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PROBLEMI DELLA FORMAZIONE MEDICA PDF Stampa E-mail

Un aumento indiscriminato delle borse di specializzazione o una abolizione del numero programmato, tanto più se non graduale, non risolverà i problemi della formazione medica, ma rischia anzi di mettere ancor più in pericolo la tenuta del percorso formativo. Non basta volere l'abolizione del numero programmato senza considerare la "filiera della formazione medica", che deve partire dalla scuola e poi attraverso il corso di laurea finire alla specializzazione, dove il numero di posti è inferiore al numero dei laureati (c.d. imbuto formativo). Sebbene il numero di posti sia inferiore al numero di laureati, i posti vanno deserti in alcune scuole di specializzazione, ma solo in alcune realtà lavorative, o troppo usuranti e non adeguatamente remunerate, come anestesia e terapia intensiva, medicina e chirurgia d'urgenza. Altre specialità – come medicina territoriale e domiciliare – sono state abbandonate a sé stesse per molti anni e ora devono essere rilanciate e riorganizzate.
Inoltre, per migliorare la situazione dal punto di vista del progresso della scienza medica, basterebbe introdurre un cosiddetto percorso di MD-PhD, che consenta agli iscritti a un corso di medicina e chirurgia di conseguire il titolo di laureato e al contempo di dottore di ricerca. La stessa legge 240 consentirebbe di frequentare i due corsi contemporaneamente. Si tratta di qualcosa di assai diverso dai cosiddetti "percorsi di eccellenza", che pure vengono perseguiti in molte facoltà di medicina e chirurgia italiane: nel caso del corso MD-PhD, i livelli formativi dovrebbero di necessità salire molto, così come l'impegno, anche strutturale, dell'ateneo e degli iscritti. Sarebbe infatti auspicabile creare una generazione di medici che possa vantare conoscenze avanzate anche in alcuni settori come la bioinformatica e la bioingegneria, le nano tecnologie e l'intelligenza artificiale. In altre parole, da noi manca una robusta rappresentanza della figura del "medico scienziato", il physician scientist che invece è ben presente nei paesi anglosassoni. (F: P. Micoli, lavoce.info 08.11.22)