Manca ancora una valutazione inflessibile |
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Una legge, specie se ha l'ambizione di riordinare e innovare un settore istituzionale complesso come l'istruzione universitaria, può facilmente diventare un mostro normativo: il disegno di legge si compone di 25 articoli, quasi tutti a loro volta composti di molti commi e ogni comma è una norma, un comando. Molti di questi articoli contengono poi deleghe al governo, deleghe a emanare altre norme. E contengono rinvii agli statuti delle singole università, ancora norme. Migliaia di norme: chi ha fatto i calcoli ne ha contate 500 nel DDL, che poi richiederanno 35 decreti del governo e circa mille regolamenti degli atenei. E ogni norma esige interpretazioni e può provocare dissensi e conflitti. Poteva il mostro essere di dimensioni più ridotte? Sì, poteva. Ma richiedeva una scelta rischiosa: poche linee d'indirizzo e una griglia di criteri di performance, di rendimento, di cui il ministero sarebbe stato il guardiano, e poi libera scelta dei singoli atenei: gli atenei, e i dipartimenti all'interno di essi, che non avessero seguito quelle linee e non avessero soddisfatto quei criteri (finanziari, scientifici, didattici) sarebbero stati penalizzati. Avrebbero ottenuto minori risorse, sarebbero stati commissariati o eliminati. Naturalmente il ministero doveva dotarsi di un apparato valutativo molto ampio, competente e serio: in sostanza sarebbe dovuto diventare una macchina di valutazione, grande, affidabile e inflessibile. (M. Salvati, Corsera 01-12-2010)
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