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COME SCEGLIERE L'UNIVERSITÀ. PAROLA CHIAVE "INTERDISCIPLINARITÀ" PDF Stampa E-mail

di Gianna Fregonara e Orsola Riva. Le guide di 7.
Sul settimanale 7 è stata pubblicata una guida dedicata alle Università per come scegliere la più adatta. La guida completa è sul n.ro 8 di 7 in edicola e digital edition con il Corriere della Sera. Di seguito un estratto dell'introduzione.
Eppur si muove. Come la terra di Galileo che l'Inquisizione avrebbe voluto tenere inchiodata per sempre al centro dell'universo, così anche l'università italiana, nonostante i tanti, troppi vincoli di legge e le croniche ristrettezze economiche, sta per fare una sua piccola rivoluzione copernicana. Parola d'ordine: interdisciplinarità. Basta con i corsi di laurea chiusi dentro schemi quasi medievali. Da un lato le materie umanistiche, dall'altro la matematica e le scienze dure: Trivio e Quadrivio. Per governare i grandi cambiamenti in corso, dalla trasformazione digitale alla transizione ecologica, servono ingegneri sì, ma ingegneri rinascimentali come Leonardo da Vinci, che sappiano unire arte e scienza, creatività e tecnica. E più banalmente profili ibridi, come nel caso degli ingegneri biomedici, perché per fare una valvola cardiaca bisogna avere competenze trasversali alle due discipline. All'estero queste contaminazioni sono già la norma, sia all'interno dei singoli corsi di laurea – uno su tutti Physics and Philosophy, in cui lo studio della meccanica quantistica e della relatività si incrocia con le grandi domande filosofiche di sempre – sia nel passaggio dal bachelor al master. In America, per esempio, moltissimi aspiranti avvocati si iscrivono a una Law School dopo la laurea in Storia, mentre aziende e società di consulenza vanno matte per i laureati in lettere con un Master in Business Administration. In Italia, invece, il sistema del 3+2 inaugurato dalla riforma Berlinguer non lo consente. Anche se, complice il PNRR, le cose potrebbero cambiare presto. Così almeno è previsto dalla Missione 4 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, quella relativa a Istruzione e Ricerca, che ha un intero capitolo dedicato proprio alla riforma delle classi di laurea, con l'obiettivo di «costruire ordinamenti didattici che rafforzino le competenze multidisciplinari». Spiega Salvatore Cuzzocrea, che da dicembre è presidente della Conferenza dei rettori italiani: «L'ultimo atto del governo Draghi (il decreto-legge del 30 aprile 22, n. 36, convertito nella legge del 29 giugno 22, n. 75) ha aperto la strada a una riforma incentrata sulle contaminazioni dei saperi». «D'ora in poi» continua Cuzzocrea «insegnare diritto amministrativo a farmacologia e medicina legale a giurisprudenza non sarà più un sogno». Per lavorare a questa riforma, l'ex ministra dell'Università Cristina Messa ha costituito l'anno scorso una commissione presieduta dall'ex rettore di Bergamo Stefano Paleari, che è stato confermato nell'incarico dalla ministra Anna Maria Bernini. Spiega Paleari: «I decreti di rango primario sono già stati fatti. Ora la palla è passata al CUN che deve fare la sua proposta per definire i nuovi gruppi scientifico-disciplinari che prenderanno il posto dei vecchi settori scientifico-disciplinari». Può sembrare una questione di lana caprina, ma dietro il cambio lessicale si nasconde uno slittamento di senso importante, perché lo scopo ultimo della riforma, come si legge nel testo del primo decreto approvato a novembre del 2021, è la formazione di «profili professionali innovativi».