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PERCHÉ IN ITALIA I MEDICI SONO POCHI? PDF Stampa E-mail

Con troppa facilità si è portati a individuare la causa nel cosiddetto "numero chiuso" che regola l'accesso alle scuole mediche. Personalmente considero il numero chiuso un grande strumento di equità, quindi un grande strumento democratico perché consente l'accesso alle scuole di medicina soltanto a chi supera il test d'ingresso. Non è detto che chi lo supera sia migliore degli altri, ma sicuramente se lo supera non è perché è figlio, nipote, cognato, amico, sodale, compagno di scuola o di partito, amante di qualcuno. Questo, in Italia, rappresenta un buon successo per un sistema di selezione, ma, si sa, è un tipo di successo che infastidisce molti. Perciò, spesso e da più parti, si torna ad invocare l'abolizione del numero chiuso e, dimenticando di essere in Italia, il ricorso a modelli francesi, svizzeri o quant'altro come soluzione del problema. A mio avviso non rappresenterebbe una soluzione, ma solo il ritorno a modelli (e vizi) antichi. Piuttosto, poiché il numero dei posti disponibili ogni anno a Medicina non ci è imposto da nessuno, ma è frutto di una scelta del governo sentite le parti interessate, per risolvere il problema basterebbe un'assunzione di responsabilità corale di tutti i soggetti preposti (ministri, rettori, ordini, ecc) nella corretta determinazione della quantità di accessi alle scuole mediche di specializzazione consentiti annualmente, aumentandone il numero in funzione di una programmazione seria che valuti le esigenze calcolandole almeno a dieci anni. Nonostante il concorso di entrata al corso di laurea in Medicina sia a numero chiuso, per questioni di risorse vengono stanziati posti di formazione specialistica solo per la metà dei laureati. Ergo: su circa 12mila laureati, 6mila ogni anno restano fermi, in attesa del concorso successivo o emigrano. Intanto il carico di lavoro sui "fortunati" che c'è l'hanno fatta è il doppio. (Fonte: L. Cobellis, lettera al CorSera 05-02-19)
"Mettere in atto una corretta programmazione per garantire a ogni medico che si laurea una borsa di specializzazione o di formazione in Medicina generale; modificare i test di accesso, rendendoli più mirati alle materie di studio, e calibrandoli su argomenti ai quali gli studenti si siano già approcciati durante gli ultimi anni delle superiori; promuovere il recupero delle borse di studio abbandonate durante il percorso formativo. No, invece, all'abolizione tout court del numero chiuso, che non farebbe che ingrossare all'inverosimile l'"imbuto formativo", che già oggi imprigiona 10mila giovani medici, a cui è negata la prosecuzione della formazione post-laurea, in una situazione di "limbo" fatta di sostituzioni di Medicina generale e di continuità assistenziale, che non permettono progressione di carriera e certezze nell'assunzione, dal momento che in assenza di un titolo specialistico, si è "condannati" a non partecipare ai concorsi pubblici. E no anche allo slittamento dello sbarramento dopo il primo anno, misura che non farebbe altro che illudere i giovani".
È questo, in estrema sintesi, il senso dell'Audizione della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo) presso la Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati, su alcune proposte di Legge che si propongono di regolare l'accesso ai corsi universitari. (Fonte: quotidianosanità.it 06-02-19)