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I C.D. CONCORSI TRUCCATI ALL'UNIVERSITÀ. PER LA PROCURA DI MILANO È «COOPTAZIONE, MA NON REATO» E CHIEDE DI ARCHIVIARE 38 DOCENTI PDF Stampa E-mail

Cosa c'è alla base dei concorsi universitari? Il «do ut des». Ma non quello del reato di corruzione, secondo la Procura di Milano, bensì quello di «un collaudato rigido sistema di cooptazione», una «immanente logica di scambio» nella quale «a ognuno toccherà il proprio "turno di riconoscimento"»: disdicevole, ma non reato per il pm Luca Poniz, al quale però «sommessamente» pare che «potrebbe essere l'occasione perché il legislatore adatti le regole normative alle prassi, responsabilizzando chi la cooptazione pone in essere, secondo riconoscibili principi di etica e di trasparenza». È la motivazione con cui la Procura di Milano risulta (adesso da un provvedimento definitorio di un gip) aver chiesto (nel dicembre 2020) l'archiviazione delle ipotesi di reato di associazione a delinquere, corruzione, abuso d'ufficio e falso che nel 2011 i pm di Bari, prima del trasferimento di competenza nel 2014 a Milano per ritenuta connessione con un concorso all'Università Bicocca del 2008, avevano mosso a vario titolo a 38 docenti di numerosi atenei.
Incontestato era che dalle intercettazioni baresi «emergesse chiaramente una fitta rete di relazioni tra gli esponenti di varie "scuole", «una interferenza indebita di soggetti estranei alle procedure concorsuali per esercitare una influenza nel giudizio». Solo che il pm fatica a ravvisarvi una corruzione (cioè uno specifico atto contrario ai doveri d'ufficio scambiato con una percepibile utilità), e coglie invece «un sistema "generale e immanente", operante all'interno (più che nell'ombra) del mondo universitario e dei suoi concorsi, nel quale è principio notorio, accettato e largamente condiviso, nonché talvolta spregiudicatamente praticato, quello secondo cui le scuole allevano e presentano i loro allievi, li fanno conoscere e lavorano per ottenerne un'affermazione accademica, secondo le tappe e le scansioni temporali, e in ragione di un mutuo accordo tra scuole con logiche di accordo e programmazione "nel tempo"».
Ciò che rende i concorsi universitari «assolutamente peculiari e diversi» dagli altri concorsi pubblici è per il pm il fatto che «i valutatori sono "interni" all'ambito accademico, e dunque già in astratto portatori di una "conoscenza domestica" degli aspiranti professori noti per saggi e convegni». Questo significa che «il confronto tra commissari, anche in momenti diversi da quelli formalmente deputati all'espressione del giudizio, non solo non è ontologicamente illecito, ma è finanche "fisiologico" e verrebbe da aggiungere "naturale"» nel senso della memoria difensiva argomentata dall'avvocato Massimo Ceresa Gastaldo: di essa il pm sposa l'idea che «l'attività scientifica e quella didattica implicano un'attività creativa che può essere giudicata solo da valutatori altamente competenti, la cui necessariamente ampia discrezionalità tecnica sia "compensata" a monte dalla carica democratica espressione di sistemi direttamente o indirettamente elettorali, e a valle dalla pubblicità della procedura e dalla verifica a valle dei risultati motivati».
(F: L. Ferrarella, milanocorriere.it 01.12.22)