L’idea dei contratti chiamati “trasformativi” fu proposta da Ralf Schimmer, nel 2015 ancora alla Max Planck Digital Library, con l’intento esplicito di trasformare il minimo indispensabile. È comprensibile che i contratti che pagano gli editori per leggere e per scrivere invece che per scrivere soltanto sembrino “trasformativi”. Dobbiamo, però, essere consapevoli che, fin dal loro concepimento, il loro scopo principale non era trasformativo, bensì conservativo. E’ il momento per le istituzioni ed i ricercatori italiani di prendere sul serio l’idea di non aderire ai contratti trasformativi, rifiutandosi di continuare a pagare gli oligopolisti commerciali per l’accesso aperto, o, peggio, per l’accesso aperto ibrido. Ciò non impedirebbe agli autori che vogliono pubblicare ad accesso chiuso sulle riviste di continuare a farlo, praticando, per l’accesso aperto, la via verde: depositando cioè la migliore tra le versioni (pre-print, post-print o pdf editoriale) consentite dall’editore, in archivi istituzionali o disciplinari aperti. Nel frattempo le loro istituzioni spenderebbero i soldi di studenti e contribuenti per la ricerca e per i ricercatori, invece che per farli sorvegliare dagli oligopolisti commerciali. È comprensibile che i contratti che pagano gli editori per leggere e per scrivere invece che per scrivere soltanto sembrino “trasformativi”. Dobbiamo, però, essere consapevoli che, fin dal loro concepimento, il loro scopo principale non era trasformativo, bensì conservativo: preservare un sistema di valutazione amministrativa basato sui contenitori, così da permettere agli oligopoli commerciali che ne hanno il controllo di rimanere tali pur in presenza di modi di pubblicazione più aperti, meno costosi, meno centralizzati e potenzialmente innovativi. Non a caso, nel frattempo, uno degli oligopolisti dell’editoria scientifica commerciale ha riconosciuto i meriti conservativi di Ralf Schimmer assumendolo direttamente. Fuori dall’Upside Down, però, i contratti da lui ispirati non sarebbero “trasformativi” bensì “conservativi”. E con questo nome, volendo camminare diritti, li chiameremo da qui in poi. F: AISA (Associazione Italiana per la Scienza Aperta), Roars 02.07.24.
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