto non omogeneo: «I migliori di Stanford magari non vengono da noi: hanno nel mirino Google ed Apple. Ma queste sono accademie che si vantano di produrre solo laureati eccellenti. E non è vero. Sono solo più determinati. E poi chi viene da un'università "blasonata" gode di un pregiudizio favorevole, mentre magari il laureato di un Politecnico poco noto non viene nemmeno convocato per un colloquio. Né è vero che i laboratori accademici italiani siano modesti: quelli della Columbia e di Berkley, che conosco bene, non sono certo strepitosi». Il «contropiede» di Baldi colpisce perché questo professore-imprenditore - figura pressoché sconosciuta in Italia ma comune negli Usa - non mette sotto accusa lo Stato che non modernizza l'università o le imprese che non investono abbastanza in ricerca («anche l’America ha frenato»), ma la cultura accademica: «Pensa che per me, oggi, sarebbe facile tornare al Politecnico? Anche da noi ci sono il venture capital e gli strumenti giuridici che consentono al docente di fare attività d'impresa. Ma usarli non è un titolo di merito come qui».
(Fonte: M. Gaggi, Corsera 30-12-2011)
 
USA. mITx L’UNIVERSITÀ OPEN SOURCE DEL MIT PDF Stampa E-mail
Ad aprile il Massachusetts Institute of Technology (MIT) inaugurerà corsi online aperti a studenti di tutto il mondo. Le lezioni interattive si baseranno su una piattaforma open source creata ad hoc. mITx  rivoluzionerà il mondo dell’educazione in rete, assicura la presidente del MIT, Susan Hockfield. I corsi di base saranno gratuiti. Chi dimostrerà di avere particolari attitudini nelle singole materie potrà guadagnarsi una certificazione spendibile sul mercato del lavoro. In questo caso ci sarà da pagare una piccola tassa. Per non creare confusione con i titoli di studio ottenuti seguendo i corsi tradizionali, quelli conseguiti online saranno rilasciati da un ente no profit creato dal MIT.
(Fonte: www.pinobruno.it 03-01-2012)
 
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