Home 2020 30 marzo IN EVIDENZA PERCHÈ SECONDO UN CRITICO PARERE SOCIOLOGICO LA “NEOVALUTAZIONE” PRODUCE NORMALIZZAZIONE DEL SAPERE E “DOPING BIBLIOMETRICO DI MASSA”
PERCHÈ SECONDO UN CRITICO PARERE SOCIOLOGICO LA “NEOVALUTAZIONE” PRODUCE NORMALIZZAZIONE DEL SAPERE E “DOPING BIBLIOMETRICO DI MASSA” PDF Stampa E-mail

Ma conviene davvero un'università allineata e isomorfa all'ambiente in cui opera? "Da un punto di vista ecologico, – spiegava Neil Postman 40 anni fa – nulla è buono in sé [...] Quello che rende buona o utile una cosa è l'esistenza d'una forza opposta che la tenga sotto controllo". La formazione dovrebbe funzionare come un termostato per la società: la sua virtù sarebbe innescare forze opposte e in controtendenza a quelle correnti, cioè – nelle parole di Postman – "offrire una controargomentazione, il rovescio della medaglia". Insomma, l'università ha un ruolo ecologico più che teleologico, non promuove cioè un obiettivo definito ma mantiene nel sistema un equilibrio plurale di differenze preservando spiragli di "controargomentazione". Voglio ricordare le parole del Presidente Mattarella nel suo discorso di fine anno: "quando perdiamo il diritto di essere differenti, perdiamo anche il privilegio di essere liberi".
Noi sappiamo bene che la neovalutazione produce normalizzazione del sapere e "doping bibliometrico di massa" da quando siamo tutti indotti a privilegiare "lo scrivere e il pubblicare a scapito del leggere e studiare" (Mats Alvesson). Né ci sfugge che la neovalutazione è il braccio armato di una "nuova ragione del mondo" (Dardot e Laval) che consiste nella "generalizzazione della concorrenza come norma di comportamento e dell'impresa come modello di soggettivazione".
Solo così si spiega l'affermazione paradossale, che spesso sentiamo ripetere, per cui anche una cattiva valutazione sarebbe comunque da preferire all'assenza di valutazione. Se ci riflettiamo, ciò significa che non si valuta davvero per fini scientifici, ma per governare le condotte secondo un disegno di ortopedia cognitiva che mira a modificare l'ethos del ricercatore onde trasformarlo in vero e proprio imprenditore della ricerca.
Altro mito d'oggi è il finanziamento cosiddetto premiale. Questi premi alle presunte strutture meritevoli sono un cavallo di Troia, sono come i bocconi di carne che i ladri lanciano ai cani da guardia per poter svaligiare indisturbati una casa. La nostra casa comune, l'università, è da anni svaligiata. E credere che i sistemi valutativi premiali servano a garantirne la qualità è come pensare che la funzione dei ladri sia quella di cibare i nostri cani.
La via d'uscita ci sarebbe e ce l'ha mostrata proprio Etienne de la Boétie: "Voi potreste liberarvi se provaste non [dico] a liberarvene, ma soltanto a volerlo fare. Decidetevi a non servire più, ed eccovi liberi". (F: D. Borrelli, Roars 28.01.20)