I principali settori industriali in Italia sono caratterizzati da una media intensità tecnologica. Ciò si riflette a sua volta nei pochi investimenti in innovazione, come dimostrato dalla bassa SPESA IN R&S in rapporto al Pil: l'Italia investe l'1,48% del Pil in R&S, contro una media OCSE del 2,71% e una media dell'UE a 27 del 2,11% (dati 2021). I settori più rilevanti per l'economia nazionale non richiedono figure altamente specializzate né un maggior livello di investimenti in R&S. Ciò comporta una bassa domanda di laureati e anche un'allocazione inefficiente di questo capitale umano. Infatti, i pochi laureati presenti sul mercato italiano sono assunti per svolgere mansioni con un livello di specializzazione medio - basso. Questo si riflette a sua volta in una scarsa produttività e basso valore aggiunto per addetto, che si riflettono ovviamente sui livelli retributivi. I dati relativi ai salari medi netti sottolineano che l'Italia si trova sotto la media dell'UE a 27, dietro a Francia, Germania e Paesi Bassi. Per i laureati italiani, il divario salariale con l'estero è notevole. I laureati italiani occupati all'estero, infatti, sono retribuiti circa il 40% in più rispetto ai laureati impiegati in Italia già a un anno dal conseguimento del titolo, e il 47% in più dopo 5 anni. Tutto ciò contribuisce certamente a spiegare il fenomeno della cosiddetta "fuga di cervelli", che l'Italia sta sperimentando da anni e che viene spesso citato come uno dei problemi principali da risolvere per risollevare la forza economica del Paese. Nel 2021 il tasso di espatrio per i laureati di 25-34 anni, noto come "fuga di cervelli", è del 9,5 per mille tra gli uomini e del 6,7 per mille tra le donne. I tassi migratori medi 2019-2021 dei giovani laureati verso l'estero indicano perdite di risorse qualificate in tutte le province, con valori superiori al tasso migratorio medio nazionale (-5,7 per mille) nel Nord e nelle Isole. F: osservatoriocpi.unicatt.it Luglio 2023 |