Ci interessa rilevare l’inadeguato trattamento dei ricercatori a tempo indeterminato che da anni lavorano all’interno dell’università̀ e fanno didattica gratuitamente, dato che questi non rientrano nelle disposizioni del ddl circa il tetto massimo di ore di lezione cui sono chiamati i ricercatori (350 ore per quelli a tempo pieno e 250 ore per quelli a tempo definito). Questo rappresenta una profonda ingiustizia dato che grazie a loro si regge una buona parte del sistema universitario e questo non è riconosciuto dal ddl. Infatti il ddl mira soltanto a costruire un sistema di reclutamento, magari anche efficiente, che però non tiene conto dei 26000 ricercatori a tempo indeterminato già presenti. Sosteniamo la loro proposta di farsi valutare rifiutando l’ope legis, e di introdurre un piano di transizione che porti a bandire in quattro anni 12000 posti di associato. Questo è il modo di riconoscere e valorizzare una realtà di maestri che già c’è. Tuttavia esprimiamo viva preoccupazione riguardo alla possibilista di ritiro dell’attività̀ didattica in quanto il rischio di tale manovra è quello punire l’anello debole della catena cioè gli studenti che ancora una volta si ritrovano vittime senza colpa. Il ritiro della disponibilità porterà sicuramente al collasso dell’università̀ senza peraltro ottenere l’ascolto da parte dell’opinione pubblica che cosi non viene sensibilizzata al problema. Chiediamo quindi al Parlamento e al Ministro Gelmini che consideri le richieste dei ricercatori cercando una via di comune accordo. Il testo licenziato dalla commissione cultura lascia sperare che l’emendabilità̀ sia una strada davvero perseguibile. (Lista Aperta Firenze, Intervento alla Conferenza d’Ateneo sul DDL Gelmini – 08-06-2010)
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